“T’aggia cunusciut pur a te ‘mbrellino ‘e seta“. Era così che cantava Mario Merola agli inizi degli anni ’60, in un lato B del singolo Doce è ‘o silenzio.

Ma perché si dice ‘mbrellino ‘e seta?

Questa locuzione napoletana non ha un’accezione particolarmente positiva.

Era consuetudine infatti, tra il XIX e il XX secolo, che le donne passeggiassero per le strade di Napoli portando, tra gli immancabili accessori, gli ombrelli.

‘Mbrellino ‘e set
Monet, Donna con il parasole

Sono tante, infatti, le opere di artisti che rappresentano tipiche scene di vita napoletana e non solo, ritraendo uomini e donne abbigliati secondo la moda del tempo. Dalle donne con ombrello di Monet, ritratte en plein air in mattinate d’estate tra campi fioriti, alla Lisa con l’ombrello di Pierre-Auguste Renoir del 1897, passando per I campi intorno a Londra immaginati da Giuseppe De Nittis. L’uso dell’ombrello è ampiamente documentato dalla storia dell’arte e vanta un utilizzo millenario che va dagli affreschi dell’antica Pompei al fotografo Robert Capa.

‘Mbrellino ‘e set - Giuseppe De Nittis Intorno ai campi di Londra
Giuseppe De Nittis, Intorno ai campi di Londra

Tra gli artisti che hanno raccontato questa consuetudine anche a Napoli figura Francesco Paolo Diodati che, nel 1893, in una celebre opera di Gallerie d’Italia, cattura uno spaccato di Piazza Vittoria, nell’omonimo dipinto, in cui uomini e donne portano l’indispensabile accessorio.

'mbrellino 'e set'
Francesco Paolo Diodati, Piazza Vittoria

Qual è l’origine dell’ombrello di seta?

Noto sin dall’Antico Egitto, l’ombrello sarebbe stato inventato nella Cina del XII secolo a.C.. I primi ombrelli avevano un telaio in bambù o legno e vantavano proprio una copertura di seta, spesso dipinta o stampata con motivi ornamentali.
Gli ombrelli di seta divennero presto oggetti di design, combinando funzionalità ed eleganza, diffondendosi nel mondo e diventando accessorio di moda per le signore e furono ben presto considerati simbolo di bellezza e raffinatezza, nonché di quel gusto esotico che, dall’Estremo Oriente, affascinò la Vecchia Europa.

Utilizzati dalle donne per ripararsi dal sole mentre passeggiavano, gli ombrelli di seta erano un modo estetico per esprimere non soltanto la propria personalità, ma anche il proprio status sociale.

mbrellino
Didone in trono, I sec. d.C., affresco Casa del Meleagro, Pompei

Ma come fa un ombrello di seta a diventare metafora di un insulto?

Alcune donne cominciarono ad utilizzare questo accessorio allo stesso modo di come Marguerite Gautier utilizzava le sue camelie bianche nel celeberrimo romanzo di Alexandre Dumas, quale simbolo della propria disponibilità.

Ben presto, infatti, molte donne cominciarono a portare ombrelli particolarmente vistosi, dai colori sgargianti, anche quando il sole di fatto non c’era. Era questo il loro modo per manifestarsi agli uomini in modo discreto.

T’aggia cunusciut pur a te ‘mbrellino ‘e set” può essere tradotto, più o meno in questo modo: “Ti ho smascherato ombrellino di seta”, indicando il comportamento di chi prova a mascherarsi dietro un’aria di albagia soltanto con l’intento di adescare qualcuno per un secondo fine.

Francesco D’Ascoli, autore del Dizionario italiano napoletano, dice che l’espressione “‘mbrellino ‘e seta” è intraducibile nella lingua italiana. La stessa parola ombrellino, per effetto del cosiddetto fonosimbolismo, evoca un’immagine e una metafora opposta a quella del reale significato. Un riferimento dunque alla “doppiezza” di queste donne, le quali, pur ostentando un abbigliamento e modi da nobildonne, erano in realtà a caccia di ammiratori dal portafoglio gonfio. Secondo il Professor D’Ascoli, infatti, questa espressione era di fatto offensiva che metaforicamente epitetava una donna come “adescatrice”. Tuttavia non era escluso che queste “sfortunate ancelle di Venere” fossero donne “non volgari” e meritassero di “essere trattate con rispetto”.

L’espressione “‘mbrellino ‘e seta”, benché ormai desueta e quasi del tutto dimenticata, è comunque diventata sinonimo spregiativo di chi vuole smascherare un comportamento ingannevole che prova a nascondere sotto l’elegante aspetto di un parasole.

Bibliografia

Dizionario italiano napoletano, Francesco D’Ascoli

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  1. Avatar Rosa Rita La Marca
    Rosa Rita La Marca

    Ma quante ne sanno, i napoletani?

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