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Eduardo De Filippo
Eduardo De Filippo

Eduardo De Filippo (Napoli, 1900 – Roma, 1984) è uno dei più noti drammaturgi e attori della cultura napoletana del XX secolo. Grazie alle sue raffinate qualità attoriali e alle notevoli capacità scrittorie costruirà una carriera scandita da commedie di successo e di fama internazionale.

Il teatro al tempo di Eduardo De Filippo

Il teatro occidentale fra il 1925 e il 1956 visse una fase di perpetuo cambiamento ed evoluzione. Infatti, oltre al teatro surrealista, volto a suscitare forti emozioni fino a turbare lo spettatore (a cui si ispirerà il “teatro dell’assurdo”) nacque anche il “teatro epico”. Questo, al contrario, non si focalizzava sulle suggestioni emotive, ma sul condurre lo spettatore ad un giudizio critico e a decisioni morali e/o politiche in base a ciò che vedeva sulla scena.

Eduardo De Filippo non partecipò a nessuna delle due correnti teatrali, avvicinandosi, invece a quella neorealista.

Il Neorealismo si sviluppò come “corrente involontaria” fra il 1943 e 1948, fino a organizzarsi in una poetica coerente e omogenea fra il 1949 e il 1956. In generale, le produzioni neorealiste tendevano a indagare sui rapporti fra le classi sociali e a rappresentare protagonisti di cultura popolare, portatori di messaggi e ideali “positivi”.

L’elemento in comune fra gli autori neorealisti è quello di avvertire un’esigenza morale: documentare la realtà del tempo e ricostruire il clima collettivo del popolo del secondo dopoguerra, comunicare un messaggio etico e poi anche politico.

In questo filone si inserirà anche Eduardo De Filippo, specialmente con la sua “Napoli milionaria!”.

Il teatro di Eduardo De Filippo

Dall’infanzia alle commedie del primo periodo

Eduardo fu immerso, fin dalla prima infanzia, nel mondo del teatro grazie al padre Eduardo Scarpetta, celebre sceneggiatore di commedie in dialetto napoletano. Questi morì nel 1925, lasciando la scuola di teatro in mano a Eduardo e ai fratelli, Peppino e Titina.

Tra il 1929 e il 1944 i tre De Filippo crearono la “Compagnia del teatro umoristico” e Eduardo compose per questa commedie di natura farsesca, concentrate specialmente sul personaggio di Pulcinella.

La più importante fra tutte, però, è “Natale in casa Cupiello” (1931), che racconta la vicenda di una famiglia popolare che, in contrasto col clima festivo e gioioso delle vacanze natalizie, deve fare i conti con la dolorosa realtà della vita.

Il primo periodo della drammaturgia eduardiana, in collaborazione con Titina e Peppino, si concluse a causa della decisione di quest’ultimo di abbandonare la compagnia, per perseguire una carriera in autonomia.

“Napoli milionaria!” e le commedie del secondo periodo

Tra il 1944-45 e il 1953, Eduardo e Titina diedero vita al “Teatro di Eduardo”, che inaugurò la nuova stagione drammaturgica di De Filippo, il quale si mise subito all’opera per la creazione di una nuova commedia, “Napoli milionaria!” (1945).

“Napoli milionaria!” avvicinò Eduardo alla corrente neorealista. Infatti, lì poté analizzare la realtà dell’immediato dopoguerra, in maniera oggettiva e realistica, assumendo un atteggiamento moralista e di denuncia nei confronti del mondo popolare allontanatosi dalla retta via, alla quale verrà ricondotto grazie al personaggio positivo di Gennaro.

Questa fase, celebre anche per le commedie “Filumena Marturano”, “Questi fantasmi”, “Le voci di dentro”, si concluderà quando, nel 1954 Eduardo deciderà di dirigere la compagnia “La Scarpettiana”.

Napoli milionaria!

La commedia è ambientata a Napoli negli anni della seconda guerra mondiale e vede protagonisti Gennaro e la moglie Amalia che, con i tre figli Amedeo, Maria Rosaria e Rituccia, costituiscono la tipica famiglia povera e di stampo popolare della realtà napoletana del tempo.

Amalia, pur di dar da mangiare ai figli, si appresta alla vendita abusiva di caffè, allestendo una sorta di bar clandestino, al quale Gennaro, seppur contrariato, non si oppone.

Infatti, quando il brigadiere, scoperto il traffico illegale della famiglia, giunge in casa di Gennaro per arrestarlo, questi si finge morto. Il brigadiere capisce subito l’inganno e, dopo aver intimato Gennaro di smetterla con quella messinscena, decide di rinunciare al conseguimento dell’arresto, meravigliato dal coraggio del finto morto che resta immobile pur essendo in corso un bombardamento sulla città.

Successivamente, Gennaro viene arrestato durante un rastrellamento tedesco, lasciando la famiglia allo sbando: vi penetrano, appunto, corruzione e immoralità. Amalia ha fatto fortuna immischiandosi in commerci illegali, Maria Rosaria è rimasta incinta di un soldato statunitense che poi è tornato in patria, Amedeo è divenuto ladro di pneumatici di automobili.

Gennaro, con la fine della guerra, torna a casa e trova la propria famiglia cambiata e macchiata dal vizio e dal peccato, lontana dall’onestà e con l’obiettivo di diventare milionaria.

Si pone allora l’obiettivo di riportare la famiglia al senso del dovere, alla vita semplice e onesta di ogni giorno, incarnando il personaggio positivo e morale della storia. Infatti, tramite i gesti elementari e positivi di un’umile quotidianità, permetterà alla moglie e ai figli di riscoprire una legge morale, fatta di fedeltà alla tradizione e di speranza nel futuro.

Amalia, così, non si darà più ai traffici illegali; Maria Rosaria resterà con la famiglia ad accudire il suo bambino e Amedeo smetterà di rubare.

Ha dda passà ‘a nuttata!

La conclusione della commedia è caratterizzata dalla ripetizione dell’espressione “Ha dda passà ‘a nuttata”, che fa apparentemente riferimento al fatto che Rituccia, ammalatasi, deve sperare che la medicina presa per riprendersi faccia effetto durante la notte, o altrimenti ne morirà.

(Gennaro fa l’atto di bere il suo caffè, ma l’atteggiamento di Amalia, stanco e avvilito, gli ferma il gesto a metà. Si avvicina alla donna e affettuoso le dice) Teh…pigliate nu surzo ‘e cafè… (negli occhi di Amalia si leggono domande angosciose: “come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?”. Gennaro intuisce e saggiamente risponde: “S’adda aspetta’, Ama’. Ha dda passà ‘a nuttata”.

Napoli milionaria!, atto iii

Si può cogliere, dalla citazione sopra menzionata, che l’espressione “ha dda passà ‘a nuttata” acquista dunque un valore simbolico, riferendosi non tanto alla salute di Rituccia, quanto al futuro della famiglia: sarà solo questione di tempo, ma questa si riprenderà.

La commedia si conclude, perciò con un messaggio di speranza: speranza nel ristabilimento di un ordine venuto meno durante l’assenza di Gennaro, all’insegna di valori morali condivisi.

La speranza, infine, che la “Napoli onesta” trionfi su quella materialista e avida, quella Napoli ipocritamente “milionaria”.

Bibliografia

R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese, La scrittura e l’interpretazione, storia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea, modernità e contemporaneità (dal 1925 ai nostri giorni), Palumbo editore, 2011, Palermo.

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