Quest’anno ricorre il 150esimo anniversario dalla nascita dell’Impressionismo. Oggi corrente artistica affermata e amatissima dal grande pubblico, ma nella Parigi del 1874 era vista con scetticismo dai critici dell’epoca. Lo stesso termine, “impressionismo“, deriva da “impressione”, quando un critico d’arte, dinanzi all’opera di Monet, Impression: soleil levant, disse che suscitava un senso di incompiutezza, un’impressione, appunto. Ma gli impressionisti non si diedero per vinti e, a dispetto di ciò che suscitavano le loro opere, continuarono a sviluppare un linguaggio nuovo, dipingendo i loro soggetti en plein air.
Dalla pittura romantica alla pittura “dal vero”
Trovando ispirazione nella pittura romantica di Delacroix e nel verismo di Courbet, l’Impressionismo rappresenta un momento di rottura con i grandi maestri del passato e le tecniche utilizzate fino ad allora. Le pennellate si fanno più dense, i colori più vivaci, i soggetti più vicini alla quotidianità quasi a rivaleggiare con la nascente fotografia.
Se questa nuova espressione artistica deve i suoi natali a Parigi e ad autori francesi come Cezanne, Degas, Monet e Renoir e molti altri, la sua diffusione giunge fino a Napoli.
Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, Napoli è una città di grande livello culturale, in pieno fervore ed espansione. È la Napoli dei café chantant e delle sciantose, dei circoli letterari e dei poeti, delle attività commerciali e dei nobili decaduti. È in questo clima che questa corrente artistica conquista estimatori e seguaci, sviluppando un’esperienza artistica singolare, la Scuola di Posillipo, che aveva anticipato addirittura di un paio di decenni i principi fondamentali dell’impressionismo, aprendo la strada a una nuova concezione della pittura.
L’Impressionismo napoletano: da Pitloo a De Nittis
Uno dei precursori di questa scuola fu Anton Sminck van Pitloo, giovane pittore olandese che giunse a Napoli dopo un soggiorno a Parigi. Pitloo introdusse in Italia la tecnica del dipingere “en plein air”, all’aperto, direttamente a contatto con la natura. Un modo rivoluzionario che consentiva di cogliere la luce naturale e gli effetti atmosferici in modo immediato e realistico.
Il pieno compimento di questa corrente, Napoli lo troverà con Giuseppe De Nittis, che saprà cogliere più di una sfumatura della città, dell’alternanza delle stagioni dei cieli sotto cui è stata. Ma sono tanti gli impressionisti napoletani che recepiscono pienamente la lezione d’arte che arrivava d’oltralpe: da Antonio Mancini a Giuseppe Palizzi, da Domenico Morelli a Gioacchino Toma, passando per Giacinto Gigante. Ognuno con il proprio inconfondibile stile ha colto una diversa sfumatura della città partenopea.
Una scuola vivida e fiorente, che porta gli stessi francesi a Napoli. Da Degas, che qui aveva soggiornato per qualche tempo, a Renoir, che ci lascia una bellissima Marina di Capri che diventa esplosione di colori, anticipando la pittura materica e astratta di Pollock.
Una tecnica che si diffuse a Napoli
Questa tecnica ebbe un notevole successo a Napoli, dove si diffuse rapidamente tra gli artisti locali. Si diffuse e si affermò la moda della pittura istantanea, realizzata su fogli e tele, catturando paesaggi tipici napoletani: dal Vesuvio passando per le vedute costiere, colte ora con colori vivaci mai visti prima.
La Scuola di Posillipo non è tuttavia assimilabile all’Impressionismo francese, pur mostrando con esso diversi punti di contatto, ma rappresentò un momento di grande innovazione per la pittura italiana, aprendo la strada a una maggiore libertà espressiva e una più attenta osservazione del mondo circostante.
La Scuola di Posillipo è stata come un racconto in medias res, precorritrice e prosecutrice di quell’Impressionismo francese, di cui ha saputo anticipare e cogliere i principi facendoli propri. L’influenza della Scuola di Posillipo si estese in tutta Italia e contribuì a preparare il terreno per il successivo sviluppo delle avanguardie artistiche del XX secolo.
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