Tra i vicoli brulicanti della Duchesca, nel cuore popolare di Napoli, nasce, alla fine del XIX secolo, Griselda Adreatini, un nome che ai più probabilmente dirà poco, ma questa giovane è destinata a diventare Gilda Mignonette, regina indiscussa della canzone napoletana. La sua voce racconterà il suo tempo e, come un fiume in piena, travolgerà i cuori dei napoletani, trasportandoli in un turbinio di emozioni.
La Napoli di Gilda però, non era più Capitale di Regno. Era una città molto diversa da quella che aveva quasi dominato il Paese un secolo prima, provata dal colera e da una profonda crisi sociale ed economica.
Gilda era figlia di un professore di lettere e di una discendente dei Marchesi di Ruffo. Ma la sua era una famiglia povera.
Un talento innato
Il talento di Gilda si manifestò sin da giovanissima, quando iniziò ad esibirsi come ballerina nei varietà napoletani, ammaliando il pubblico con la sua personale interpretazione della Sciantosa. Tra i primi luoghi che iniziò a calcare c’era la nuovissima Galleria Umberto I di Napoli, dove venne inaugurato il primo Cinematografo della città e, soprattutto, c’erano gli uffici degli impresari.
L’incontrò che cambiò la vita dell’avvenente Gilda fu quello con il maestro Roberto Ciaramella, il quale intuì il potenziale della voce della giovine, spronandola a dedicarsi al canto lirico. Una scelta che si rivelò vincente: Gilda conquistò il pubblico con la sua intensità interpretativa e la sua vocalità, che esaltarono il pathos di quella che diventerà per tutti la canzone classica napoletana.
Il nome d’arte, Gilda Mignonette, fu un omaggio a Mimì Mignonette, stella dei café-chantant molto amata dalla giovane Gilda.
La Mignonette fu definita dalla stampa “Canzonettista napoletana”. Nel corso della sua carriera, lavorò accanto a mostri sacri come Raffaele Viviani.
L’America la consacra regina
La grande occasione, quella della svolta, arrivò nei primi anni ‘20, quando a Gilda Mignonette venne offerto un contratto di due anni per esibirsi in America con la compagnia del Cavaliere Feliciano Acierno, la più attiva in America.
Gilda partì per gli Stati Uniti, lasciandosi alle spalle la sua terra e quella giovane Griselda Adreatini che cercava di sbarcare il lunario cantando nei Tabarin di Napoli. Ma il suo non fu un tour artistico di 24 mesi come prospettato. L’America ben presto divenne la sua nuova patria, e qui vi restò per quasi trent’anni. Dopo qualche tempo, Gilda sposò Frank Acierno, figlio del noto impresario. Al suo matrimonio presero parte personalità del calibro di Rodolfo Valentino.
Gilda Mignonette divenne regina della Canzone Napoletana e, al contempo, regina degli emigranti, quale simbolo di speranza e riscatto per tutti coloro che, attraversando l’Oceano, cercavano un futuro migliore.
‘A Cartulina ‘e Napule, il cavallo di battaglia di Gilda Mignonette
Un momento iconico della sua carriera americana è l’esecuzione de ‘A Cartulina ‘e Napule durante una Piedigrotta che venne organizzata nella città di New York. La sua appassionata interpretazione, con un timbro di voce caldo e suadente, commosse le migliaia di persone presenti, facendo leva su quella nostalgia per Napoli, quella terra ormai lontana mai dimenticata.
Gilda Mignonette incarnò lo spirito di Enrico Caruso. I critici proprio per questo la definirono “la Carusiana”, per la medesima condizione di emigrata e la stessa tipologia di musica. La sua timbrica calda, vibrante, coinvolgente fece sì che fosse spesso paragonata a Bessie Smith, Imperatrice del Blues.
Una voce che sfida la censura
La storia di Gilda attraversò anche gli anni bui del fascismo. Con l’avvento della Seconda guerra mondiale, l’Italia fascista diventa nemica, anche culturale per gli Stati Uniti. I suoi spettacoli patriottici, spesso organizzati a Little Italy, terra di emigranti, intrisi d’amore per la terra d’origine, vengono censurati e a Gilda viene persino negata la possibilità di incidere dischi.
Un addio commovente e un tragico ritorno a Napoli
Gilda Mignonette non fu solo una cantante, ma un vero e proprio simbolo di resilienza, passione e amore per la propria terra. Da donna, riuscì ad affermarsi in un’epoca controversa. La sua è una storia di emigrazione di successo, un faro di speranza per chi partiva portando Napoli nel cuore.
Il 17 maggio del 1953, Gilda tenne il suo Concerto d’addio all’America presso l’Accademia Musicale di Brooklyn. Si esibì davanti ad un pubblico di oltre 50.000 spettatori. Dieci giorni dopo si imbarcò sul piroscafo Homeland per tornare a Napoli, ma il destino sembrò prendersi gioco di lei. Gilda morì durante il viaggio, a causa di una cirrosi epatica. Non rivide mai più Napoli, quell’amata città di cui aveva cantato i sentimenti. Gilda aveva incantato tutto il mondo, incarnando lo spirito di un tempo che non è mai passato.
Bibliografia
La Canzone napoletana, Maria Sole Limodio
Storia della Canzone Italiana, Roberto Caselli
Lascia un commento