Il Museo Nazionale di Capodimonte, inaugurato ufficialmente nel 1957, era in origine la reggia del re Carlo di Borbone (1716-1788), il quale, nel 1743, fondò al suo interno la Real Fabbrica di Capodimonte. Quest’ultima era dedita alla produzione d’opere di porcellana, conservate ad oggi all’interno del museo, note e ammirate a livello mondiale.
Il legame tra Capodimonte e la porcellana è testimoniato anche nella triste leggenda di un amore utopico e irrealizzabile: quello di un giovane per un fantasma fatto proprio di questa materia.
È nell’immenso bosco che si sogna; nei quadrivi lontani trapassa rapidissimo un lieve
fantasma; nei bruni tronchi apparisce qualche leggiadro volto di donna; la foglia che cade sembra il
rumore di un bacio scoccato. È nel discreto e amabile bosco che s’ama…LEGGENDA DI CAPODIMONTE – M. SERAO
Inseguire l’amore
La leggenda del fantasma di porcellana presenta come protagonista un giovane senza nome che, stanco della frenesia della città napoletana e disinteressato nei riguardi di tutto ciò che lo circondava, si rifugiava quotidianamente nella solitudine del bosco di Capodimonte. Non provava né gioia, né dolore: solo noia per qualsiasi cosa e persona.
Un sentimento, però, il giovane lo avvertiva eccome; un sentimento ossessivo, malato e insaziabile: il fatale amore dell’ideale. Nella sua mente aveva delineato una creatura di fantasia, una donna perfetta e al tempo stesso utopica, immaginata in un paese sconosciuto e lontano, ma non troppo: il suo cuore sapeva amare fin là dove ella fosse.
Trascinava la sua vita vagando nelle viottole di campagna, vagando nei viali del bosco, dove ritrovava la pace; trascinava la lenta vita consumandosi nell’amore. Il corpo s’illanguidiva, le gote scarne avevano il colore della morte, non mandavano più lampi di vitalità le pupille. È questa la funesta malattia che uccide gli umani; è il fatale ed insanabile amore dell’ideale.
LEGGENDA DI CAPODIMONTE – M. SERAO
In una mattinata d’inverno, però, il giovane si convinse di aver visto la donna delle sue fantasie: gli apparve davanti agli occhi per un breve istante nelle vesti di un fantasma o di un’ombra. Era “snella, senza contorni, fatta d’aria, ondeggiante” e, ancora, era “qualche cosa di bianco e di lucido che tremolava, che non toccava il suolo”.
Di giorno in giorno, il ragazzo andava in cerca di quella figura, baciava la terra dove credeva di averla vista e la seguiva tra gli alberi del bosco di Capodimonte. Ogni volta gli appariva più vicina e più definita, nelle vesti di una pallida fanciulla in abito bianco, col volto immerso nella luce. Lei gli sorrideva e lo salutava, poi spariva e riappariva nel verde, seguita dall’innamorato.
Egli non osava parlarle, tremava, la voce gli moriva nella gola; bastava alla sua felicità contemplare ardentemente, con la fissità della follia, con gli occhi aridi che gli bruciavano, il suo amore che fuggiva dinanzi a lui. Ella girava, girava pel bosco, arrestandosi soltanto un minuto, chinandosi a carezzare i fiori […], appena egli la raggiungeva, ella
riprendeva la sua corsa. Lui dietro, senza sentire la stanchezza delle sue gambe.LEGGENDA DI CAPODIMONTE – M. SERAO
Una volta arrivata davanti alla reggia di Capodimonte, però, lo salutava e scompariva all’interno, senza che lui avesse la forza e il coraggio di trattenerla. Nelle settimane seguenti il giovane riuscì ad avvicinarla sempre di più e a rivolgerle dolci frasi d’amore, senza che lei però potesse mai rispondere.
La morte dell’amore di porcellana
Passati mesi, la situazione per il giovane amante era divenuta insostenibile: non riusciva più a starle attorno senza frenarsi dal desiderio di tenerla fra le braccia. Fu così che, un giorno, l’abbracciò appassionatamente, e quella fu la prima e ultima volta che poté toccarla. Infatti, la fanciulla cadde al suolo, il suo corpo scricchiolò e si infranse in tanti cocci di porcellana. Ciò che il giovane credeva essere l’incarnazione del suo ideale d’amore, non era altro che una bambola di porcellana della reggia di Capodimonte.
Le altre opere di porcellana custodite all’interno della reggia presero vita quella notte per vendicare la morte della fanciulla, che era una di loro. Quasi come in una sfilata, uscirono fuori dalle scansie in cui erano esposte per colpire ognuna a proprio modo il giovane, svenuto a terra dopo quel fatale abbraccio dato inconsapevolmente ad un’opera di porcellana.
Le statue degli Amorini gli conficcarono nel cuore i loro dardi; i sette re di Francia lo colpirono con le spade; ogni statuina gli sputò in viso, lo insultò, lo calpestò; la statua di Giove, seduto sull’aquila, fulminò il giovane moribondo e i Titani lo seppellirono sotto un sepolcro di massi.
L’amore per la porcellana
Così il giovane innamorato fu punito per aver frantumato in mille pezzi un’opera d’arte e, finalmente, il suo cuore riuscì a liberarsi dalla ossessiva malattia di un amore impossibile.
La storia d’invenzione, raccontata da Matilde Serao nelle sue Leggende napoletane (1895), giustifica anche nel mondo dei miti e delle leggende la grande importanza che il materiale della porcellana rappresenta per il Museo di Capodimonte.
Ad oggi è visitabile un’intera sala fatta di porcellana all’interno della reggia: il “salottino di porcellana”, voluto da Maria Amalia di Sassonia, moglie di re Carlo di Borbone. E’ uno spazio in stile rococò, rivestito unicamente in porcellana, secondo i gusti della regina, la quale ricoprì il ruolo di supervisore durante i lavori.
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