Nata a Napoli attorno alla seconda metà del ‘400, Ceccarella Minutolo è stata la prima autrice napoletana donna di cui la storia della letteratura femminile abbia notizia. Appartenente al mondo della corte aragonese, la Minutolo progettò un epistolario di trentotto lettere in volgare, redatte fra il 1460 e il 1470, che circolò nell’ambiente colto del tempo.
I suoi scritti segnano una svolta nella storia e nella letteratura napoletana: rappresentano la prima testimonianza di accesso, da parte di una donna, al mondo culturale aragonese in qualità di scrittrice.
Le donne e la letteratura al tempo degli Aragonesi
A causa della forte instabilità politica, il Regno di Napoli mostrò una minore apertura nei confronti della produzione letteraria femminile rispetto alle altre parti d’Italia, fra il ‘400 e il ‘500. In luoghi come, ad esempio, la Repubblica di Venezia e il Granducato di Toscana, la cultura circolò molto più liberamente. Era, infatti, meno vincolata da censure, e, dunque, più accessibile anche al mondo femminile.
In particolar modo, Venezia si presentò come l’enclave dell’Umanesimo femminile. Ciò fu possibile grazie sia alla presenza di tante scuole umaniste a cui le donne nobili potevano accedere, sia alla facilità e alla libertà con cui le idee circolavano. Inoltre, determinante nella Repubblica Veneziana era il ruolo della moglie del Doge. Questa acconsentiva alle donne di poter accedere a luoghi culturali solitamente riservati a uomini o di svolgere professioni convenzionalmente maschili (come quella di precettore di allievi e non soltanto di allieve).
Anche Firenze, in maniera maggiore rispetto a Napoli, permise la circolazione della cultura trecentesca e quattrocentesca sia tra uomini che tra donne. La donna toscana più rappresentativa del secolo fu, ad esempio, Caterina Sforza (1463-1509). Lei fu autrice di un ricettario di alchimia, medicina e cosmesi, nonché signora di Imola e contessa di Forlì.
Nel Regno di Napoli, invece, la produzione culturale (eccezione fatta durante il comando di Alfonso I) fu più sporadica, specialmente fra le donne. Ciò fu causato da una maggiore attenzione, presso il governo, verso aspetti politici ed economici, piuttosto che culturali. La maggior parte degli autori si dedicò a scrivere, infatti, trattati di natura politica, economica e storiografica, oltre che epistole.
L’importanza dell’epistolografia nell’Umanesimo
Anche Ceccarella Minutolo, insieme a tante altre umaniste italiane del tempo, si dedicò all’epistolografia: il genere prediletto dell’Umanesimo. Gli studiosi e le studiose, infatti, si confrontavano tra loro tramite le lettere, in cui esponevano le loro tesi e argomentazioni intorno ad una questione. Si mostravano, così, non solo profondi cultori, ma anche abili oratori, capaci di servirsi di tutti gli artifici retorici possibili per convincere l’interlocutore della propria idea.
L’epistolario di Ceccarella Minutolo
Le trentotto lettere di Ceccarella Minutolo affrontavano tematiche che andavano dall’amore, alla precettistica e all’attualità. In particolare, alcune epistole esprimevano elogi e consigli nei confronti della nobiltà napoletana, o addirittura verso i reali.
Ad esempio, nella lettera XIX indirizzata ad Alfonso II, l’autrice consigliava al futuro re di seguire non solo “l’arme di Marte” (l’arte della guerra), ma anche “le opere di Minerva” (l’arte poetica). Ceccarella lo invitava, inoltre, ad usare “la eloquente lingua” come “tagliente spada”, e, quindi, a ritenere la cultura umanistica e l’oratoria come più potenti della forza fisica e guerriera.
Le epistole a Teofilo
Un’ampia parte dell’epistolario, invece, era dedicata all’amante di Ceccarella, tale Teofilo. A lui rivolse testi di stampo elegiaco-amoroso, in cui dichiarò anche le sue intenzioni da scrittrice (epistola IV): per Minutolo la letteratura era fonte non di fama o gloria, ma, piuttosto, un mezzo per riempire il suo “ocioso tempo”.
Nonostante l’autrice ritenesse nelle sue epistole, con falsa modestia, di non essere minimamente allo stesso livello culturale dei suoi colleghi uomini, comunque dimostrò una grande conoscenza della cultura classica, riprendendo concetti propri di Seneca, Aristotele, Demostene e Cicerone.
Nella lettera XVIII, Ceccarella Minutolo espose la teoria delle “cinque linee dell’amore”, propria del commediografo latino Terenzio.
“Le cinque linee dell’amore” (visus, loqui, tactus, osculum, coitum) rappresentano il tipico percorso di innamoramento affrontato dai giovani colpiti da Cupido. La prima “linea” consiste nel vedere l’amato/a, e viene superata se entrambi sono attratti dall’aspetto estetico dell’altro/a. La seconda è quella del dialogo: parlando, i possibili amanti possono scoprirsi e conoscersi, capendo così se sono coinvolti anche a livello intellettuale e non solo fisco. Con il “tactus”, invece, si affrontano i primi approcci fisici, che culminano con la quarta linea, il bacio, e poi con il coitum, ovvero il rapporto sessuale.
Per Terenzio, e dunque anche per Ceccarella, che riprese il suo studio sull’innamoramento, una volta superate le varie fasi, i due giovani provano realmente l’amore l’uno verso l’altro/a. Secondo l’antica teoria, una volta superata la prima linea dell’amore (l’essere attratti dell’estetica dell’altro/a), è difficile che non si voglia continuare il percorso dell’innamoramento e, cioè, arrivare fino alla fine, al “coitum”.
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