Quando si parla di giornalismo d’inchiesta televisivo in Italia, il nome di Sergio Zavoli risuona come quello di un vero pioniere. Nato a Ravenna nel 1923 ma romagnolo d’adozione come i suoi illustri conterranei Federico Fellini e Tonino Guerra, Zavoli ha rivoluzionato il modo di raccontare l’Italia attraverso il piccolo schermo, dedicando particolare attenzione al Mezzogiorno e alle sue contraddizioni.

Il giornalista che “prendeva per mano” il pubblico
Direttore de “Il Mattino” di Napoli tra il 1993 e il 1994, Zavoli aveva già da tempo sviluppato un legame profondo con il territorio meridionale. La sua capacità narrativa, definita da molti come un “teatro a occhi chiusi”, gli permetteva di “prendere per mano l’ascoltatore e portarlo dove volevano le parole, cioè a vedere”. Questa particolare sensibilità si rivelò fondamentale quando si trattò di raccontare le complessità del Sud Italia.
Il legame di Zavoli con Napoli non era solo professionale. Durante la sua direzione del quotidiano partenopeo, riuscì a coniugare la sua esperienza televisiva con quella della carta stampata, portando nel giornalismo scritto quella stessa capacità di indagine approfondita che aveva caratterizzato le sue inchieste televisive. Era un periodo cruciale per il giornalismo italiano: gli anni Novanta vedevano nascere nuove forme di comunicazione e Zavoli, con la sua esperienza di ex presidente RAI (1980-1986), sapeva come navigare in questo panorama in evoluzione.

Gli anni ’60: TV7 e la scoperta del territorio
Ma è negli anni ‘60 che Zavoli forgia definitivamente il suo stile inconfondibile. Nel 1963 nasce TV7, il programma che lo consacra come maestro dell’inchiesta televisiva e che rappresenta “l’inconfondibile voce di Zavoli attraverso il paesaggio antropologico dell’Italia in pieno sviluppo economico”. In quegli anni di boom economico, la Campania e Napoli diventano laboratori privilegiati per osservare le trasformazioni del paese.
TV7 nasce nel gennaio del 1963 e muore nell’estate del 1971, accompagnando l’Italia dai tempi di Kennedy a quelli di Nixon, dalla Pacem in terris alla guerra del Vietnam. In questo arco temporale, Zavoli e la sua squadra realizzano decine di servizi che raccontano il Sud Italia con uno sguardo antropologico inedito per l’epoca. Le telecamere di TV7 si spingono nei vicoli di Napoli, nelle fabbriche del triangolo industriale campano, nelle campagne dove l’agricoltura tradizionale convive con i primi segni della modernizzazione.
Un episodio particolarmente significativo di quegli anni riguarda la censura: nel 1969 la messa in onda di un’inchiesta di Sergio Zavoli sul codice Rocco viene bloccata dal Consiglio di amministrazione, provocando per la prima volta nella storia della televisione pubblica lo sciopero dei giornalisti e le dimissioni del presidente della Rai Aldo Sandulli. Questo episodio dimostra quanto il lavoro di Zavoli fosse considerato “scomodo” dal potere dell’epoca.
L’inchiesta come forma d’arte
Tra i programmi televisivi più maturi: Viaggio nel sud (1992) rappresenta l’evoluzione di un percorso iniziato trent’anni prima con TV7. Non si trattava del primo “Viaggio nel Sud” della storia televisiva italiana – quel primato spettava al programma del 1958 di Giuseppe Berto e Giose Rimanelli – ma dell’approdo maturo di un genere che Zavoli aveva contribuito a perfezionare nel corso dei decenni.
Il programma si inseriva in un contesto storico particolare: l’Italia del post-Tangentopoli, un paese che stava cercando di reinventarsi dopo le grandi inchieste giudiziarie degli anni precedenti. Zavoli, che aveva già raccontato “La notte della Repubblica”, inchiesta a puntate realizzata attraverso una serie di interviste- fino ad allora inedite- ai protagonisti del terrorismo italiano degli anni di piombo, si trovava nella posizione ideale per esplorare le trasformazioni del territorio meridionale.

Un metodo rivoluzionario
Ciò che rendeva uniche le inchieste di Zavoli era il suo approccio metodologico, già perfezionato negli anni di TV7. Negli anni ‘60, quando l’Italia viveva il boom economico, le sue telecamere documentavano le contraddizioni di un Sud in trasformazione: da una parte le industrie che nascevano attorno a Napoli, dall’altra la permanenza di sacche di arretratezza e povertà. TV7 racconta l’Italia degli anni ’60 con un taglio antropologico che nessuno aveva mai tentato prima in televisione.
Durante i suoi viaggi nel Sud, sia negli anni ‘60 con TV7 che successivamente, Zavoli aveva l’abitudine di fermarsi nei luoghi più impensati: dalle botteghe artigiane ai mercati popolari, dalle università ai palazzi della politica. Ogni incontro diventava un’occasione per svelare un aspetto nascosto della realtà meridionale. La sua tecnica, già consolidata negli anni ’60, consisteva nel lasciare parlare le persone, guidandole con domande che sembravano semplici ma che in realtà riuscivano a far emergere verità profonde.
Un aneddoto particolarmente significativo riguarda una sua inchiesta degli anni ’60 nei quartieri popolari di Napoli: Zavoli arrivava sempre con largo anticipo rispetto alla troupe, girava da solo per ore tra i vicoli, parlava con la gente, ascoltava le loro storie. Solo dopo, quando aveva conquistato la fiducia degli abitanti, faceva arrivare le telecamere. “Non si può raccontare un territorio senza prima averlo vissuto”, diceva spesso ai suoi collaboratori.
L’eredità territoriale di un maestro
Il rapporto di Zavoli con il territorio napoletano e meridionale si inseriva in una tradizione giornalistica che vedeva nel Sud un laboratorio privilegiato per comprendere le trasformazioni dell’Italia intera. La sua esperienza alla direzione de “Il Mattino” gli aveva permesso di osservare da vicino le dinamiche locali, le contraddizioni di una società in continua evoluzione tra tradizione e modernità.
Durante quegli anni, Napoli stava vivendo una fase di rinnovamento culturale che sarebbe culminata nel cosiddetto “Rinascimento napoletano” degli anni 2000. Zavoli, con la sua sensibilità da cronista e la sua esperienza da dirigente televisivo, riuscì a cogliere i segnali di questo cambiamento, documentando non solo i problemi ma anche le potenzialità di un territorio ricco di storia e cultura.
Il lascito di un innovatore
Restano nella storia della televisione trasmissioni come Nascita di una dittatura (1973), Viaggio intorno all’uomo, che per circa tre stagioni offre uno spaccato delle contraddizioni e delle inquietudini della società moderna. Il lavoro di Zavoli sul territorio meridionale si inserisce in questo filone di inchieste che hanno fatto scuola nel giornalismo televisivo italiano.
Quando Sergio Zavoli si spense nel 2020 a 96 anni, lasciava dietro di sé non solo una produzione sterminata di programmi e libri, ma soprattutto un metodo di lavoro che ha influenzato generazioni di giornalisti. La sua capacità di raccontare il territorio, di dare voce alle persone comuni e di contestualizzare i fenomeni locali in un quadro più ampio rimane un esempio insuperato di come il giornalismo possa essere strumento di conoscenza e di crescita civile.
Il suo rapporto con Napoli e il Mezzogiorno rappresenta un capitolo fondamentale di questa eredità: un esempio di come il giornalismo d’inchiesta possa contribuire a costruire una narrazione più complessa e sfaccettata del nostro paese, andando oltre gli stereotipi per restituire la dignità e la complessità di ogni territorio.
Bibliografia e fonti
- Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo. “Addio a Sergio Zavoli, il padre dell’inchiesta televisiva”. 2020.
- Il Sole 24 ORE. “È morto Sergio Zavoli, maestro del giornalismo televisivo”. 2020.
- Avvenire. “Lutto. Addio Sergio Zavoli, maestro (non solo) di giornalismo”. 2020.
- Biografieonline.it. “Biografia di Sergio Zavoli, vita e storia”. 2020.
- Premio Biagio Agnes. “Sergio Zavoli”. https://www.premiobiagioagnes.it/
- Indipendente-mens. “Sergio Zavoli”. https://www.indipendente-mens.it/sergio-zavoli/
- Wikipedia. “Sergio Zavoli”. https://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Zavoli
- https://www.raiplaysound.it/programmi/itaccuinidisergiozavoli