30 settembre 1943. Le strade di Napoli grondano ancora polvere e sangue. La città, piegata dai bombardamenti, affamata e ferita, ha trovato in questi giorni la forza di ribellarsi al giogo nazista.

Gennaro Capuozzo: un piccolo partigiano
Gennaro Capuozzo, 11 anni, era sceso in strada armato solo di coraggio e amore per la sua città, mentre Napoli esplodeva in un grido collettivo di rivolta. Le Quattro Giornate, iniziate il 27 settembre 1943, videro operai, studenti, donne e anziani imbracciare ogni mezzo pur di cacciare l’occupante tedesco. Tra loro anche Gennarino, come lo chiamavano nel quartiere del Vomero.
Il coraggio di Gennarino
Testimoni raccontano che il ragazzino, con in mano una bottiglia incendiaria e lo sguardo fiero di chi sa da che parte sta la giustizia, si lanciò contro un carro armato nemico. Non aveva paura. Forse non conosceva ancora bene la morte, ma sapeva cosa fosse l’ingiustizia. Una granata nemica pose fine alla sua giovane vita. Il suo corpo fu ritrovato a terra, riverso sull’asfalto nero di fuliggine e crateri.
Caduto da soldato per la libertà di Napoli
Gennaro non portava una divisa, ma è caduto da soldato. È diventato il volto puro della resistenza napoletana, un simbolo della lotta disperata e orgogliosa di un popolo che rifiutava di essere schiavo. Per lui, per i tanti come lui, la città si inginocchia in silenzio. Non ci saranno più giochi per Gennaro, né scuola, né abbracci della madre. Ma ci sarà memoria. E ci sarà onore.
In memoria di Gennaro Capuozzo
Oggi il suo nome è inciso nelle pietre e nei cuori, medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Ma nulla potrà restituire il sorriso di quel bambino che sognava solo una Napoli libera. È morto per tutti noi. E noi non dobbiamo dimenticarlo.


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