Il tufo di Napoli è molto più di un semplice materiale da costruzione: è una parte viva della storia della città, del suo sottosuolo e del modo in cui, per secoli, i napoletani hanno abitato e modellato il territorio. Questa pietra porosa di origine vulcanica, diffusissima nell’area flegrea e vesuviana, ha accompagnato l’espansione urbana, la nascita di quartieri interi e la costruzione di palazzi, cortili, scale e abitazioni. Ancora oggi, camminando tra i vicoli del centro storico o osservando certe facciate nei quartieri più antichi, è facile incontrare muri in tufo che raccontano un passato fatto di ingegno, adattamento e pragmatismo.
Origini e storia del tufo napoletano
La storia del tufo nell’area di Napoli è legata alla natura vulcanica del territorio. Le eruzioni e i fenomeni geologici hanno prodotto nel tempo depositi che, compattandosi, hanno generato un materiale relativamente leggero, facile da tagliare e da lavorare, ma anche adatto a realizzare murature spesse e stabili. Proprio questa combinazione di “lavorabilità” e prestazioni ha reso il tufo una scelta quasi naturale, soprattutto nei periodi in cui la disponibilità di pietre più dure era limitata o più costosa da trasportare e mettere in opera.
Nei secoli, il tufo è stato estratto direttamente dove serviva. Le cave non erano soltanto luoghi di produzione: spesso diventavano parte integrante della città sotterranea. Gallerie, cavità e ambienti ipogei nati dall’estrazione si sono trasformati in cisterne, depositi, rifugi, percorsi di collegamento. È uno dei motivi per cui Napoli è famosa per il suo “doppio livello”: sopra la città di pietra, sotto la città scavata. In molte zone, la materia prima per costruire le case si prendeva dal sottosuolo, e quel vuoto lasciato dall’estrazione veniva poi riutilizzato con una logica circolare ante litteram.
Come veniva utilizzato e perché ha segnato l’architettura della città
Il tufo veniva impiegato in murature portanti, tramezzi, archi, volte e basamenti. Tagliato in blocchi regolari, consentiva una posa abbastanza rapida e una buona adattabilità alle geometrie del costruito napoletano, spesso complesso e stratificato. Le murature in tufo, in particolare quando realizzate con spessori generosi, offrivano anche un discreto comfort termoigrometrico: la pietra “respira”, interagisce con l’umidità e, nel bene e nel male, influenza il microclima interno. In un contesto mediterraneo, questa caratteristica ha contribuito alla diffusione di abitazioni in cui la massa muraria era un alleato contro il caldo estivo, pur richiedendo attenzioni specifiche nelle stagioni più umide.
Le case in tufo non erano tutte uguali. C’era il tufo impiegato in edifici nobiliari, rifinito e spesso intonacato, e quello delle abitazioni più popolari, dove la pietra poteva rimanere più “a vista” o essere protetta con finiture semplici. In alcuni casi, il tufo non era solo materiale di elevazione: diventava materia di scavo. Ambienti ricavati nella roccia tufacea, soprattutto nelle zone collinari e nelle aree con cavità preesistenti, sono stati usati come depositi, cantine e, talvolta, come spazi abitativi veri e propri. Questo rapporto stretto tra costruire e scavare è una delle firme più riconoscibili del patrimonio napoletano.
Le abitazioni in tufo oggi: fascino e necessità di ristrutturazione
Oggi esistono ancora molte abitazioni in tufo, sia nel centro storico sia in vari quartieri cresciuti su preesistenze più antiche. Il fascino di queste case è evidente: pareti spesse, stratificazioni, dettagli costruttivi che raccontano epoche diverse. Tuttavia, proprio perché si tratta spesso di edifici datati, la ristrutturazione diventa, per forza di cose, un passaggio quasi inevitabile. Il tempo incide sulle murature, le infiltrazioni possono aumentare la friabilità della pietra, alcuni interventi del passato possono essere stati poco compatibili con la “natura” del tufo, e gli impianti moderni richiedono aggiornamenti che non sempre si sposano bene con strutture storiche se non gestiti con criterio.
In queste ristrutturazioni, la priorità non dovrebbe essere “coprire” il problema, ma capire come funziona la muratura in tufo, dove nasce l’umidità, quali parti sono solide e quali necessitano consolidamento. A volte serve intervenire su giunti e malte, a volte su porzioni degradate, a volte su elementi che lavorano strutturalmente. In certi casi entrano in gioco soluzioni tecniche mirate per l’adesione e il rinforzo, come adesivo strutturale Würth, utilizzato in contesti in cui è necessario ottenere prestazioni di incollaggio affidabili su elementi costruttivi, sempre all’interno di un progetto definito e con valutazioni tecniche adeguate.
Il punto chiave è rispettare il materiale. Il tufo non è cemento armato e non va trattato come tale: ha pregi e limiti specifici. Gli interventi migliori sono quelli che mantengono la traspirabilità dove serve, gestiscono l’acqua prima che entri nella muratura, e consolidano senza snaturare. Quando si lavora bene, la casa in tufo non perde identità: anzi, recupera sicurezza e valore.
E qui sta il paradosso più bello: nonostante la sua porosità e la sua apparente “delicatezza”, il tufo napoletano è un materiale che ha attraversato secoli di storia urbana, terremoti, trasformazioni e cambi d’uso. Se protetto correttamente e ristrutturato con intelligenza, resta sorprendentemente resistente e forte, capace di sostenere edifici complessi e di continuare a essere, ancora oggi, una delle ossature più autentiche della città.


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