Era un piovoso autunno parigino del 1923 quando uno scrittore italiano, Giovanni Papini, chiese udienza a Maria Sofia di Baviera, l’ultima regina del Regno delle Due Sicilie, ormai ottantenne.

La donna accettò e, per l’ultima volta prima di morire, raccontò la sua vita e la sua visione dei fatti dell’Unità. Commentò Mussolini e concluse con un’oscura profezia per la dinastia sabauda.

Maledetti filosofi!

Papini era tutt’altro che un personaggio normale: estremo in ogni sua reazione, scriveva freneticamente con toni dissacranti verso ogni autorità e nella vita cambiò mille ideali. Nacque anarchico e rivoluzionario, diventò conservatore e poi fascista; era ateo ed ebbe una conversione religiosa; era antirazzista, ma firmò il manifesto della razza. Con i suoi continui cambi di idea, insomma, riuscì a trovare nemici ovunque.
Al suo fianco l’elegante Maria Sofia von Wittelsbach non era da meno: dopo gli eroici combattimenti di Gaeta che la resero famosa e ammirata da amici e nemici, fu per tutta la vita visse inseguita da calunnie e voci infamanti, con addirittura la distribuzione di fotomontaggi in cui era ritratta nuda.
Perse il marito molto presto e, nonostante l’età che avanzava, frequentò irrequieta ambienti anarchici e ostili alla monarchia italiana, che odiava più di ogni altra cosa. Voci mai confermate affermano che anche lei era coinvolta nell’organizzazione anarchica che portò all’omicidio di Umberto I di Savoia.
Due personalità esplosive non potevano non produrre un’intervista storica.

Maria Sofia di Borbone esordì così:

Mio suocero (Ferdinando II) diceva che tutti i filosofi dovessero essere appesi alle forche. Probabilmente Sua maestà era un po’ troppo severo, ma oggi i governi sono troppo indulgenti: li mettono nei parlamenti e nelle accademie invece che sulle forche!“.

Si metteva già male la conversazione per lo scrittore quarantenne che, senza perdere contegno, fece alla regina Maria Sofia la domanda che tutti avremmo voluto farle:

Maria Sofia fotografia
Maria Sofia in una posa orgogliosa, tipica del suo carattere

Perché finì il Regno delle Due Sicilie?

Quasi tutto il popolo delle Due Sicilie era fedele al suo Re legittimo, ma il conte di Cavour riuscì a corrompere alcuni generali del nostro esercito, che si ritirarono senza combattere lasciando la via aperta a Garibaldi“.
Sembra una frase presa da un libro di Giacinto de’ Sivo o da un qualsiasi sito web moderno vicino al mondo neoborbonico.
Peccato che fu proprio l’ex regina a dirlo. E aggiunse:

Quella che gli storici italiani chiamano “guerra del brigantaggio”, fu la generosa rivolta degli umili contro il regime piemontese. Se il mio sposo, invece di rimanere a Roma, avesse varcato i confini del Regno e si fosse messo a capo degli insorti, raccogliendo le bande sparse in un solo esercito, saremmo rientrati vittoriosi nella Reggia di Napoli“.

Maria Sofia Francesco II a Gaeta
Francesco II e i fratelli a Gaeta, al centro la regina Maria Sofia

Perché Francesco II non cercò di riprendersi il regno con la forza?

La regina a questa domanda rispose con rassegnazione: “Tutte le dinastie sono destinate a finire”. E aggiunse: “Anche l’Italia, secondo quel che mi dicono, non è né tranquilla né contenta. E chissà che i Savoia non debbano riprendere, un giorno o l’altro le vie dell’esilio“.

La fine dei Savoia nella profezia di Maria Sofia di Baviera

Ai re non rimane ormai che il prestigio del fasto e, se fanno la vita di piccoli borghesi come il Re d’Italia (Vittorio Emanuele III), è naturale che a qualche piccolo borghese loro suddito venga l’idea di prenderne il posto (un riferimento a Benito Mussolini)”. Probabilmente l’ex regina pensava che sarebbe stato il fascismo a distruggere gli odiati Savoia. In qualche modo non si può dire che non sia stato così.

Maria Sofia di Baviera morì nel 1924. In tutte le sue ultime uscite pubbliche lanciò più volte la stessa profezia.
Il destino sembrò aver ascoltato la sua sete di vendetta: fu infatti proprio a Napoli che Vittorio Emanuele III abdicò in favore del figlio Umberto II. E fu sempre l’ex capitale del Regno a dire addio per l’ultima volta a un Savoia, quando la famiglia reale fu esiliata in Egitto: era il 1946 ed era nata Repubblica Italiana.
Per chiudere il cerchio, per giunta, a capo del nuovo ordinamento giuridico c’era proprio un napoletano: Enrico De Nicola.

-Federico Quagliuolo

Vittorio Emanuele III borghese
Vittorio Emanuele III in abiti borghesi: un re in esilio

Riferimenti:
Erminio Scalera, Aneddoti Borbonici, TEMP S.p.A., Napoli, 1966
Giovanni Papini, Maria Sofia, la Regina di Napoli, l’alfiere n°4, dicembre 2006

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