A Piano di Sorrento, precisamente sui Colli di San Pietro, si conserva l’affascinante produzione dell’amarena appassita. A rendere unico il processo è soprattutto il metodo di trasformazione, completamente artigianale e conservato da una comunità di agricoltori locali. Si tratta di uno dei prodotti più rari e allo stesso tempo succulenti della penisola sorrentina, degustabile direttamente all’interno delle aziende agricole che coltivano gli alberi di amarena.
La diffusione dell’amarena
Un tempo i Colli di San Pietro, affacciati a nord sulla costa sorrentina e a sud su quella amalfitana, tra i golfi di Napoli e Salerno, erano ricchi di alberi di amarene. Il terreno argilloso ne aveva favorito la proliferazione.
La pianta che cresce a Piano di Sorrento è un piede franco e inizia a produrre bacche adatte alla lavorazione dopo i primi tre anni di vita. I frutti crescono solitamente nel mese di giugno. Si ritiene che la coltivazione sia stata introdotta in loco dai monaci benedettini.
L’utilizzo dell’amarena è storicamente variegato. Oltre all’impiego nell’industria dolciaria, se ne fa uso anche per la produzione di marmellate, sciroppi e liquori. Il nocciolo è adoperato per il maraschino, ma anche per l’imbottitura dei cuscini terapeutici, mentre dai peduncoli si ottengono infusi con proprietà diuretiche.
Fammi venire qua De Stefano, ‘o pazzo. Poi mi porti il solito bicchiere di acqua e amarena. Gelata! Tengo una sete terribile.
(da Uomo e Galantuomo, di Eduardo De Filippo, 1922)
Di dimensioni simili a una ciliegia, l’amarena dei Colli di San Pietro ha una spiccata acidità. Sebbene sia presente su tutti i Monti Lattari ad almeno 200 metri di altezza, quella della penisola sorrentina è più succulenta e prelibata, quindi più utilizzabile per la pasticceria.
Come si ottiene l’amarena appassita
Il processo di trasformazione dell’amarena prevede di selezionare le migliori bacche ad inizio maturazione, per essere in seguito denocciolate esclusivamente a mano e riposte all’interno di ciotole di terracotta.
Le bacche vengono poi esposte subito al sole con lo zucchero e in seguito mescolate più volte al giorno. L’aggiunta dello zucchero permette di conservare le proprietà organolettiche, oltre che di contrastare la spiccata acidità.
Il procedimento viene ripetuto per quaranta giorni, da cui il nome quarantina, ottennedo così il prodotto finale in seguito alla lunga essiccazione.
Si conserva in recipienti di vetro ermetici, aggiungendo dell’anice, oppure al naturale. Presso aziende agricole locali, come l’Agriturismo Antico Casale, è possibile degustarla a fine pasto, prima del caffè, o in abbinamento a dolci della tradizione come la zeppola di San Giuseppe. Si utilizza anche per il ripieno della pizza di Sant’Antonino e nella sfogliatella Santa Rosa.
Produzione e consumo dell’amarena appassita
Un tempo molto diffusi, con le grandi fabbriche che venivano a rifornirsi in penisola sorrentina della materia prima, gli alberi di amarene sono progressivamente diminuiti, tendenzialmente per far spazio agli olivi.
La produzione è infatti poco redditizia, a causa della tecnica completamente manuale, con alti costi di manodopera dalla raccolta, passando alla denocciolatura, fino alla trasformazione. Anche i tempi del processo, di circa 40 giorni, non giocano a favore.
I prezzi di vendita risultano così molto elevati e di conseguenza poco competitivi. Questo ha portato alla diminuzione della produzone di amarene, che è in generale rimasta soltanto all’interno di famiglie contadine locali. Il consumo dell’amarena appassita è così oggi possibile soltanto all’interno di realtà agricole dei Colli di San Pietro.
I Colli di San Pietro
L’amarena appassita è quindi un prodotto molto raro, che lega la sua unicità alla sua zona di produzione, ossia i Colli di San Pietro, un luogo altrettanto speciale.
I colli si trovano tra la costiera amalfitana e quella sorrentina, esposti ai benefici influssi provenienti da nord e da sud. Devono il nome alla leggenda secondo la quale San Pietro sarebbe sbarcato in Italia nella vicina costa di Massa Lubrense, prima di dirgersi verso Roma.
Un’altra curiosità gastronomica lega però la penisola sorrentina al Cristianesimo. Fonti apocrife riportano che i capelli di Gesù fossero dello stesso colore delle noci di Sorrento.
L’amarena sulla torta
Se produrre amarene a mano è poco redditizio in termini economici, può esserlo ancora meno passare la mattinata a preparare dei dolci, consumarli insieme al termine di un pranzo domenicale e restare per un po’ fermi a chiaccherare, magari con un bel panorama da ammirare.
L’amarena appassita, tutelata in quanto prodotto “Slow Food”, ha nel suo metodo di trasformazione l’essenza stessa della sua destinazione. La lentezza della sua produzione, che avviene manualmente in famiglie di coltivatori, rispecchia la sua modalità di consumo. Lenta e conviviale, volta a unire i commensali già dalla selezione delle prime bacche, arrivando fino alla farcitura di un irresistibile dolce, che è solo la ciliegina, anzi l’amarena, sulla torta di una storia straordinaria.
Sitografia:
https://www.fondazioneslowfood.com/it/arca-del-gusto-slow-food/amarena-appassita-dei-colli-di-san-pietro/
http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/amarene-sanpietro.htm
https://www.lucianopignataro.it/a/la-tutela-dellamarena-dei-colli-di-san-pietro/217441/
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