«‘E ssapite chilli vascie… i bassi… A San Giuvanniello, a ‘e Vìrgene, a Furcella, ‘e Tribunale, ‘o Pallunetto! Nire, affummecate… addò ‘a stagione nun se rispira p’ ’o calore pecché ‘a gente è assaie, e ‘a vvierno ‘o friddo fa sbattere ‘e diente… Addò nun ce sta luce manco a mieziuorno…».
È così che ha inizio uno dei monologhi più amati di Filumena Marturano, che Regina Bianchi interpreterà in una delle commedie più amate di Eduardo De Filippo.
Il Pallonetto di Santa Chiara e gli altri
‘O Pallunetto. Ma a quale “Pallunetto” si riferisce Filumena Marturano?
Sì, perché Napoli, città di passioni, dove il pallone non è solo uno sport, ma una vera e propria eredità culturale, la cui identità si intreccia con quella delle sue strade. Come il noto Pallonetto di Santa Lucia (nell’omonimo Borgo, nei pressi di Piazza del Plebiscito, per intenderci) o, meno noto, il Vico Pallonetto a Santa Chiara. È uno dei tanti vicoli che portano questo nome, a testimonianza dell’antico amore dei Napoletani, e dei bambini napoletani in particolare, per questo gioco.
Ne parlava già il canonico Carlo Celano, preziosa fonte di conoscenza per la storia cittadina, che ne descrive la vivacità. Ancora oggi, non è raro scorgere dei ragazzini animare le serate e le strade sfidandosi nel gioco del calcio: per i vicoli della città, certo, ma persino all’interno della Galleria Umberto I. L’architettura e la topografia sembrano sparire. Tutto sembra trasformarsi in un campo da gioco, in porte da parare e rigori.
Dalla corte Quattrocentesca dei Medici
Una tradizione, secondo il Celano, che sembra affondare le proprie radici addirittura nella corte medicea del Quattrocento.
Prima di liberarsi, dipanandosi disordinatamente per piazze e strade, pare che il gioco del pallone a Napoli avesse una sua sede, l’area che oggi ospita i giardinetti di Piazza Bellini e le antiche mura greche.
Lo stesso Carlo Celano in merito dice: «Un bellissimo luogo, forse il più ampio e comodo che ci fosse in Italia per giocare alla racchetta e al pallone».
Ma Piazza Bellini non fu, nel corso dei secoli, l’unico luogo in cui i ragazzini si dilettavano a giocare “a pallone”. Negli anni ’90 anche la piccola Piazzetta Pietrasanta, protetta da un cancello che avrebbe dovuto ostruirne l’accesso, diventava un campo di calcio nel cuore del centro storico di Napoli. E quale porta migliore, se non la quattrocentesca Cappella Pontano?
Vicolo di poeti e nobili famiglie
Vico del Pallonetto di Santa Chiara anticamente era noto come Vico della Gioiosa di Bernardino Rota, dal nome del celebre poeta cinquecentesco che qui, pare, avesse il suo palazzo. A ricordarlo ai posteri, ancora oggi, lo ricorda un pregevole portale quattrocentesco in travertino, restaurato nel corso del XVI secolo da Giovanni Da Nola.
Il Vico del Pallonetto di Santa Chiara era anche l’indirizzo della nobile Famiglia Celano, da non confondere però con quella del noto storico, Carlo Celano appunto, cui dobbiamo gran parte delle nostre conoscenze sulla città antica. La Famiglia Celano, infatti, qui fece costruire una Chiesa dedicata a Santa Caterina (poi distrutta).
Il Pallonetto di Santa Chiara e il Gioco del Lotto
Al civico 28, fino alla fine del XIX secolo, qui era presente l’Amministrazione del Gioco del Lotto, altro gioco, al pari del calcio, caro a quella Napoli fiduciosa e povera che sperava, con una puntata di poche lire, di risollevare le sorti della propria vita.
Il vicolo porta ancora i segni del terremoto del 1980, ma la storia, fatta di gioco, di cultura e nobili dimore, continua a riverberare tra le mura dei palazzi che ne definiscono i contorni e la memoria.
Bibliografia
I Vicoli di Napoli, Luigi Argiulo
Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, Carlo Celano
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