Luigi Necco, veracissimo napoletano, è stato uno dei pilastri del giornalismo italiano, raccontando di calcio e non solo. Il suo debutto è nella Rai partenopea, come lettore del giornale radio e, nel 1979, è uno dei padrini del neonato TeleGiornale Regionale campano. Il nome di Luigi Necco, però, è legato soprattutto a “90° Minuto”, il programma sportivo di punta della Rai che, per decenni, ha attirato milioni di spettatori ogni domenica pomeriggio, con il suo mix di cronaca, approfondimento e commento tecnico.
Necco inizia la carriera giornalistica nel dopoguerra: l’Italia sta ricostruendo la propria identità sociale e lo sport –soprattutto il calcio – è un collante straordinario. La formazione di Necco condensa una combinazione di passione per il pallone e per la scrittura, unita da un linguaggio, diretto e acuto e da uno stile estremamente coinvolgente.

Dallo stadio San Paolo a “90° Minuto”
Gli anni ’70 e ’80 sono il periodo d’oro, per parlare di calcio: è tutto un fiorire di emittenti private e la tv pubblica sta vivendo il proprio momento aureo. E Necco c’è! Nelle telecronache dallo stadio San Paolo di Napoli (oggi titolato a Diego Armando Maradona) o da quello di Avellino, fino ai mondiali di calcio. Necco non solo sa adattarsi ai cambiamenti, ma addirittura li provoca, diventando uno dei volti più riconoscibili della Rai e consegnando espressioni indimenticabili alla memoria di milioni di appassionati sportivi.
Luigi Necco e il gol di mano di Diego Armando Maradona
“Milano chiama, Napoli risponde”, è il saluto con cui chiude i collegamenti, accomiatandosi dai telespettatori con la mano aperta a ventaglio mentre, alle sue spalle, gli scugnizzi urlano “Forza Napoli”. A Città del Messico, nel 1986, Maradona segna un goal di mano all’Inghilterra. E Necco non resiste: “La mano de Dios o la cabeza de Maradona (la mano di Dio o la testa di Maradona)”, è il commento rimasto nella storia. “Las dos (tutte e due)”, replica il campione che, di lì a breve, diventerà il nuovo idolo di Napoli.
Per 15 anni, dal 1979 al 1993, è uno dei telecronisti più amati del Paese e una delle figure chiave di quel “90° Minuto“ condotto da Paolo Valenti, un appuntamento fisso per milioni di telespettatori italiani. Lanciato nel 1970, il programma era dedicato alla sintesi delle partite di calcio di Serie A, unendo il racconto sportivo con le analisi più approfondite delle performance delle squadre. Necco interpreta questo ruolo con un’abilità rara, combinando una conoscenza approfondita del calcio con una sorprendente capacità di relazionarsi con il pubblico: arguzia e ironia sono il suo biglietto da visita.
La camorra dietro l’attentato a Luigi Necco
Nell’ottobre del 1980, però, accade un fatto. L’allora presidente dell’Avellino Calcio, Antonio Sibilia, assiste da spettatore, accompagnato dal bomber brasiliano Juary, a una udienza del processo a carico di Raffaele Cutolo, “o’ Professore” boss incontrastato della Nuova Camorra Organizzata. Durante una pausa, Sibilia si avvicina al camorrista, salutandolo con tre baci sulla guancia e lascia che Juary gli consegni una medaglia d’oro con tanto di dedica: “A Raffaele Cutolo dall’Avellino Calcio”. Il fatto non passa inosservato agli occhi di Necco che decide di raccontarlo dai microfoni di “90° minuto”. Sibilia tenta di giustificarsi dicendo: “Cutolo è un supertifoso dell’Avellino. Il dono della medaglia non è una mia iniziativa. È una decisione adottata dal consiglio di amministrazione”.
L’aver denunciato davanti a milioni di persone i legami tra il calcio e la camorra segna il destino di Necco che, il 29 novembre 1981, viene gambizzato. Il commando è composto da tre sicari, inviati in missione da uno dei più fidati luogotenenti di Cutolo, “o’ Nirone”, al secolo Vincenzo Casillo.
Dalla Rai a Mediaset, da “Mi manda Rai Tre” a “Buona Domenica”
L’episodio è di quelli che segnano pesantemente, ma Luigi Necco continua a raccontare il calcio a modo suo e, nel 1997, si concede una parentesi da conduttore alla guida di “Mi manda Rai Tre”, il programma appena nato dalle ceneri di “Mi manda Lubrano” dopo l’abbandono del giornalista. Nello stesso anno, si candida al Consiglio Comunale di Napoli, venendo eletto nelle fila dei Democratici di Sinistra.
Nel 2005, lascia la Rai per Mediaset, chiamato da Maurizio Costanzo a curare le dirette dai campi di calcio per “Buona Domenica”, su Canale 5. Passa, poi, all’emittente locale Canale 9, con la rubrica quotidiana “L’emigrante”, dove racconta di fatti e fattacci della città di Napoli.
“Il giallo di Troia”, Luigi Necco scrittore e investigatore
Nonostante i molteplici impegni, Necco continua a coltivare la sua passione giovanile per l’archeologia. Scrive libri, editoriali e realizza reportage, soprattutto su quello che è il suo chiodo fisso: il tesoro di Schliemann, che l’archeologo aveva rinvenuto a Troia nel 1873 e che i tedeschi dichiaravano fosse andato distrutto nei bombardamenti di Berlino del 1945.
Necco, a questa storia non crede e passa al setaccio tutte le piste, battendo mezza Europa e riuscendo, finalmente, a scovare i ladri e il nascondiglio del tesoro. Il 16 aprile del 1996, i ritrovamenti vengono esposti a Mosca, nel Museo Puskin delle Belle Arti. Tutta questa storia rocambolesca diventa un libro, grazie alla penna dello stesso Luigi Necco: “Il giallo di Troia” viene pubblicato nel 1993. Continua a scrivere e a coltivare le sue passioni, alternando l’amore per la storia alla passione per il calcio e mescolando cronaca e narrativa.
Muore il 13 marzo del 2018 all’ospedale Cardarelli di Napoli, a causa di un’insufficienza respiratoria. Il giorno successivo, l’intera città lo saluta, nella chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini al Vomero.
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