
Fà ‘na chiena e ‘na vacante è un proverbio napoletano il cui significato letterale, e non ben comprensibile, è “fare una piena ed una vuota”.
A seguire, ecco spiegato il significato di uno dei modi di dire comunemente noti al popolo napoletano.
Fà ‘na chiena e ‘na vacante: l’origine
Intorno al sedicesimo secolo, le grandi comunità monastiche vivevano di elemosina. Di conseguenza, vi era la necessità, per i singoli monaci, di recarsi presso le case dei laici vicini e bussare alle loro porte chiedendo denaro o altri tipi di beni di prima necessità.
I monaci più persuasivi o amati, riuscivano a convincere chi avevano di fronte a donare una grande somma, in modo da tornare al monastero con il proprio sacco ben pieno. Dall’altra parte, quelli meno abili erano soliti raccogliere poco e niente presso gli abitanti del luogo, facendo ritorno, quindi, con il sacco (o cesta) vuoto o mezzo vuoto.
Il significato del proverbio
Fà ‘na chiena e ‘na vacante assume il significato di fare una volta una cosa buona/positiva e quella successiva una cattiva/negativa, pur agendo a partire dalle stesse circostante e premesse.
Il detto è da rivolgere specialmente a chi non è costante nel suo rendimento in un certo campo, e talvolta riesce o performa bene, mentre altre volte accade il contrario: proprio come succedeva a certi monaci che alcuni giorni tornavano con la cesta piena di elemosina, e altri giorni vuota.
Il proverbio assume, però, anche un’altra sfumature di significato: “chiena” (piena) e “vacante” (vuota) si riferiscono anche all’atto di riempire e svuotare qualcosa, come un secchio, una cesta o anche, più simbolicamente, il contenuto delle parole o delle azioni.
Quindi, il significato figurato in questo caso è: fare tanto rumore per nulla, fare un gran movimento ma senza risultati concreti. Un modo per indicare chi si dà da fare in apparenza, ma è tutta fuffa.
Quando si usa
Questo proverbio si tira fuori quando una persona:
- parla tanto ma non conclude nulla;
- finge di darsi da fare, ma gira a vuoto;
- combina una grande confusione senza produrre effetti reali.
Insomma, è l’emblema del “fare scena” senza sostanza.
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