Foto di Valerio Iovane e testo di Lisa Davide.
Sant’Eligio a Napoli, protettore degl’orafi e degl’argentieri, fa, come si suole dire, casa e bottega.
Nelle adiacenze di Piazza Mercato, vicino la Chiesa del Carmine, c’è un’altra chiesa straordinaria: quella dedicata a Sant’Eligio di Noyon orafo della Corte dei Merovingi. Vissuto più o meno millecinquecento anni fa, a Napoli ha trovato la propria casa intorno al 1270. E ora, sotto il famoso Arco dell’orologio, attaccato alla chiesa in questione, c’è una piccola bottega di un orologiaio che fa da testimone ad una lunga ed eccezionale tradizione di orafi, orologiai e argentieri di Napoli.
Di lì a pochi metri dalla bottega, infatti, si estende una zona storica della città, il quartiere Borgo Orefici. Come si capisce dal nome del luogo, si tratta di un insediamento di artigiani de’oro risalente al Medioevo, ovvero a quella precisa epoca nella quale gruppi di famiglie contadine si spostarono presso le mura delle grandi città per instaurare rapporti commerciali con le corti, tanto è vero che fu proprio una regina, Giovanna d’Angiò, che ufficializzò l’esistenza di questi laboratori, i quali subito dopo, secondo un altro uso amministrativo del tempo, si radunarono in corporazioni. Ovviamente i primi maestri dell’oro, a Napoli, prevenivano dalla Francia, a seguito proprio degli, ma ben presto il primato di una fiorente scuola napoletana prese il posto del marchio francese, del quale quasi ora non resta traccia.
Oggi, sebbene il Borgo appaia molto diverso, per certe magnifiche tradizioni familiari che si sono interrotte o per la devastante crisi economica che costringe spesso a non vendere, e quindi non produrre, Sant’Eligio tuttavia resta lì, un po’ trascurato e severo con la sua architettura gotica, a proteggere il Tempo di coloro che permettono di contarlo.
-Lisa Davide
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