Riceviamo e pubblichiamo la storia di una nostra fan: la leggenda di Tirinella Capece.
La nostra storia prende vita da una lettera che l’umanista siciliano Giovanni Aurispa da Bologna scrisse al suo amico Niccolò d’Ancona in Ferrara, per raccontargli d’un evento che suscitò tanto clamore al tempo in cui esso avvenne: il lontano, lontanissimo 1425.
Epoca rinascimentale che fa da sfondo ad una tragica leggenda che, come tutte le storie d’amore che si rispettino, è intrisa di una forte drammaticità.
Napoli era a quel tempo una delle città più floride e ricche e contava circa cinque Sedili di nobili, tra i quali i più illustri erano i Capuana.
All’interno del seggio dei Capuana facevano parte i Capece, protagonisti della storia.
Tirinella Capece era figlia di Marino Capece, cavaliere nobilissimo, ed era nota in tutta Napoli per la sua vasta cultura e la passione per la letteratura.
All’età di quindici anni fu data in moglie ad un certo Pietro, cinquantenne di grande autorità e padre di quattro figli già adulti.
A rompere l’equilibrio matrimoniale tra quest’uomo e Tirinella fu l’arrivo di un bel giovane veneziano, Alvise Dandolo, giunto a Napoli in cerca di avventure e nuove scoperte.
Il rapporto tra i due giovani crebbe in maniera graduale: dapprima furono persino timorosi di lasciarsi andare anche a semplici scambi di sguardi non sapendo, per l’appunto, quali sentimenti nutrissero l’uno per l’altro ed infine la passione arrivò a sconvolgere le loro vite.
Iniziarono a vedersi di nascosto, cercando in tutti i modi di non lasciar intendere nulla né al marito di lei né alla gente del paese, che già intuiva la presenza di un intrigo e godeva al solo pensiero di creare scandali.
La relazione andò avanti in maniera furtiva per molto ed i due giovani approfittavano spesso dell’assenza del marito di lei per vedersi e consumarsi nel fuoco della passione.
Fino a che un giorno le cose non andarono come previsto e successe qualcosa che sarebbe stato meglio non fosse mai accaduta.
Una sera, in cui il vento era più freddo del solito, i figli del marito di Tirinella si riunirono attorno al camino per leggere insieme le favole di Tristano e Lancillotto.
Alvise, che aveva appuntamento nella dimora della sua amata, giunse nel luogo sperando di ingannare i presenti ed intrufolarsi nella stanza dell’amata ed attenderla lì.
Quando però egli giunse vicino al soggiorno, luogo in cui erano tutti radunati, il figliastro più piccolo scorse un’ombra sulla parete ed intimò gli altri che qualcosa stava o sarebbe accaduta.
Con la scusa di un finto mal di testa, la ragazza si congedò nella sua stanza per raggiungere il giovane che l’attendeva con impazienza e vivere, in quel piccolo lasso di tempo, un momento d’amore.
Intimità che però non fu vissuta, dal momento che i quattro figliastri irruppero con forza nella stanza della matrigna ed uccisero con brutalità sia lei che l’amante gettando i loro corpi sulla strada in mezzo al fango.
Lo stemma della famiglia dei Capece è raffigurato sulla facciata del complesso di San Lorenzo Maggiore situato nel centro antico di napoli.
Se vi dovesse capitare di trovarvi da quelle parti, è possibile che si percepisca nell’aria ancora la bramosia di un amore che non ebbe mai la fortuna di essere sazio.
-Antonella Izzo, autrice di storia e disegno
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