Si riesce a riconoscere il ponte Maria Cristina di Solopaca solamente dalla presenza di due “strane” torri perse nel verde delle campagne del beneventano e per due leoni di pietra dall’aspetto molto simile a quelli del Plebiscito che, ahinoi, sono la copia dei monumenti originali rubati nel 2003.

È una vita molto triste quella di un ponte che, in realtà, doveva essere un prodigio di tecnica e : fu costruito dopo il ponte del Garigliano ed è il secondo ponte sospeso d’Italia, il terzo d’Europa.

Un prodigio d’ingegneria

L’impatto mediatico che ebbe la costruzione del ponte del Garigliano nel 1828 fu davvero colossale non solo nel Regno delle Due Sicilie, ma anche nel resto d’Italia. Oltre ad essere esteticamente spettacolare, infatti, il ponte sospeso riusciva finalmente anche a risolvere l’annoso problema delle inondazioni e dei crolli dovuti all’impetuoso fiume, che spesso esondava portandosi via i vecchi ponti. Arrivarono quindi sulla scrivania dei ministeri del Regno delle Due Sicilie numerosissime richieste da parte di tutti i Consigli Generali delle province per richiedere la costruzione di nuove infrastrutture moderne.

L’ufficio tecnico del Palazzo dei Ministeri, il moderno Palazzo San Giacomo, decise di accogliere la richiesta delle province di Molise e Terra di Lavoro che, con un comunicato congiunto, chiedevano di essere collegate in modo più efficiente a Napoli per incentivare gli scambi economici nel Regno. Tutti i tentativi di costruzione di un ponte che unisse la Valle Telesina al Taburno, infatti, erano in passato finiti in disastri causati dalle continue bizze del fiume.

Il progetto fu approvato da Ferdinando II e il ponte sul fiume Calore fu costruito fra il 1832 e il 1835, con Luigi Giura come progettista: il giovanissimo ingegnere della Scuola di Ponti e Strade, che un giorno sarà la futura Facoltà d’Ingegneria, era infatti considerato una delle stelle nascenti dell’ingegneria civile italiana e la sua opera sul Garigliano gli aveva dato soldi e onori

Torri ponte Maria Cristina
Le “Torri” del Ponte Maria Cristina, che un tempo servivano a reggere le catene di metallo della struttura

L’arrivo di Ferdinando II a Solopaca: un episodio divertente

L’inaugurazione avvenne nel 1835 in presenza di Ferdinando II in persona, assieme alla prima moglie, Maria Cristina di Savoia, alla quale fu intitolato il ponte. Si racconta che il piccolo comune di Solopaca era completamente impreparato ad accogliere il re e la sua corte e addirittura mancava la casa comunale.

Giuseppe Abbamondi, sindaco di Solopaca, decise quindi di far dipingere di fretta e furia una targa con su scritto “MUNICIPIO”, in modo da farla apporre sul Castello Ducale della città. Ferdinando, però, capì perfettamente il trucco e, una volta entrato nella residenza nobiliare, guardò il sindaco negli occhi e disse con un sorriso: “Abbamondi, Abbamondi! Inganna pure il mondo, ma non ingannare il tuo re!“.

Ponte Maria Cristina di Solopaca
Il ponte Maria Cristina oggi

L’inaugurazione fu svolta in pompa magna, con una targa apposta sulla struttura. Rispetto al ponte sul Garigliano, il Ponte Maria Cristina di Solopaca era ancora più ambizioso: il passaggio stradale era alto 9 metri e poteva sopportare carichi fino a 3 tonnellate. Alle estremità c’era una fontana monumentale e le case dei guardiani, che regolavano anche il traffico per non stressare la struttura che comunque fu soggetta a diverse inondazioni, come è ricordato anche da diverse scritte che indicano l’altezza record delle acque.

Tutto andò bene fino al 1852, quando il fiume Calore riuscì a buttar giù il ponte, trascinato via dalle sue acque impetuose. Fu ricostruito in men che non si dica, con una struttura rafforzata che resistette a tutto, tranne che alle mine dei tedeschi.

La distruzione del Ponte Maria Cristina di Solopaca

Cent’anni dopo l’inaugurazione e ottant’anni dopo la ricostruzione, il ponte di Solopaca si trovò a sopportare il peso dei panzer tedeschi della I Divisione “Hermann Goring” in fuga dall’avanzata americana e, subito dopo, fu fatto saltare in aria con una carica di esplosivo, di fatto tagliando a metà i collegamenti nella regione.

La scia di morte e distruzione lasciata dai tedeschi in fuga nel 1943 coinvolse anche il ponte Maria Cristina, che fu ridotto in macerie portate via dal solito fiume Calore, che stavolta si occupò solo di ripulire la zona dai frammenti.

Anche stavolta la ricostruzione avvenne in tempi da record, ma la tecnologia del 1947, anno di inaugurazione del nuovo ponte Maria Cristina, era andata parecchio avanti: la nuova struttura fu infatti realizzata con un ben più triste cemento armato, tipico degli anni del dopoguerra, che però lasciò restaurate le ultime testimonianze dell’antica struttura: le torri, gli emicicli e le statue.

La storia andò avanti con cronache di abbandono e poca cura del patrimonio, con il ponte immerso fra i suggestivi vigneti di Solopaca, scavalcato dai moderni piloni dell’autostrada e caratterizzato dai bellissimi leoni di pietra realizzati sullo stile di quelli del colonnato della basilica di San Francesco di Paola. Proprio loro furono gli ultimi protagonisti della cronaca legata al ponte, rubati nel 2003 e spariti chissà dove.

Ed oggi, fra gli emicicli pieni di sterpaglie, i leoni ricostruiti e il fiume Calore, non più impetuoso come ai tempi dei Borbone, sopravvive malconcio il ricordo di un’eccellenza ingegneristica del Sud italia.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Vincenzo Mazzacca, Fiumi: le piene nel Sannio: fauna ittica, pesca, inquinamenti
Erminio Scalera, Aneddoti borbonici, Tipografia Editrice Mario Pierro, Napoli, 1966
Alfredo Romano, La nostra terra: Storia di Solopaca, Laurenziana, Benevento, 1972

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