La Galleria Umberto I è la più famosa galleria commerciale e residenziale di Napoli, brulicante di vita a tutte le ore. Da oltre un secolo ospita nei suoi imponenti corridoi marmorei, negozi, studi professionali ed eleganti appartamenti. Con la sua edificazione, sostituì l’ intero Rione Santa Brigida.

Più giovane della “sorella” milanese, la galleria Vittorio Emanuele II, la galleria Umberto I fu costruita tra il 1887 e il 1890, in soli tre anni. Dedicata al Re d’Italia dati i suoi interventi per la città durante l’epidemia di colera. Doveva essere un potente simbolo della presenza dello stato e del sovrano in una Napoli con ancora vivide memorie dell’ Unità.

Napoli dall'alto
Fotografia di Napoli dall’alto, prima del 1887: non c’è la Galleria Umberto

Costruita in tempi da record

Un gruppo di ingegneri ed architetti napoletani, Emanuele Rocco, che ha la paternità del progetto, insieme a Antonio Curri ed Ernesto di Mauro, colsero l’ occasione delle ingenti demolizioni del Risanamento e accettarono l’ incarico da parte del Comune di costruire un nuovo, elegante salotto per borghesia napoletana, nel cuore della Napoli borbonica, meglio posizionato rispetto alla galleria Principe.

Il principale finanziatore è stato la Società dell’ Esquilino di Roma, che fece a Napoli altri interventi in quegli anni, tra cui diversi edifici nel nascente quartiere Vomero.

La galleria, da progetto, prevedeva di radere al suolo il Rione Santa Brigida, un’area descritta come malfamata, sovraffollata e malsana, al punto da essere indicata da testimonianze dell’ epoca come uno dei luoghi d’origine dell’epidemia di colera. In uno di quegli edifici, sul finire del ‘700, abitò anche Goethe.

Rione Santa Brigida
L’ antico Rione Santa Lucia, prima del Risanamento. Grazie a PalazzidiNapoli
Galleria in costruzione
Galleria Umberto I in costruzione, 1888 circa

Lavori mastodontici

Furono risparmiate alla distruzione per una forte opposizione della curia le chiese di San Ferdinando, da cui prende il nome il quartiere e quella di Santa Brigida, ultimo ricordo dell’ antico rione, alla quale riuscirono ad abbattere una porzione per la costruzione di un vano scale condominiale.

I lavori furono mastodontici: fu totalmente riorganizzata la rete fognaria locale, costruito un ampio soffitto in metallo e vetro, a 57 metri da terra, ad opera dell’ architetto Boubèe, realizzate le decorazioni di muri e pavimenti, oltre che un impianto di illuminazione per l’ intera galleria e l’ area circostante e, infine, fu decisa l’ aggiunta di una serie di dettagli successivi alla stesura finale del progetto, tra cui la costruzione di un nuovo teatro cittadino, proprio di fianco al San Carlo: il Salone Margherita.

Il Salone Margherita è stato il primo Cafè Chantant d’Italia, occupava tutto il perimetro della galleria,nel piano interrato. Ricco di rifiniture lussuose non meno di quelle in superfice, doveva diventare un nuovo punto d’aggregazione della Napoli bene dell’ epoca. Non raggiunse mai il successo degli adiacenti Teatro San Carlo e Mercadante. Fu distrutto insieme a buona parte dell’area circostante dai bombardamenti del 1943.

Progetto galleria
Il progetto approvato della galleria. Ha subito molte modifiche successive.

Un locale a luci rosse: il Teatro Margherita

Nel 1960 fu riaperto come locale a luci rosse, per poi essere destinato ad un lungo abbandono fino agli anni ’80. Dopo un’altra breve riapertura, chiuse fino a tempi recenti. Oggi è frammentato: una parte è un’ elegante sala per eventi, un’ altra parte ospita un ristorante.

L’ inaugurazione tardò di tanto rispetto alla dichiarata conclusione dei lavori per una serie di controversie, tra cui la riluttanza da parte dei proprietari di palazzo Capone a far abbattere la loro proprietà. Quasi tutti i lotti del Rione furono espropriati ed abbattuti gli edifici presenti. Palazzo Capone, il cui abbattimento non era previsto, è stato inglobato come uno dei condomini della galleria.

interno Galleria Umberto
Interno di uno degli edifici della galleria, foto di Leonardo Quagliuolo

Danni e imprevisti

Anche l’adiacente palazzo Barbaja, residenza di Gioacchino Rossini, non fu esente da danni: la Società dell’Esquilino dovette rimborsare ai proprietari circa 15.000 lire per degli abbattimenti.

Un altro problema fu dovuto alla costruzione di un piano di troppo, con tanto di terrazzi annessi, non previsti dal progetto. Anche questi attcii furono distrutti dai bombardamenti, ma successivamente ricostruiti.

Inaugurazione della galleria
Una vecchia locandina dell’ inaugurazione della galleria, 1892

L’inaugurazione della Galleria Umberto I

Finalmente l’ inaugurazione: il 9 novembre 1892, alla presenza del sindaco Nicola Amore, fu fatta una grande cerimonia di inaugurazione, curata dal “Comitato per l’ inaugurazione della galleria Umberto I” con moltissimi partecipanti, nonostante ci fossero ancora dei cantieri, per via dei ritardi negli espropri e dei costi esorbitanti della struttura.

Alla galleria Umberto è associata l’ oramai scomparsa professione dello “sciuscià”, il lustrascarpe che, al costo di poche lire, lucidava le scarpe dei passanti, un servizio in origine rivolto ai soli nobili e ricchi.

La struttura ha subito varie ristrutturazioni nel tempo, tra cui, in periodo fascista, l’aggiunta alle pareti dei busti degli ingegneri ed architetti che hanno contribuito alla sua creazione.

Ad oggi, la galleria si presenta viva come sempre, seppur in condizioni molto eterogenee per andamento e qualità dei lavori in corso tra i vari condomini, ma ancora in grado di affascinare i turisti e gli stessi napoletani con il suo antico sfarzo.

-Leonardo Quagliuolo

Busto di Emmanuele Rocco
Busto di Emmanuele Rocco vicino all’uscita di Via Santa Brigida, foto di Federico Quagliuolo
Busto di Antonio Curri
Busto di Antonio Curri, foto di Federico Quagliuolo

Riferimenti:

Palazzidinapoli.it

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