L’incendio del campanile è una tradizione tipica del paese di Calvizzano, comune nella città metropolitana di Napoli. È un evento che unisce vecchie e nuove generazioni. Si svolge ogni anno il 25 luglio, nella giornata in cui si celebra San Giacomo.
Calvizzano, il ristoro verde dei nobili
Calvizzano è un paese nella provincia di Napoli, ricco di storia e tradizione. Per quattrocento anni è stata feudo dei Caracciolo di Napoli. Ospitava le famiglie nobili che cercavano ristoro nei periodi estivi nella cittadina per la sua freschezza e l’abbondanza di verde.
Era usanza per le famiglie facoltose, infatti, avere delle case di campagna in cui riposare a contatto con la natura e l’aria buona. Molti sono ancora gli stemmi nobiliari affissi sulle ville che vanno così a testimoniare il passaggio di queste persone appartenenti all’alta società.
La festa di San Giacomo e l’incendio del campanile
Sono pochi i documenti che testimoniano la data di costruzione della chiesa di San Giacomo apostolo. Testi del 911 affermano che venne edificata su una tomba di epoca romana, ma evidentemente la chiesa ha origini ancora più antiche.
Il culto dedicato all’apostolo Jacovo risale a prima dell’anno 1000 e anticamente la sua festa era definita Festa del tomolo di sancti Jacovo, in quanto i contadini, per ringraziare il santo del raccolto, erano soliti donare un tomolo di grano ai poveri che si recavano da Napoli a piedi sino la chiesa di Calvizzano.
Attualmente questo pellegrinaggio è simboleggiato dalla processione dei cittadini lungo le strade del paese, a seguite della statua di San Giacomo, risalente al 1740, accompagnata da tamburi e sbandieratori. I fedeli scortano la statua alla messa liturgica, dopodiché inizia lo spettacolo. Ovviamente, quello del campanile non è più un vero e proprio incendio, ma un grande spettacolo pirotecnico.
L’incendio inizia con una fiaccola che si accende distante dal campanile. La fiaccola esplode e vola sulle teste del pubblico incredulo e poi dritta sul campanile, dove avviene lo spettacolo che lascia tutti a bocca aperta.
Colpendo una delle batterie dei fuochi d’artificio, in uno schiocco di dita, l’intero campanile esplode di colori. I giochi pirotecnici che si creano sono realmente simili ad un incendio, le fiammelle rosse tingono la chiesa e il cielo di Calvizzano simulando una vera e propria colata di fuoco che termina con tante piccole scintille simili a stelle che vengono giù dall’alto campanile.
Lo spettacolo suggestivo genera stupore, urla di gioia e qualche lacrima malinconica. L’amministrazione comunale si è sempre impegnata a mantenere questa tradizione quanto più viva che mai. Le immagini che vi mostriamo sono proprio dell’ultima festa di San Giacomo del 2022.
L’incendio del campanile è l’atto finale, quello più amato, simulacro del santo e delle negatività che ci lasciamo alle spalle, motivo di unione di generazione in generazione e di fede mistica e pagana contemporaneamente, come dimostrato dalle tradizioni millenarie.
Perché le feste di paese sono un bene inestimabile?
A questa domanda ci risponde il regista Rossellini con un suo meraviglioso film, Viaggio in Italia, dove una coppia inglese sull’orlo del baratro, ormai disinnamorati uno dell’altro, riescono a trovare la forza di riparare ai loro errori proprio grazie ad una festa del paese.
I due consorti rimangono avvinghiati e separati dalla tumultuosa massa che li trascina inneggiando al miracolo durante la processione del santo, il loro tentativo di superare la folla e riabbracciarsi è la cura che la vitalità paga suggerisce nei momenti di festa.
Nell’antica Grecia le feste in onore degli dei erano celebrazioni che prevedevano la complicità e la partecipazione di tutta la poleis. Per innalzare il valore della democrazia fu instaurato un fondo, θεωρικά, il Theōrikón, proposto da Pericle. Era una fondo statale che permetteva delle elargizioni di denaro ai cittadini più poveri per includerli nelle manifestazioni pubbliche, come le feste sacre e il teatro.
Con l’arrivo del cristianesimo i riti pagani vennero inglobati nella religione cristiana che spesso ha comportato una vera e propria damnatio memoriae per le tradizioni antiche, reputando alcune di queste licenziose, scandalose e immorali.
Le feste sacre nel corso del Medioevo divennero molto cupe e spesso austere data la successione di carestie e pestilenze che flagellava i popoli. Mantenevano ancora vari aspetti pagani, ma con numerose punizioni corporali in pubblica piazza e nel privato che segnano questa epoca come una delle più violente.
Nei secoli successivi, l’importanza delle feste sacre si affievolì come l’interesse della filosofia in un dio superiore. Questo comportò un progressivo allontanamento di alcuni strati della popolazione dalle tradizioni. Coloro che rimasero fedeli ai riti furono le genti più povere, emarginate, superstiziose, esoteriche, tra cui noi napoletani.
Con il tempo le feste sacre divennero motivo di lucro per i gruppi criminali, i quali guadagnavano molti soldi tramite gli appalti, i cantanti, persino tramite i gruppi di sbandieratori. Le feste sacre divennero un vero e proprio business tanto da azzerarne quasi il valore religioso ed emotivo.
La progressiva lontananza delle generazioni rispetto alle feste sacre ormai chiuse nei paesi ha comportato anche, per fortuna, l’allontanamento dei gruppi criminali dalle stesse.
Le feste sacre non sono solo un modo per professare la propria religione, ma anche un’occasione per continuare a tramandare e far vivere il folclore e le tradizioni di una comunità.
Bibliografia
Testimonianze di civiltà: indagine storico-artistica su Marano, Calvizzano, Villaricca, Calvizzano, Russo, 1989
Peppe Barleri, Parrocchia di S. Giacomo e testimonianze archeologiche romane a Calvizzano, Calvizzano, VI.ESSE.TI, 2002
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