Secondigliano
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Si chiama “Secondigliano” perché distante due miglia da Napoli. Eppure non sono tutti d’accordo, poiché si discute sulla presenza in loco della nobile famiglia romana dei Secondili. Una cosa è certa: Secondigliano è uno dei casali più antichi di Napoli, noto sin dall’VIII secolo e citato nei diplomi di Carlo I e Carlo III d’Angiò, col nome di Secundilianum.

La fertile campagna di Secondigliano tra ricche coltivazioni e ville

Il borgo di Secondigliano riforniva, grazie alle sue fertilissime campagne, gran parte della città di frutta, vino, grano, ortaggi e cereali. La coltivazione del gelso e della seta furono le peculiarità dell’area almeno fino al 1585, quando il duca d’Ossuna aprì la strada di Capodichino dove insisteva una fitta boscaglia abitata da ladri.

Il destino del quartiere cambiò dalla terribile carestia del 1656, oltre che a seguito dei terremoti del 1688 e 1694, di fronte ai quali nulla poterono Cosma e Damiano, i santi protettori del circondario e ai quali è consacrata la più grande chiesa di Secondigliano, costruita nel 1695.

Chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Secondigliano

Il Settecento fu tristemente caratterizzato dalla scelta di questo territorio per le impiccagioni e le esecuzioni capitali. Le cose migliorarono nell’Ottocento quando sorsero diverse ville con giardini sul retro, un po’ per la piacevole posizione campagnola a due passi dalla città e un po’ per migliorare l’aspetto di quello che a tutti gli effetti era il “biglietto da visita” per chi arrivava dalla provincia.

Secondigliano moderna, tra colate di cemento e stragi

Nello scorso secolo, Secondigliano fu scelta per essere sede di un carcere (divenuto uno dei più affollati d’Italia) e di diverse zone residenziali popolari: fu così che, con una colata di cemento, nacquero il rione 167, le Case Celesti e il rione dei Fiori, tristemente noto come “terzo mondo”.

Secondigliano, al di là delle faide di camorra, è spesso ricordata per due tragici avvenimenti degli ultimi tempi.
Nel 1996, esattamente la sera del 23 gennaio, si scatenò l’inferno: una spaventosa voragine si spalancò oltre il grande quadrivio, inghiottendo auto in transito, passanti e l’ala di un palazzo di tre piani. Alte lingue di fuoco si alzarono dal sottosuolo, come in un girone dantesco. Una tragedia mai vista che costò la vita a 11 persone dovuta al crollo di un tunnel sotterraneo. Da quattro anni in costruzione, esso prevedeva l’unificazione nel sottosuolo dell’asse mediano tra Miano e la rotonda di Arzano. Nel corso dei lavori avvenne l’esplosione di una condotta del gas e si squarciò la terra.

Alla follia umana è invece dovuto uno degli spargimenti di sangue più orribili che Napoli ricordi. Il pomeriggio del 15 maggio 2015, l’infermiere quarantanovenne Giulio Murolo, armato di un fucile a pompa, di un fucile da caccia e di una pistola, sparò all’impazzata dal balcone della sua abitazione in via Miano, uccidendo come un cecchino 5 persone, tra cui il fratello, la cognata e un vigile urbano. Altre 5 persone furono ferite in strada raggiunte da una raffica di proiettili. Alcuni mesi dopo, Murolo si tolse la vita nel carcere di Poggioreale. Una carneficina già passata alla storia come la “strage di Secondigliano”.

Padre Gaetano Errico, “‘O superiore”

Secondigliano è stata zona di santità, capace di esprimere un uomo dalle mirabili gesta: don Gaetano Errico, “‘O superiore”, canonizzato nel 2008 durante il Pontificato di Benedetto XVI. Nato il 19 ottobre 1791 e morto il 29 ottobre 1860, Errico seguì le orme di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e fondò la congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, la cui casa madre è ubicata nella chiesa dell’Addolorata in via Dante, 2 .

Secondigliano
Padre Gaetano Errico

Alla statua dell’Addolorata con angeli situata nel tempio è legato un aneddoto significativo. Don Gaetano si rivolse, per la sua realizzazione nel 1834, al bravo scultore Francesco Verzella e nonostante egli avesse scolpito un’immagine dolcissima, il futuro Santo gliela fece modificare per ben 17 volte, al termine delle quali esclamò “Così era!” facendo capire che aveva visto la Madonna.

Statua dell’Addolorata nella casa madre

È solo uno dei tanti aspetti di un giovane di provincia, figlio di un pastaio e di una tessitrice, che fin dall’infanzia amava aiutare i poveri. Oggi il museo di Errico raccoglie tutti i cimeli e le testimonianze della sua vita, insieme con una cella sul cui pavimento spiccano due fossette, la la testimonianza di quante ore, inginocchiato, il Santo passava a pregare.

Fonti

“Misteri e segreti dei quartieri di Napoli” – Marco Perillo

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  1. napule Avatar
    napule

    giro p secondigliano

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