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Uno dei modi più diretti e affascinanti per studiare la storia di un territorio è sicuramente quello di approcciarsi ad essa attraverso oggetti fisici, ancor meglio se essi risultano acquistabili in modalità consone alle leggi per la tutela del patrimonio. Nel seguente articolo tratteremo proprio di alcuni di questi oggetti: le monete, annoverando una di esse per ogni re delle varie dinastie che governarono il Mezzogiorno. Il seguente articolo non sarà in alcun modo onnicomprensivo dell’intera monetazione del Regno, né della sua storia politica: vuole essere tutt’al più un contributo di natura divulgativa, destinato a chiunque volesse approcciarsi alla storia del Meridione e della sua economia e monetazione.

Monete
Roberto d’Angiò attorniato dalle Virtù, Bibbia d’Angiò

La monetazione meridionale durante il periodo angioino

Le monete coniate nel Mezzogiorno sotto i primi Angioini, cioè tra il regno di Carlo I e quello di Giovanna I, testimoniano un profondo cambiamento nell’assetto economico del Regno. Se, in periodo normanno-svevo, il metallo maggiormente adoperato nelle transazioni era l’oro, le nuove necessità legate ai mercati internazionali imposero, per la prima volta, l’adozione di un sistema bimetallico imperniato sull’argento.

In un primo momento Carlo I aveva mantenuto pressappoco inalterato l’assetto precedentemente vigente in periodo normanno-svevo, tuttavia una sempre maggiore domanda d’argento costrinse il primo angioino a riformare l’intero assetto monetario vigente, portando all’adozione della prima valuta d’argento di larga fruizione del Mezzogiorno medievale: il “Saluto“.

Simone Martini: San Ludovico da Tolosa che incorona Roberto d’Angiò

Il modello del saluto fu il Grosso Tornese francese, mentre per la valuta d’oro, chiamata sempre Saluto, si adottò come metro di paragone il Fiorino d’oro. Nonostante i vari esemplari di Saluti d’oro coniati sotto Carlo I e Carlo II sarà poi il Fiorino che diverrà, nel corso dei decenni, la valuta d’oro più popolare dell’intero Regno. Il motivo dietro una così larga fruizione di una valuta estera nei confini del Regno fu principalmente legato alla forte presenza di banchieri fiorentini nel Mezzogiorno, ai quali fu persino affidata la zecca, ove spesso furono coniati fiorini d’oro di conio uguale a quelli fiorentini.

Per le monete di rame e mistura, invece, gli Angioini non si discostarono molto dai loro predecessori, producendo multipli e sottomultipli di denari spiccioli di bassa lega, ampiamente circolanti, specialmente nel mondo rurale, tuttavia di bassissimo valore.

Stemma angioino presente, codice di Santa Marta

Le monete dei re angioini

Con Carlo I si assiste alla prima coniazione su larga scala di valuta d’argento nel Mezzogiorno. Era il Saluto, moneta d’argento che derivava il suo nome dalla scena incisa sul dritto: l’Annunciazione. In posizione enfatica, tra la figura dell’arcangelo e quella della Vergine, fu posta una pianta di Giglio, simbolo della dinastia. Sul retro della moneta era invece presente lo stemma della casata, bipartito tra lo stemma angioino e quello del regno di Gerusalemme.

Monete: Saluto d’argento di Carlo I, fonte: https://www.cronacanumismatica.com/l-annunciazione-in-tondello-sui-saluti-e-mezzi-saluti-dei-sovrani-dangio/

Con Carlo II la valuta d’argento cambia: inizia a esser coniato il Gigliato, moneta di peso maggiore del Saluto. Sul dritto aveva un ritratto del re in trono, sul rovescio una croce di Gerusalemme, dai cui rami si diramavano fiori di Giglio. Tale valuta acquisirà un’inusitata popolarità in gran parte del Mediterraneo, specialmente sotto il regno di Roberto d’Angiò.

Monete: Gigliato di re Roberto, fonte: https://www.sixbid.com/fr/nomisma-spa/10550/italian-coins/9136788/napoli-roberto-d-angio-1309-1343-gigliato

I Gigliati divennero talmente popolari da venire coniati, sempre a nome di re Roberto, per gran parte del periodo angioino e persino di quello aragonese. Per Giovanna I la moneta più rappresentativa fu forse il Fiorino d’oro da lei coniato in Provenza, recante sul dritto san Giovanni, patrono di Firenze e quindi presente su tutti i Fiorini, tanto le imitazioni tanto quelli coniati nella città toscana.

Silvio Sannino

Fiorino provenzale di Giovanna I, fonte: https://www.numisbids.com/n.php?p=lot&sid=5166&lot=527

Bibliografia

Abulafia D., Southern Italy and the Florentine Economy, 1265-1370, «The Economic History Review», 34, 3 (1981), pp. 377-388.

Abulafia D., Il grande mare, storia del Mediterraneo, Milano, Mondadori, 2021.

Baker J., Tipologia ed epigrafia nella evoluzione dei carlini in EOS, Collana di Studi Numismatici, Le monete della Messapia – La monetazione angioina del Regno di Napoli, Atti del 3° congresso nazionale di numismatica, Bari, 12-13 novembre 2010, Taranto, Scorpione Editrice, 2011, pp. 377-393.

Pannuti M., Riccio V., Le monete di Napoli, Lugano, Nummorum auctiones S. A., 1984.

Sambon A., Sulle monete delle provincie Meridionali d’Italia dal XII al XV secolo. L’edizione consultata per questo lavoro è parte delle prove di stampa mai pubblicate dal Sambon. Come riedizione recente si tenga presente quella del 2015 curata da Luca Lombardi.

Perfetto S., Per una cronologia ‘estrema’ del Robertino: Gli ultimi momenti Angioini nel regno di Napoli 1485-1486), «Acta Numismàtica», 48 (2018), pp. 153-169.

Perfetto S., I fiorini di conio fiorentino battuti a Napoli tra XIII e XV secolo, Canterano, Aracne editrice, 2021.

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