A Gragnano, nota in tutto il mondo come città della pasta, si conserva un’affascinante sistema idraulico risalente al Medioevo. Trattasi della Valle dei Mulini, ossia un’articolata sequenza di mulini alimentati ad acqua, che ha rappresentato per secoli il cuore dell’economia della cittadina dei Monti Lattari affacciata sul golfo di Napoli.

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Resti nella Valle dei Mulini. Ph. Gerardo Russo

Gragnano nella Repubblica d’Amalfi

I mulini a Gragnano esistevano già nel 1266. All’epoca il territorio, con il suo castello, era il confine settentrionale della Repubblica di Amalfi e si inseriva in un complesso sistema difensivo insieme al Castello di Lettere e al Castrum Pini (Pimonte). Dalle alture dei Lattari era infatti possibile controllare la pianura sottostante.

Ai piedi del Castello di Gragnano, edificato dagli Amalfitani, sorse la Valle dei Mulini. Gli operai della valle altri non erano che abitanti del borgo del Castello.

Il funzionamento dei mulini

La Valle dei Mulini era costituita da mulini alimentati ad acqua, che lavoravano in modo sequenziale tra loro. Era la stessa acqua a far funzionare ogni mulino, passando dal primo all’ultimo senza che ci fossero sprechi e realizzando in questo modo un sistema perfettamente ecologico. Oggi si contano i resti di 13 mulini.

Il passaggio dell’acqua avveniva sfruttando la naturale pendenza della valle, in cui si misura un dislivello totale di 130 metri. L’acqua scorreva da un mulino all’altro attraverso la forza di gravità, mettendo in moto una macina e riempendo delle enormi torri, una per ogni mulino. Un acquedotto permetteva tutto ciò, prelevando l’acqua in uscita da ogni mulino per farla scorrere al successivo più a valle.

Il mulino successivo veniva costruito in funzione del dislivello dal mulino precedente. Questo aspetto dimostra come la costruzione dei mulini fu il risultato di una visione e di progetto unico.

Ogni mulino era costituito da una torre di circa 8 metri, ossia un serbatoio che doveva essere sempre colmo d’acqua, in modo che la pressione potesse far girare continuamente la macina. Ogni torre terminava con un enorme imbuto, per permettere il passaggio dell’acqua. Alla base c’era la carceraria, un angusto locale dove era posta la ruota idraulica che azionava la macina, posta al livello superiore.

Le macine erano costituite da due ruote sovrapposte in senso orizzontale, dal diametro di 1,2 metri.

Le ricadute sociali della Valle dei Mulini

L’utilizzo di mulini alimentati ad acqua costituì una grande innovazione tecnologica, con grande ricadute sociali, in quanto permise di macinare il grano e trasformarlo in alimento in maggiori quantità e a ciclo continuo.

Le macine a trazione animale o umana permettevano una produzione molto inferiore, che veniva distribuita solo tra le popolazione più abbienti. La trazione ad acqua rese il consumo dei prodotti derivati dal grano molto più accessibile.

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L’antico acquedotto, nella Valle dei Mulini. Ph. Gerardo Russo

L’origine dell’acqua

L’acqua che veniva utilizzata nella valle proveniva dalla sorgente Forma, che si trova ancora oggi a 250 metri sul livello del mare. Gragnano può vantare diverse sorgenti a bassa quota, con l’acqua che si infiltra da montagne molto più alte (come il Monte Cervigliano, 1203 m), a si arricchisce viaggiando per circa un chilometro all’interno del sottosuolo montano.

L’andamento della valle segue il corso del torrente Vernotico, dove un tempo sgorgava l’acqua della sorgente Forma. Oggi questa viene utilizzata sopratuttto per rifornire la rete idrica regionale, arrivando anche ad alimentare l’isola di Capri.

Valle dei mulini: un distretto industriale a Gragnano

La fortuna dei mulini di Gragnano continuò anche nel periodo borbonico, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. I mulini furono modificati e utilizzati per sfamare la città di Napoli, che già all’epoca contava circa 400.000 abitanti. Fu allargato il canale dell’acqua e aggiunta una seconda macina ai mulini.

La posizione strategica di Gragnano, vicina al porto di Castellammare di Stabia, che permetteva l’arrivo del grano e la partenza del prodotto finito, favorì la creazione di un vero e proprio distretto industriale.

Il primo pastificio

Inizialmente i mulini macinavano solo grano tenero, ma dal Settecento si inizia a macinare anche grano duro, quello che serve per la pasta.

Risale al 1756 un contratto tra un monastero e un tale detto “Maccarunaro”, che aveva preso in affitto un mulino. Si suppone, da tale soprannome, che tale mulino fu ampliato al punto da poter diventare un pastificio, in quanto aveva sufficiente spazio all’aperto per asciugare la pasta e maggiore luce degli altri, per la particolare posizione. A tale mulino corrisponderebbe forse la nascita del primo pastificio di Gragnano.

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L’archeologia industriale della Valle dei Mulini. Ph. Gerardo Russo

Dai mulini alla conquista del mondo

I resti dei mulini e dell’antico acquedotto sono ancora oggi visibili, lungo un percorso che alterna natura e archeologia industriale. Alcuni mulini sono poi stati restaurati e permettono di comprendere l’antico funzionamento del sistema produttivo della valle.

Una storia in cui le sfide diventano opportunità. Il sistema nacque per compensare la carenza d’acqua degli Amalfitani. Utilizzando la stessa acqua ripetutamente non si correva infatti il rischio di sprecarla. La lavorazione del grano che ne scaturì avrebbe poi favorito indirettamente la produzione di pasta. Sebbene l’acqua non fosse tanta, al Sud Italia non mancava infatti il clima favorevole per asciugare la pasta, che ne avrebbe permesso la conservazione e quindi il commercio. Gli svantaggi si trasformarono così in grandi occasioni e la pasta salpò verso le Americhe insieme ai tanti emigranti italiani.

Bibliografia

Francesca Filippi; I love green. Oltre 100 idee per una vacanza nel verde; 2014

Sitografia

https://www.valledeimulinigragnano.it/

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