Sulle case di Viale Alfa Romeo a Pomigliano D’Arco ci sono dei simboli insoliti: un uomo che aggiusta un motore di un aereo, un altro all’interno di una cabina di pilotaggio, un altro ancora che monta un’elica. Ma come, non ci troviamo nella città dell’automobile?
Non è sempre stato così.
Pomigliano D’Arco nasce infatti attorno all’Alfa Romeo, ma in ambito aeronautico e trent’anni prima dell’Alfasud. L’intera pianta della città industriale è infatti stata disegnata a forma di aeroplano dall’architetto Alessandro Cairoli nel 1939. Durante la guerra, poi, furono rase al suolo quasi tutte le aziende e nel 1968 chiuse anche l’aeroporto di Pomigliano.
La capitale dell’aeronautica
L’idea di destinare il piccolo comune napoletano all’aeronautica fu suggerita a Mussolini dal PNF di Napoli, con un doppio intento: da un lato era un’occasione per creare occupazione in una provincia agricola e depressa, dall’altro lato era uno strumento per affermare la presenza del partito anche in provincia, dove agivano più liberamente gli antifascisti. Così fu.
Pomigliano D’Arco, nei progetti del 1939, doveva diventare uno dei poli industriali più avanzati d’Italia nel campo dell’aeronautica, che godeva di un momento d’oro grazie anche alla corsa agli armamenti cominciata già nel 1938.
Il progetto della città industriale fu affidato ad una stella nascente dell’architettura: il milanese Alessandro Cairoli, che all’epoca aveva solo 32 anni, ma già aveva fatto carriera nel partito fra Milano e Como. Il progetto fu presentato a Mussolini ad Aprile del 1936, in presenza anche del Direttore Generale dell’Alfa Romeo, e fu realizzato in un solo anno di lavori: nel 1940 l’impianto già lavorava a pieno regime con 6.000 operai impiegati. E addirittura nel 1942 la Alfa Romeo Avio commissionò a Cairoli la presentazione di un progetto di ampliamento del polo industriale, incoraggiata dai buoni risultati produttivi.
Peccato che, poco dopo, fu tutto raso al suolo dai bombardamenti.
Operai e dirigenti vivevano assieme
Nei progetti di Cairoli tutti gli operai di Pomigliano dovevano avere una casa con un orto da 90 metri quadri e dovevano vivere a pochi metri dalla fabbrica ,in modo da ottimizzare i tempi di viaggio da e verso l’azienda. Se lo guardiamo dall’alto, il Viale Alfa Romeo rappresenta la fusoliera dell’aereo, mentre la fabbrica arriva subito dopo le ali. La coda, invece, è rappresentata dal complesso di edifici residenziali.
Ogni formella di terracotta che si trova sugli ingressi degli edifici rappresenta un’eccellenza dell’Alfa Romeo Avio: dalla saldatrice al maglio meccanico, arrivando a piegatrici e banchi di montaggio. A chiudere la lunga schiera di disegni, c’è il rilievo di un pilota che testa l’aeromobile appena costruito dai suoi colleghi di terracotta.
L’idea di Cairoli era quella di replicare le architetture e le geometrie dure, nude e crude della sua Milano e infatti questa zona di Pomigliano somiglia molto ad una Lambrate un po’ più decadente. A pochi metri dal settore operaio, poi, sorgevano case dall’aspetto simile, ma con giardini grandi e più piani: erano gli alloggi dei dirigenti, che in pratica vivevano assieme agli operai delle varie fabbriche nate attorno all’impianto principale.
Il progetto non voleva essere quello di una sorta di “campo di concentramento” isolato dal resto del mondo: la nuova Pomigliano D’Arco fu infatti costruita accanto alla stazione della Circumvesuviana, inaugurata nel 1936, che avrebbe collegato la città a Napoli in pochi minuti.
Un ricordo sopravvissuto
Oggi la vista dei palazzi grigi, tutti uguali e un po’ cadenti ricordano atmosfere dell’Est Europa, un po’ come Nowa Huta o Belgrado. L’avventura dell’industria aeronautica militare precipitò dopo la guerra, anche se ancora oggi esiste un “polo aeronautico” di industrie a Pomigliano, proprio vicino allo stabilimento “Giambattista Vico” che nacque nel 1972 sulle ceneri dell’antica fabbrica di aerei.
Si chiamava “Alfasud” e nacque per creare occupazione nel Sud Italia, che aveva perso tutte le industrie in guerra. Ancora una volta in quell’operazione c’entrava l’Alfa Romeo che, per l’occasione, tolse la scritta “Milano” dal suo marchio, un po’ come se a Pomigliano si fosse unificata l’Italia nel nome dell’automobile.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Sergio Stenti, Città Alfa Romeo, CLEAN, 2003
https://webthesis.biblio.polito.it/5571/1/3691_it_abs.pdf
http://www.militarystory.org/stabilimento-alfa-romeo-di-pomigliano-darco/