Da New York alla Sanità
Il quartiere della Sanità negli ultimi anni si è trasformato in un vero “museo” di arte contemporanea e proprio in questi mesi sta nascendo una nuova straordinaria opera: la Pietà di Jago. L’atmosfera di vitalità e la genuinità del quartiere hanno stregato il celebre scultore, già conosciuto in città per l’opera il figlio velato. L’artista ha vissuto e lavorato negli ultimi anni a New York, dal mese di Febbraio del 2020 si è trasferito a Napoli ed ha aperto il suo laboratorio nella Sanità, da lui considerata la “New York del futuro”.
Per l’occasione è stata riaperta la seicentesca chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, situata nel borgo dei Vergini. L’edificio, per molti anni chiuso ed in stato di abbandono, è stato sistemato per essere adibito a laboratorio-studio. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla sensibilità del Fec ( Fondo edifici di Culto, del dipartimento del ministero dell’Interno) e all’intervento della Curia napoletana con padre Antonio Loffredo. Il progetto contribuisce alla rinascita culturale del quartiere che, dopo anni di abbandono, oggi vede sorgere accanto a chiese e monumenti antichi, tante opere di street art che colorano le strade ed attirano turisti da ogni dove.
La Pietà
All’interno della chiesa – laboratorio Jago da alcuni mesi sta lavorando alla sua nuova creazione, una scultura in marmo che rappresenta una Pietà contemporanea. La sua originale versione non rispecchia l’iconografia classica della Pietà, che prevede la figura di Maria-madre che sostiene Cristo–figlio. La scultura rappresenta un uomo sofferente che sostiene il corpo abbandonato di una donna.
L’ideazione dell’opera è iniziata ad inizio 2020 nel periodo del lockdown. Jago ha fatto la prima parte del lavoro ad Anagni. È li che ha realizzato i primi disegni, fatto il bozzetto in argilla, utile per capire le dinamiche del lavoro ed il modello sempre in argilla a grandezza naturale. Arrivato a Napoli, Jago ha proseguito con la creazione della Pietà, realizzando il modello in gesso. Un video pubblicato sui social mostra l’ultima parte di questa fase, momento in cui l’artista libera il volto della donna dalla forma in gesso e lo colloca sul corpo. Il modello in gesso ottenuto è il punto di riferimento che viene in questi mesi utilizzato per la traduzione dell’opera in marmo. Terminata, purtroppo l’opera lascerà la città di Napoli e sarà esposta in una chiesa a Roma.
Ad ognuno la sua interpretazione
Una Pietà, un uomo ed una donna, due corpi nudi, due persone, due figure, ogni persona può dare la propria interpretazione. Dietro ad ogni opera di Jago non c’è mai una sola spiegazione ma ognuno di noi può riconoscersi nell’opera e interpretarla in modo personale. Jago ama parlare attraverso le sue sculture, ogni colpo di scalpello è una parola impressa nel marmo, questo è il suo linguaggio ed è superfluo aggiungere altro. Di sicuro la scelta di sostituire la figura della donna con un uomo come “sostenitore” rimanda a diverse riflessioni come il tema della paternità o quello dell’esistenza di una categoria di uomini in grado di saper amare, soffrire e patire.
Osservando l’opera c’è un dettaglio che si nota subito: la somiglianza tra il volto della figura maschile e quello di Jago. Questo particolare potrebbe far pensare ad un desiderio di autoritratto dell’artista, ma in realtà non è così. È stato il “caso” a determinare questo aspetto. Chiuso nel suo studio, durante il lockdown, Jago era solo e l’unico strumento a sua disposizione per fare un accurato studio d’espressione, era uno specchio.
Qualsiasi sia l’interpretazione data alle sue opere, l’aspetto fondamentale per Jago è riuscire a trasmettere emozioni, far si che anche tra 200 anni qualcuno possa riconoscersi nelle sue opere, superando così la prova del tempo.