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Dalla sede di uno dei più antichi sedili di Napoli ai monumenti dell’antica Roma. Vico Sedil Capuano ci affascina sin dal primo momento, quando vediamo il suo ingresso a Via dei Tribunali, caratterizzato dai suoi archi angioini che ci accolgono all’inizio della strada.

Avventuriamoci e scopriamo quanti viaggi nella Storia si possono fare in soli 500 metri di strada.

Vico Sedil Capuano
Vico Sedil Capuano

Il Seggio di Capuana

Gli archi di Vico Sedil Capuano nascondono alla loro destra l’ingresso ad una delle istituzioni più affascinanti e antiche della città di Napoli: i sedili erano infatti le “unità amministrative” dei vari quartieri della città: erano entità alle quali potevano partecipare solo i nobili di determinate famiglie, ne abbiamo parlato qui.

Il Sedile di Capuana, oltre ad essere uno dei più antichi in assoluto, era anche uno dei più potenti: erano infatti solo i nobili di Capuana ad avere il privilegio di accogliere gli arcivescovi.

Prende il nome, secondo lo storico Pietro Giannone, dalla famiglia Capuano, che era una dinastia nobiliare di origini longobarde e probabilmente i primi fondatori della dinastia sono addirittura discendenti dei Greci.

Erano identificati come “Capuano” i discendenti dei principi di Capua, che erano una famiglia parecchio prolifica e molto attiva in campo militare e politico (poi il cognome fu volgarizzato e troviamo anche molti “Capuano” usati semplicemente per indicare l’origine territoriale). Dobbiamo fare attenzione: la famiglia Capuano fu iscritta anche nel Seggio di Portanova sin dalla sua fondazione, nel 1343.

Ai tempi dei cavalieri e dei re, quando c’era ancora Ferrante d’Aragona e nei primi anni del Viceregno, la sede del Seggio di Capuana doveva essere bellissima. Le fonti dell’epoca, infatti, ci raccontano che l’intera struttura sotto l’arco conservava dipinti di Andrea da Salerno che già nel XIX secolo erano spariti. Tutto il resto dell’edificio è stato completamente cambiato nel corso dei secoli e oggi non esiste più nulla di originale, fatta eccezione per l’arco angioino.

Ingresso Vico Sedil Capuano
l’ingresso a Vico Sedil Capuano in una litografia d’epoca

La chiesa di San Gennaro

Subito dopo troviamo una piccola chiesa dedicata a San Gennaro, che però è fatiscente e in pessime condizioni. È collegata al vicino Palazzo dei Caracciolo e fu costruita nel XVI secolo, in piena epoca vicereale. Era una cappella della famiglia Dentice, che non a caso partecipava al Sedile Capuano, ma fu presto venduta a Niccolò Caracciolo. Proprio qui dentro, prima delle riunioni, si riunivano in preghiera gli eletti del Sedile Capuano, dato che uno dei loro compiti primari era anche quello di difendere la Fede.

Ritroviamo questa chiesa nelle cronache molto più recenti: dopo il bombardamento americano del 1943 che distrusse la chiesa del Carminiello ai Mannesi, la Real Arciconfraternita dei Bianchi Cinturati fu spostata in questa piccola chiesa di Vico Sedil Capuano, che già all’epoca non era nello stato migliore. Poi ci pensarono gli anni ’60 a dare il colpo di grazia: l’arciconfraternita entrò in una profonda crisi economica e fu costretta a lasciare la chiesa, che è abbandonata da allora. I Bianchi Cinturati, poi, furono sciolti ufficialmente solo nel 2000, dopo circa 5 secoli di attività: furono fondati nel 1586!

Vico Sedil Capuano Palazzo Caracciolo
L’affresco con lo stemma della Famiglia Caracciolo all’interno del Palazzo Caracciolo a Vico Sedil Capuano

Il Palazzo dei Caracciolo

Assieme alla chiesetta dedicata a San Gennaro, nel tempo dei viceré di Napoli l’intero vicolo prese il nome dalla famiglia Caracciolo, che non a caso era fra le più importanti del Sedile Capuano.

Fu costruito da Niccolò Caracciolo nel XVI secolo, sotto il governo di Pietro di Toledo e, in origine, aveva due ingressi: uno da Vico Sedil Capuano e l’altro a Vico Santa Maria Vertecoeli, che oggi è stato murato ed è diventato un appartamento.

Il nostro Niccolò non fu un uomo di poco conto: il Re nel 1558 lo nominò presidente del Regno di Sicilia. Era una delle cariche più alte a cui un suddito poteva aspirare, dato che era di fatto il sostituto del Viceré in caso di malattia, assenze o impedimenti. Di solito nel Regno di Sicilia erano nominati alle alte cariche solo uomini della nobiltà isolana, ma non deve meravigliarci se compare anche un napoletano fra questi nomi: Niccolò Caracciolo era nipote di Marino Ascanio Caracciolo, vescovo di Catania (anche lui napoletano), che rinunciò alla diocesi catanese per piazzare suo nipote.

La lapide a Gneo Pompeo Eufrosino a Vico Sedil Capuano

Un antico mausoleo romano a Vico Sedil Capuano

Ogni dettaglio può nascondere una meraviglia. E questa lapide romana, che si è conservata in modo quasi perfetto, è un portale nello spazio e nel tempo che ci connette direttamente con il mondo antico. Benedetto Di Falco ci racconta che nel 1631 le scritte avevano ancora i profili in oro, oggi ovviamente non ci sono più.

Recita così:

CN POMPEIUS EUPHROSINUS
ET IUNIA GEMELLA UXOR
EX BONIS SUIS HOC SIBI SUM P(O)SUERUNT

Non confondiamo il nostro protagonista con Gneo Pompeo Magno, il condottiero che fu prima alleato e poi avversario di Cesare. Il “napoletano” Gneo Pompeo Eufrosino, con la moglie Giulia Gemella, doveva essere un liberto proveniente da un ramo della stessa famiglia del più famoso condottiero: i liberti erano schiavi che, tramite le complesse procedure legali del diritto romano, venivano liberati e acquisivano lo status di quasi-cittadini.

Le sue origini non patrizie sono suggerite anche dal cognome, palesemente di origine greca. Ευφροσυνη (eufrosine), è infatti un nome greco che significa “portatore di felicità” ed è anche il nome di una delle tre Grazie. Ahinoi non possiamo sapere altro sulla storia e sul viaggio che portò il nostro Eufrosino in quel vicolo di Napoli che, in epoca imperiale, si trovava appena fuori le antiche mura greche. Con una buona dose di certezza possiamo dire che questa lapide era la base di una statua dedicata ai coniugi o ad una divinità tutelare e, tutt’attorno a noi, in tempi antichissimi avremmo potuto trovare un monumento funerario che fu probabilmente raso al suolo quando i Caracciolo costruirono il loro palazzo. O meglio: fu raso al suolo tutto, tranne quella lapide, che fu inglobata nel nuovo edificio.

Possiamo dire che, ovunque si trovino, le anime dei due sposi saranno davvero felici nell’immaginare che, pur rimanendo sconosciuti in un futuro inimmaginabile per i loro tempi, ancora oggi possono raccontare la loro piccola storia agli uomini del III Millennio attraverso una lapide sopravvissuta per miracolo a Vicolo Sedil Capuano.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Nobili Napoletani
Carlo Celano, Gianpasquale Greco, Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli, Rogiosi Editore, Napoli, 2018
Gaetano Nobile, Un mese a Napoli, descrizione della città di Napoli e delle sue vicinanze, Volume II, Napoli, Stabilimento tipografico del Cav. Gaetano Nobile, 1863
Benedetto Di Falco, Raccolta di Vari Libri ovvero opuscoli d’historie del Regno di Napoli, Napoli, 1631

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  1. Raffaele Avatar
    Raffaele

    Che dire se non cose belle di te . Grazie

    1. Federico Quagliuolo Avatar

      È un onore leggere queste parole, grazie!

  2. Ana Avatar
    Ana

    Stavo cercando informazioni sul Vico sedile Capuano e ho trovato la vostra pagina… davvero bella , grazie!

    1. Federico Quagliuolo Avatar

      Grazie mille, sarà un piacere raccontarti sempre nuove storie!

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