C’era un tempo in cui, poco oltre il villaggio di Fuorigrotta, esisteva il Lago di Agnano. Viene descritto così dal Duca di Noja: pieno di rane e serpenti, il luogo più inospitale di tutta Napoli e contorni.
In effetti, per tutta la sua Storia, non è ricordato mai con parole lusinghiere e quando fu prosciugato ci fu una enorme festa. La zona paludosa cominciava infatti proprio qui e finiva a Mondragone, con una lunghissima fascia di terreni paludosi e dall’aria pestilenziale, come testimoniano le opere dei Regi Lagni e il nome “Vico di Pantano”, l’attuale Villa Literno. Ma Agnano in particolare aveva una pessima fama: oltre ad essere un lago inospitale e pieno di zanzare, rane e serpenti, era anche ciò che rimaneva di uno dei crateri dei Campi Flegrei. E quindi era presente anche una terribile puzza di zolfo.
Nonostante una presentazione così negativa, la zona era frequentatissima: proprio qui infatti si lavorava la canapa per la e, soprattutto, si praticavano numerose attività venatorie: il lago era un territorio frequentatissimo da uccelli predatori e folaghe che, a loro volta, erano facile bersaglio per i cacciatori. E non dimentichiamo i crostacei e i pesci: le tinche e i gamberetti di Agnano erano un cibo economico e facile da reperire.
Storia del Lago di Agnano
Tutto nacque intorno al X secolo. Almeno probabilmente. L’unica certezza è che il lago di Agnano non è antichissimo: la conca esiste sicuramente da millenni, mentre l’acqua probabilmente arrivò a riempire l’area del lago all’epoca del Ducato di Napoli, forse a seguito di qualche movimento tellurico. Sappiamo che le dimensioni erano davvero ragguardevoli (fino a 12 metri di profondità e una estensione di circa 1,03 chilometri) e sin dalla sua comparsa in terra napoletana diventò un grosso grattacapo per tutti. Il primo a legiferare in merito fu Roberto d’Angiò nel XIV secolo: ordinò a tutti i sudditi presenti nelle zone di Agnano di tenere costantemente puliti e liberi da ingombri i canali di scolo dei campi coltivati, in modo da non creare nuove paludi e zone malsane.
L’origine del nome Agnano
Le teorie sono molte. La prima si riferisce al termine “anguis“, serpente in Latino, dato che era convinzione comune che il lago fosse popolato da serpenti terribili e assassini. Altri invece ritengono che venga da “Annianum“, quindi un toponimo prediale (ovvero un luogo che ha preso il nome dal praedium, il fondo della famiglia che lo possedeva). In questo caso sarebbe un territorio posseduto dalla famiglia Annia.
Il lago degli scienziati e delle malattie
La colpa fu di Alfonso d’Aragona. Nel 1452, per liberare le strade di Napoli dai lavoratori della canapa, che rendevano l’aria irrespirabile, decise di spostare per legge tutte le attività proprio ad Agnano. Cominciò così la decadenza di questo luogo, assieme a quello del Fusaro.
Fu nei tempi del Viceregno che il Lago ottenne il momento di peggior fama in assoluto: l’intera Europa, e Napoli in particolare, era terrorizzata dalle epidemie di peste e altre malattie. E proprio nel 1656 arrivò a Napoli un’epidemia di peste che uccise in pochi mesi i tre quarti della popolazione.
Fra i focolai, ovviamente, non poteva mancare Agnano fra gli indiziati a causa dell’aria irrespirabile: era infatti credenza medica dell’epoca quella che le malattie si diffondessero nell’aria malsana. E fu proprio per questa ragione che ad Agnano venne di persona Lazzaro Spallanzani, lo straordinario biologo emiliano, che fu il primo a scoprire l’origine vulcanica del lago e a studiarne le proprietà delle acque e degli animali. Non dimentichiamo anche Michele Tenore, che studiò la flora del luogo.
…e il lago di turisti e delinquenti
La storia del lago di Agnano nel XIX secolo prese una piega davvero molto strana. Durante il Grand Tour che i nobili e i ricchi d’Europa facevano nella tappa napoletana, infatti, molti erano attratti dai posti più insoliti e pericolosi di Napoli e dintorni. Se infatti sappiamo che ad esempio Edgar Allan Poe rischiò di rimanerci secco all’interno dei canali d’aerazione del Tunnel di Seiano, diventarono famosissime le visite al Lago di Agnano, curiosi per la fama pessima della zona. In particolare, l’attrazione più amata fu la “Grotta del Cane”, luogo di crudeltà verso gli animali.
Arrivano le bonifiche
Era il 1865 quando cominciò la bonifica, circa vent’anni prima della tragica epidemia di colera del 1884, ma Napoli di disastri sanitari ne aveva vissuti già moltissimi.
Lo testimonia proprio la stele di Fuorigrotta che, non a caso, obbligava ai controlli sanitari qualsiasi persona volesse entrare a Napoli venendo dalle parti di Agnano proprio per paura di un’epidemia.
Si pensava infatti che l’aria pestilenziale e la scarsa igiene fossero causa naturale di malattie come la malaria, peste e colera. Questa convinzione rimarrà fino al XX secolo.
Il primo a sostenere il fatto che non ci fosse alcuna correlazione fra le malattie e la lavorazione della canapa fu il medico Ferdinando Palasciano dimostrando come, nonostante Ferdinando II di Borbone avesse vietato la lavorazione della canapa attorno al Lago di Agnano, l’incidenza delle malattie era addirittura aumentata e non diminuita in zona. Nei progetti borbonici era anche presente un piano di bonifica della zona di Agnano. Doveva cominciare nel 1835, ma i proprietari terrieri si opposero strenuamente, temendo di perdere i loro guadagni con la canapa. Almeno fino al bando del 1856, quando il re trovò un compromesso eliminando la lavorazione del prezioso materiale sulle coste di Agnano e concedendo in compenso i terreni che sarebbero risultati dalle opere di bonifica.
Il Regno delle Due Sicilie, però, non durò abbastanza per vedere iniziate le opere sotto la corona napoletana.
Il progetto ripreso subito dopo l’Unità ricalcava sostanzialmente ciò che era stato già immaginato in periodo borbonico e rappresentava anche un’importantissima opera per rilanciare le attività imprenditoriali a ovest di Napoli, creando un’area di espansione e nuovi territori fertili: questa fu la prima operazione che si concluse solamente negli anni ’30, con la bonifica della riviera domizia e dei Regi Lagni.
E così si procedette fino al 28 ottobre 1870, non senza numerosi intoppi.
Il ritorno ai tempi antichi
I lavori di bonifica furono lunghi e costosissimi e portarono una sorpresa inaspettata: sotto il lago, infatti, scorrevano ben 72 sorgenti termali rimaste intatte sin dai tempi dell’Antica Roma. Una volta tornate libere, si pensò bene di sfruttarle creando le Terme di Agnano proprio nel luogo in cui ancora oggi ci sono i resti degli impianti di origine greca e romana.
Da luogo di morte a terra di guarigione: grazie ai fanghi radioattivi e alle acque termali, oggi l’ex “pestilenziale” lago di Agnano è il luogo consigliato dai medici per curare i traumi ossei, le malattie renali e i problemi ginecologici. Paradossi della Storia.
Riferimenti:
Giuseppe Fiore, Il Lago di Agnano: una realtà distrutta e dimenticata, RCE multimedia, 2013, Napoli
Giovanni Carafa, Duca di Noja, Mappa topografica della città e de’ suoi contorni
Agnano e il lago scomparso | AsciaCatascia
AGNANO in “Enciclopedia Italiana” (treccani.it)
Opere di Lazzaro Spallanzani: Viaggi alle due Sicile e in alcune parti dell … – Lazzaro Spallanzani – Google Libri
Una via d’acqua tra Agnano e Bagnoli, dopo 150 anni. Il lago non c’è più, ma il tunnel è ancora in attività (segnideitempi.it)
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