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Strabone è stato tra i geografi più influenti della storia dell’umanità. Intellettuale greco, nato intorno al 64 a.C., ebbe modo di vivere a Roma e conoscere la penisola italica. Fu autore dell’opera “Geografia“, testo di fondamentale importanza per la ricostruzione storiografica del mondo antico mediterraneo. Tra i luoghi di cui tratta c’è anche l’odierna Campania. Rivevere la costa tirrenica attraverso gli occhi di un geografo di duemila anni fa può costituire un’esplorazione inedita e affascinante.

Chi era Strabone

La “Geografia” è l’unica opera pervenuta quasi per intero di Strabone. Della sua biografia si sa poco. Ereditò probabilmente una ricchezza tale che gli consentì di formarsi e dedicarsi agli studi e ai viaggi, come un greco colto della sua epoca. Raggiunse per la prima volta Roma a vent’anni, nel 44 a.C.. Probabilmente con la sua opera intendeva essere utile alla società in cui viveva, in particolare ai governanti.

Nell’opera, composta da 17 libri, si trovano descrizioni geografiche del mondo abitato conosciuto alla sua epoca, oltre a informazioni di ogni tipo su paesi e popoli citati. Oltre all’Italia, Strabone tratta dell’odiena Europa, oltre che di Asia Caucasica e Minore, India, Persia, Assiria, Siria, Arabia, Egitto, Etiopia e Libia. I libri V e VI sono dedicati all’Italia, al cui si muove da Nord a Sud lungo la penisola. All’interno si ritrovano, come una mini guida turistica d’altri tempi, rappresentazioni a fini orientativi sulla Campania, il Sannio, il territorio dei Piceni e la Lucania, le zone che compongono i confini politici della regione odierna.

Dal litorale domizio

La Campania di Strabone inizia da Sinuessa, anticà città corrispondente alla zona di Sessa Aurunca. Da lì Strabone descrive un “golfo di considerevole grandezza”, che si estende fino a Miseno. Il golfo successivo (quello di Napoli) è invece più grande del primo e Strabone lo riporta come “Crater“. Estremità del secondo golfo campano sono i due capi, quello di Miseno e quello di Athenaion (corrispondente a Punta Campanella, estremità della penisola sorrentina). All’interno delle coste, spiega Strabone, si trova invece una pianura molto fertile, come testimoniato dal grano di grande qualità. Dalla Campania i Romani facevano inoltre venire i vini migliori, tra cui il Falerno, lo Statano, il Caleno e il “Surrentino”.

Dopo Sinuessa si trova Liternum (odierna Villa Literno), dove Strabone segnala, tra i punti di interesse, la tomba di Scipione l’Africano, come se fosse un’attrazione da vedere a ogni costo per un turista proveniente da qualche paese lontano.

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Averno. Ph. Gerardo Russo.

Campi Flegrei

C’è poi Cuma, secondo Strabone la più antica delle colonie, e dopo la palude Acherusia (odierno Lago di Fusaro). Si doppia poi Capo Miseno, davanti alle isole di Pitecusa e Prochyta, e si giunge a Baia, famosa per le acque termali, note tra la popolazione benestanti e adatta per guarire alcune malattie, il cui nome deriva da Baio, compagno di Ulisse. I laghi di Lucrino e Averno sono invece dei golfi per Strabone. Si riporta come nell’Averno fossero localizzate alcune storie omeriche e che gli abitanti del luogo, prima della costruzione di edifici nella zona, lo identificassero come una Porta degli Inferi. Notiamo come già ai tempi di Strabone la Campania fosse famosa per essere la terra dei miti!

Si passa a Dicearchia, che i Romani ribattezzarono come Puteoli, per l’abbondanza di pozzi. A Strabone sono note le esalazioni di zolfo tipiche di queste terre, oltre alle qualità naturali della sabbia, ideale per la costruzione (ossia la famosa pozzolana). Si parla della zona come della regione Flegrea, il cui calore deriverebbe dalla ferite dei Giganti colpiti dai fulmini. Segue poi Neapolis, di cui si parla dei famosi giochi sacri simili a quelli greci. Viene inoltre descritta come un luogo per ritrovare tranquillità, ideale per affrontare la vecchiaia o un periodo di malattia, scelto da molti Romani che desiderano cambiare vita. Una sorta di via di fuga dalla stressante Roma.

Vesuvio e Penisola sorrentina

Scendendo lungo la costa si trova Herculaneum, poi Pompei e il fiume Sarno, di cui viene sottolineata la forte funzione come mezzo di comunicazione per le importazioni e le esportazioni. Sono citate anche Nola, Nuceria e Acerrae. Del Vesuvio Strabone parla come di un luogo circondato da campi bellissimi, in cui riconosce però rocce fuligginose “come se fosssero state divorate dal fuoco” e la fertilità connessa proprio alla presenza di cenere.

Surrentum si trova invece lungo l’Athenaion, il promontorio della penisola sorrentina che Strabone collega alle Sirene, poco distante da Capri. Viene citato un tempio di Atena, presente nei pressi dell’odierna Punta Campanella, fondato da Ulisse. Sono riportate anche le isolette al largo della Costiera amalfitana, note come Sirene, corrispondenti all’arcipelago de Li Galli.

Qui finisce il golfo conosciuto con il nome di Crater, delimitato da due promontori che guardano verso mezzogiorno: il Miseno e l’Athenaion. È tutto adornato in parte dalla città che abbiamo detto, in parte da residenze e piantagioni contigue fra loro, che offrono la vista di una città continua.

Strabone
Strabone
Vesuvio visto da Sorrento. Ph. Gerardo Russo.

L’entroterra

Dell’entroterra Strabone riporta Capua, la più importante città campana, Teanum, lungo la via Appia, Calatia, Caudium e Beneventum, oltre a raccontare la storia dei Sanniti e degli Irpini, il cui nome deriverebbe da hirpos, ossia lupo. Si citano, tra le varie, anche città dell’odierno Molise.

Dalla Costiera amalfitana al Cilento

Da Pompei a Marcina (nei pressi di Vietri) si descrive la presenza di un istmo, non meglio identificato, corrispondente probabilmente alla dorsale dei Monti Lattari della Costiera amalfitana. Da lì in poi ci si sposta nel territorio dei Piceni, piccola diramazione dei Picentini dell’Adriatico, che arriva fino al fiume Silaris, ossia il Sele, che avrebbe la proprietà di pietrificare le piante senza che esse perdano colore e forma. Città principale era Picentia (odierna Pontecagnano), a cui fu contrapposta Salernum, fortificata dai Romani proprio per proteggersi dai Piceni.

Dopo il Silaris, Strabone spiega che si entra nella Lucania, che corrisponde parzialmente all’odierno Cilento. La prima città è Posidonia, già nota come Paestum al tempo del geografo. Viene descritta l’isola di Leucosia, poco distante dalla costa, il cui nome deriva da una Sirena affogata in mare. Successivamente si incontra Hyele, nota al tempo di Strabone come Elea, dove nacquero Parmenide e Zenone, di cui l’autore riconosce l’importanza. Di fronte la città si descrivono le isole Enotridi, che però oggi non sono più visibili. Prima di passare alla costa dell’odierna Calabria, Strabone cita il promontorio di Palinuro e Pissunte, ossia Policastro.

Strabone
Isola di Licosa. Ph. Gerardo Russo.

La toponomastica di Strabone

Si riportano di seguito i nomi utilizzati da Strabone, oggi modificati o scomparsi, e i corrispondenti riferimenti geografici odierni.

Sinuessa: Sessa Aurunca

Liternum: Villa Literno

Acherusia: Lago Fusaro

Pitecusa: Ischia

Prochyta: Procida

Dicearchia: Pozzuoli

Neapolis: Napoli

Crater: Golfo di Napoli

Herculaneum: Ercolano

Surrentum: Sorrento

Athenaion: Punta Campanella

Calatia: Maddaloni

Caudium: Montesarchio

Beneventum: Benevento

Marcina: Cava de’ Tirreni / Vietri sul Mare (secondo altre interpretazioni Fratte)

Picentia: Pontecagnano

Silaris: Fiume Sele

Posidonia: Capaccio Paestum

Leucosia: Isola di Licosa

Elea: Ascea

Pissunte: Policastro Bussentino

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L’antica Elea. Ph. Gerardo Russo.

Un racconto antico e familiare

Già ai tempi di Strabone la Campania era la terra del mito, nota come ricca di zone fertili e prediletta dai viaggiatori più facoltosi o da chi era in cerca di pace e tranquillità. Ritroviamo nelle sue parole tanti termini geografici scomparsi, ma anche descrizioni che potrebbero sembrare attuali.

Viaggiare lungo la costa campana seguendo parole scritte qualche millennio fa può aiutare a riscoprire qualcosa di solo apparentemente sepolto, come isole non più visibili ma di cui magari si conserva misteriosamente, in qualche abitudine, un nome. La lettura di Strabone può sembrare sia antica che familiare e il geografo può tanto apparirci come la guida turistica di un’area archeologica che come l’anziano parente che ci racconta i tempi che furono. Sicuramente le sue descrizioni non appaiono eccessivamente lontane, per tutti i campani che ritrovano, nella sua mappa geografica parlante, nient’altro che la propria casa.

Bibliografia

Strabone; Geografia: L’Italia – Libri V-VI.

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