Procida fu salvata dall’Arcangelo Michele. Proprio quell’isola suggestiva che tutti noi conosciamo e che è impossibile non amare, fu infatti teatro di un insolito evento che oggi vogliamo raccontarvi.
L’isola, infatti, ospitò una diatriba che ebbe come protagonisti due personaggi molto insoliti: si parla di un corsaro ed un Arcangelo.
L’evento in questione si data 1534: nell’isola di Procida arrivò, con la sua ciurma di spietati pirati, il corsaro Khayr-al-Din, comunemente conosciuto anche oggi come Barbarossa.
Il nostro corsaro era famoso per la sua ferocia e la dimostrò anche in questo caso: di fatto, egli distrusse gran parte del rione di Terra Murata, allora parte più abitata dell’isola. Tutti gli uomini furono ridotti in schiavitù, le coltivazioni, curate con tanto amore dai procidani, o furono saccheggiate o distrutte.
I procidani, però, in seguito all’efferato attacco, non si persero d’animo. Quando i feroci pirati guidati da Barbarossa decisero finalmente di lasciare l’isola, piano a piano essi ripresero a vivere: tutto fu ricostruito, si riorganizzarono le coltivazioni ed i loro animi si risollevarono. Finalmente, si sentivano di nuovo liberi di vivere. Purtroppo, però, questa sensazione non durò a lungo.
Al primo saccheggio, infatti, ne seguì un altro solamente dieci anni dopo, ma questi fu anche più atroce e devastante del primo.
Ed è qui che entra in gioco l’altro protagonista della nostra storia: l’Arcangelo Michele.
La leggenda narra che fu proprio l’Arcangelo a fermare i pirati musulmani.
Dunque, quando Barbarossa cercò di spingersi a tutta velocità con le sue navi verso l’isoletta, si trovò di fronte un avversario davvero inaspettato, ma non per questo meno temibile. L’ Arcangelo, infatti, pur di proteggere Procida, la cinse con alte fiamme e nel frattempo minacciava Barbarossa e la sua ciurma con la sua grande spada scintillante.
Dopo essersi assicurato che i cittadini fossero tutti al sicuro, decise di passare all’attacco mettendo in fuga i pirati: iniziò quindi ad inseguire la nave di Barbarossa, lanciandole contro pesanti fulmini. I pirati, non riuscendo a battere in velocità i fulmini dell’Arcangelo, decisero di buttare in mare ancore e catene pur di guadagnare terreno e così riuscirono a fuggire.
Ancora oggi, infatti, i pescatori procidani raccontano di aver visto sui fondali vicino all’isoletta le catene e le ancore che furono gettate via durante la fuga dall’Arcangelo.
Non è, dunque, un caso che i procidani siano tanto devoti a San Michele, il loro salvatore, così devoti da farne il proprio protettore. Per l’Arcangelo, infatti, è stata anche innalzata l’Abbazia del rione di Terra Murata, nel punto più alto dell’isola.
-Cristina Bianco
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