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Con i suoi leoni e la sua presenza elegante al centro del vialone della Villa Comunale, la fontana della Tazza di Porfido (meglio conosciuta come “fontana delle paperelle” perché frequentata dalle anatre) è uno degli elementi decorativi più belli della passeggiata che Ferdinando IV chiamò “la delizia del re”.

Il problema è che un pezzo di questa fontana, in realtà, non doveva star lì. O meglio: la parte superiore apparteneva al Duomo di Salerno e fu Francesco I a chiedere di spostare la coppa dal capoluogo alla capitale, dopo numerosi cambiamenti.

La fontana della tazza di Porfido: la base è stata completamente ridisegnata. L’elemento preso da Salerno è la coppa superiore che si trova sopra i leoni

La fontana della tazza di Porfido: un monumento indeciso

La vasca della fontana fu costruita sul finire del ‘700, in occasione del nuovo rifacimento della Villa Reale, e cambiò per ben tre volte il suo monumento centrale.
Inizialmente infatti re Ferdinando commissionò a Giuseppe Sanmartino una grande scultura con i volti di Partenope e Sebeto. Durò però molto poco, circa 20 anni, perché il re, durante una delle sue passeggiate in villa, vide la fontana al centro della passeggiata e cambiò idea. Voleva qualcosa di memorabile, colossale, unico.

E fu così che chiamò uno dei suoi collaboratori più fidati per dirigere i lavori: sotto la direzione di Pietro Bianchi fece piazzare il Toro Farnese, uno dei pezzi più belli del Museo Archeologico Nazionale. L’architetto di Lugano, invece, si occupò di ridisegnare la fontana e i quattro leoni alla base del monumento centrale così come li vediamo oggi. Furono anche messe quattro statue allegoriche che rappresentano le quattro stagioni (e infatti si chiama anche “fontana delle quattro stagioni“)

Questa nuova disposizione, però, durò per circa 30 anni: si capì che era parecchio sconveniente tenere un monumento di tale portata così esposto alle intemperie. Si sarebbe presto rovinato!

Fontana della Tazza di Porfido con toro farnese
La fontana della tazza di porfido con il Toro Farnese

Era il 1826 e, morto Ferdinando, Francesco I decise di far ricoverare il toro nel museo. Il direttore dei lavori era sempre Bianchi, ma stavolta l’incarico fu delicatissimo: doveva trasferire da Salerno a Napoli una interessantissima fontana che stava in città da circa 800 anni. Il re di Napoli l’aveva notata durante una messa nella Cattedrale di Salerno e pensò che era un ornamento perfetto per sostituire il monumento antico.
Probabilmente si trattava di una fontana di origini molto antiche, proveniente da Paestum. Fu poi portata a Salerno e, infine, a Napoli. E da lì non si è più mossa.

I salernitani si sentirono abbastanza defraudati, ma nessuno osò mai reclamare al re la fontana: le amministrazioni comunali rimasero in deferente silenzio. Solo dopo l’Unità d’Italia ci fu qualche timida protesta, ma ormai era chiaro che nessuno l’avrebbe fatta tornare indietro. Il chiostro della Cattedrale di Salerno si accontentò così di un’altra fontana più piccola e di moderna fattura, lasciando un pezzo della sua Storia sull’altro golfo della Campania.

-Chiara Sarracino

Riferimenti:
Aurelio De Rose, Le fontane di Napoli, Newton Compton, Roma, 1994

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