La SSC Napoli non è prima squadra di calcio della città: scopriamo la storia del calcio a Napoli.
Il porto di Napoli, conservando la sua tradizione millenaria, nei primi del ‘900 era fra i più attivi e ricchi in Europa ed intratteneva numerosi scambi commerciali con ricchi imprenditori inglesi, che avevano le loro sedi legali a Via Marina e dintorni.
A Porta di Massa, in un ufficetto della ricchissima linea di crociere Cunard Lines, lavorava un umile impiegato, tale William Poths, che nel 1903 convocò alcuni amici in un momento di noia, proponendo loro un gioco: perché non organizzare una partitella a football fra amici, il gioco che sta spopolando in Inghilterra? “Basta una palla, le regole sono facili!”
La prima riunione dei calciatori del Napoli
La sera stessa, stanchi dopo una giornata a smistar carte e spostare casse sulle navi, dieci impiegati invasero la pizzeria di Guglielmo Matacena a Vico Sanseverino: una strana accozzaglia di inglesi, svizzeri, olandesi ed italiani che, con accenti storpiati, stracci cuciti sui pantaloni e pochi soldi in tasca, per la prima volta parlarono nella lingua più conosciuta al mondo, quella del pallone.
Con il vigore e la convinzione di un giocatore consumato, Poths tenne un lungo monologo raccontando regole e storia del calcio inglese, mentre al tavolo sedeva sorridente un tal Mario Bayron, un ex calciatore del Genoa, che raccontò agli amici le sue meravigliose esperienze nel neonato Genoa Football.
E, come nel più inaspettato cliché, calcio, mare e pizza si unirono per dare origine alla prima squadra della città di Napoli, con un pizzico di Genova.
…e la prima partita dei napoletani
Il giorno dopo, quasi come se fosse stato un duello fra uomini d’onore, si ritrovarono una decina fra straccioni e ricchi impiegati in un campetto in terra battuta e pieno di sterpaglie nel luogo più malfamato di Napoli, il Mandracchio. Dopo il primo calcio al primo pallone nella storia di Napoli, in campo i giocatori perdevano identità: il manovale passava il pallone all’operaio, lo scribacchino parava il tiro al marinaio inglese che, vedendo i suoi compagni giocare a football, interveniva nella partitella: i partecipanti diventarono sempre più numerosi e tutti erano ammessi al gioco.
Era nato il Naples Football and Cricket Club e la prima partita “internazionale” fu giocata contro i marinai inglesi della nave Arabik.
Anche il popolino trovò interessante quello strano spettacolo così democratico: dopo le prime risate di qualche ubriacone, le donne iniziarono ad urlare scandalizzate nel vedere che uomini a torso nudo urlavano in un campetto di sterpaglie rincorrendo un qualche oggetto che riuscisse a rotolare.
Così, il primo pubblico fu proprio quello dei contestatori: cominciarono a volare gli sputi, le battute e la frutta marcia sui giocatori che, pur di non rinunciare al loro passatempo, decisero di spostarsi.
Il football: un fatto di popolo
Quasi come una sorta di Fight Club del pallone, i marinai furono costretti ad abbandonare il campetto del Mandracchio e si trasferirono a Capodichino, in un luogo abbandonato che i Borbone utilizzavano per le parate militari, il Campo di Marte che, qualche anno dopo, diventò l’Aeroporto.
Dopo una iniziale diffidenza, il football conquistò tutti: iniziarono a nascere in ogni luogo della città campetti da calcio, con porte di fortuna e giocatori improvvisati: dai ragazzini ai nuotatori ai professionisti, il terreno d’incontro preferito diventò il Poligono di Tiro a Via Campegna e cominciarono a sorgere come funghi decine di squadre cittadine, fra cui la Juventus (di Napoli), il Savoia, la Puteolana 1909 e la Internazionale (che nacque da soci dissidenti della Naples Footbal).
Le partite cominciarono a giocarsi regolarmente, in veri e propri tornei, tutte disputate in un campetto di sterpaglie ad Agnano: i posti a sedere costavano 50 centesimi e servivano a pagare le maglie ed i palloni. Così, come passatempo, i giovani benestanti della città, pagavano con piacere il prezzo per assistere allo spettacolo.
La prima rosa ufficiale fu composta da: Kock, Garozzo, Del Pezzo, Little, Steinegger, Marin, Scarfoglio, McPherson, Chaudorir, Poths, Ostermann. La maglia ufficiale era a strisce verticali celesti e azzurre, colori che, poi, sono rimasti sempre sulla maglia ufficiale del Napoli.
Fra gli spettatori più illustri ci fu il il ricchissimo imprenditore Thomas Lipton (sì, proprio il fondatore della Lipton) che, desideroso di creare per la prima volta un torneo di squadre del Sud, decise di inaugurare la Lipton Cup. Fu il primo torneo con un premio in denaro, in cui si sfidavano ogni anno in finale il Naples ed il Palermo.
La Carta di Viareggio
Arrivò poi il Fascismo ed il calcio era ormai un fenomeno di costume in tutta Italia, tanto da richiedere una regolamentazione da un regime che faceva dello sport uno dei suoi vanti: fu la Carta di Viareggio del 1926 a disciplinare, per la prima volta nella storia, il campionato di calcio italiano, unificando i campionati di Nord e Sud. Fu ordinato, inoltre, di unire tutte le squadre della città, per formare rose compatte con i migliori giocatori. Era nato ufficialmente il calcio professionistico e il Napoli fu preso dall’imprenditore Giorgio Ascarelli, anche se le stagioni durante il ventennio non furono esaltanti (fatta eccezione per i campionati 1933 e 1934)
Così, dal 1926 in poi, la storia del calcio nella città di Napoli fu puro amore.
-Federico Quagliuolo
P.S.
una piccola curiosità: il portiere del Naples Football era solito portare con sé una sedia, che metteva all’interno della porta. Quando la squadra attaccava, infatti, lui si riposava. I match potevano durare anche 3 ore!
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