Il Culto di Priapo ha molto in comune con la Madonna di Piedigrotta. Il dio greco della fertilità viene tradizionalmente rappresentato con un fallo enorme e un corpo deforme, dovuto, secondo la leggenda, ad un maleficio di Era, gelosa dell’amore tra Zeus ed Afrodite, di cui era il frutto (altri miti, invece, ne attribuiscono la paternità a Dioniso o Adone).
Probabilmente il nome deriva da un composto di peos, per l’appunto pene, la cui abnormità caratterizza il dio.
Le statue di Priapo
Statue lignee di Priapo, dipinte di rosso, venivano poste nei campi e fuori le case, al fine di propiziare il successo del raccolto, l’abbondanza del bestiame e, soprattutto, la fecondità della famiglia, ma quei busti mostruosi servivano anche a tenere lontani animali indesiderati.
Nella città asiatica di Lampsaco sull’Ellesponto si trovava il suo centro culturale più importante: da qui il culto si diffuse in tutto il mondo greco, poi, in età ellenistica, anche in Italia.
La Campania, in particolare, fu teatro di un’intensa devozione per Dioniso e per il suo figlioccio. Qua, infatti, originarono le baccanali, feste mistiche celebrate in onore di Bacco, che ben presto si trasformarono in feste orgiastiche a cadenza quasi settimanale, occasioni di sfrenata immoralità e complotti politici: vennero, sì, abolite nel 186 a. C dal Senatus Consultum de Bacchanlibus, ma ben oltre tollerate.
Pompei era il cuore pulsante del licenzioso culto di Priapo, come testimoniano pitture e sculture superstiti nella città distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d. C (non a caso salutata dai cristiani come una punizione del Divino).
Il Culto di Priapo oggi
Il culto di Priapo, sebbene inconsapevolmente, si manifesta ancora oggi in tantissime forme. Ad esempio nell’usanza di carezzare un corniciello portafortuna per allontanare il malocchio. La forma falliforme, curva e non ritta, allude al portentoso membro del dio, che si presenta proprio con tale caratteristica. Il rosso, poi, richiama il colore in cui erano tradizionalmente dipinte le statuette raffiguranti Priapo.
Ottima alternativa al corniciello è il peperoncino rosso, che non solo gli assomiglia per forma e colore, ma che addirittura avrebbe il pregio di allontanare le malelingue con il sapore piccante.
Il culto di Priapo si lega indissolubilmente a quello della Madonna di Piedigrotta. In questi luoghi, infatti, ne celebravano i riti. Proprio nella Crypta Neapolitana (Parco Vergiliano), secondo accreditata tradizione filologica, Petronio ha ambientato la scena del Satyricon, in cui i tre protagonisti del racconto -Encolpio, Ascilto e Gitone- assistono ad un rito priapico. La leggenda vuole che nel 1353, durante il regno di Giovanna I, tre religiosi sognarono Maria che chiese loro di edificare nella grotta di Virgilio una chiesa al suo cuore immacolato. Tale volontà fu presto eseguita, soprattutto al fine di contrastare i riti osceni che ancora si celebravano. Nel 1666 don Pedro d’Aragona ordinò fosse eretta a metà della galleria una edicola dedicata a Santa Maria della Grotta, per contrastare i residui culti magici e misterici che ancora si praticavano.
La festa di Piedigrotta
Quindi quella della Madonna di Piedigrotta è una storia antichissima di contrasti tra i culti pagani e quelli cristiani. Qui la Madre di Dio poteva vantare una cappella antichissima, forse risalente al 1207, in cui si venerava la Madonna del Serpente o dell’Idra, perché vi era rappresentata mentre schiacciava il serpente-Demonio, animale simbolico nella cultura pagana. Nonostante i fermi propositi dei suoi promotori, il culto cristiano subì l’influenza della cultura pagana. Nel III secolo d.C infatti, l’antichissima celebrazione della Vergine sostituì le baccanali, mantenendone però i connotati sfrenati: la festa della Madonna di Piedigrotta, la più imponente e sentita manifestazione popolare partenopea, prendeva avvio nelle ore notturne e, come testimoniato da Eduardo, De Crescenzo, Gino Doria e Raffaele Viviani, degenerava spesso in zuffe, scherzi volgari e baraonde sfrenate (ovviamente la Piedigrotta era anche tanto altro, ossia carri allegorici, fuochi d’artificio e una stupenda manifestazione canora).
Poi, fino a qualche decennio fa le sposine novelle affrontavano un vero e proprio pellegrinaggio propiziatorio nella Crypta Neapolitana. E ancora oggi nel tripode della tomba di Virgilio vengono bruciati pizzini auguranti amori felici e fecondi.
-Danilo De Luca
Lascia un commento