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Se esiste una pietanza che identifica alla perfezione l’abbondanza culinaria del veglione napoletano, questa è l’insalata di rinforzo. D’altronde il periodo natalizio è un’apoteosi di piatti esuberanti di colori e sapori differenti. La tavola imbandita del cenone di Capodanno è la fotografia di tale ricchezza gastronomica dove si susseguono a ritmo incalzante antipasti, primi, frittura e tanto altro.

Cavolfiori, olive nere, olive verdi, capperi sott’aceto, peperoni sott’aceto (chiamati anche “papacelle“), sottaceti, acciughe, olio, aceto e sale sono gli ingredienti base della insalata di rinforzo. In realtà il concetto stesso alla base di questo piatto permette a chi lo prepara una discreta fantasia nella scelta degli ingredienti. Motivo per il quale ogni insalata di rinforzo non è mai uguale all’altra.

A essere sinceri, l’insalata di rinforzo è stata per molti anni la portata che meno ho apprezzato. Fin da bambino mi son sempre posto quesiti sulla sua utilità e quasi mai è stata vittima della mia gola. Forse anche perché al momento in cui solitamente si presenta a tavola i nostri stomaci sono già stati duramente messi alla prova da antipasti, primi, secondi, contorni e frittura in quantità. Se dunque da una parte ho concesso a questa ricetta solo qualche sporadico e distratto morso d’oliva, mi sono incuriosito sempre di più sulla sua origine, soprattutto in riferimento a questo nome così criptico.

Perchè si chiama “insalata di rinforzo”?

L’ipotesi più assodata è che il termine “rinforzo” sia legato all’idea che questo piatto venga continuamente “alimentato” a partire dal cenone natalizio con tutti gli avanzi dei generosi pasti. In tal modo si rafforzerebbe sempre di più, giungendo intaccato fino al 31 dicembre e oltre.

Per altri ancora la presenza dell’aceto, ingrediente essenziale per consentire la conservazione della moltitudine di componenti, rende più consistente e saporito il piatto. Più rafforzato, appunto!

In realtà la sua vera essenza ci riporta molto indietro nel tempo, quando la tradizione napoletana prevedeva, invece, una cena leggera (di “magro“) per il 24 dicembre che veniva quindi resa più sostanziosa da questa ricca insalata. Nella prima metà dell’800 Ippolito Cavalcanti descrive nel suo libro “Cucina teorico-pratica” un tipico menù della vigilia di Natale. Tra “vruoccoli zuffriti”,vermicielli aglio e uoglie” e “raoste vulluto” appare anche la “capponata con pesce miniata“.

È un piatto composto da biscotti di mezzo grano l’uno immersi in un intingolo di aceto, olio, sale e pepe. A questi si aggiunge, secondo il Cavalcanti, lattuga, scarole, pesce, capperi, olive, “peparoli in filettine“, carote, uova e tanto altro. Il piatto viene poi assemblato in forma piramidale e accuratamente impreziosito da decorazioni colorate tali da attribuirgli il termine “miniata“.

Un piatto molto elaborato che presenta sicuramente elementi di tangenza con l’odierna insalata di rinforzo. Insomma, che piaccia o meno, questa pietanza rappresenta senza dubbio la tradizione culinaria napoletana nel periodo delle festività invernali. Dal canto mio, per il cenone di Capodanno, mi impegnerò a riservare all’insalata di rinforzo un posto d’onore nel mio stomaco, concedendogli qualcosa in più di una semplice forchettata a un’oliva!

Fonti

  • U. I. Cavalcanti, Cucina teorico-pratica, G. Capasso. Napoli 1852
  • L. Pignataro, L’insalata di rinforzo: la ricetta definitiva, in “Luciano Piganatro Wine & Food Blog”
  • L’insalata di rinforzo: la ricetta, la storia e il significato del nome, in “Portanapoli”

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