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Nell’Europa del XVIII secolo, un nuovo modo di interpretare e pensare la realtà si faceva sempre più strada nel mondo culturale e, a cascata, nella vita della collettività. La Campania e Napoli furono vere e proprie fucine di pensiero, incarnate da Antonio Genovesi, Gaetano Filangeri, Ferdinando Galiani, alcuni tra i nomi che segnano la via dell’Illuminismo napoletano e italiano.

L’Illuminismo in Italia

L’Illuminismo è quella corrente di pensiero filosofica, culturale, politica, che punta alla “illuminazione” della mente dell’Uomo attraverso il “lume della ragione”.

Secondo questa dottrina, sviluppatasi nel ‘700, l’essere umano è annebbiato dall’oscurità, rappresentata da superstizione, ignoranza, schiavitù. Questi sono gli anni della nascita e della diffusione dell’Enciclopedia, della supremazia della ragione sull’irrazionalità, l’ignoranza e l’oscurantismo, del primato della Legge. Il movimento, nato in Inghilterra, si sviluppò in Francia, negli Stati Uniti e in Italia.

Gli ideali che portarono poi alla Rivoluzione Francese e alla Rivoluzione Americana infatti, erano concetti spinti da intellettuali definiti illuministi. Anche in Italia, Cesare Beccaria, nonno di Alessandro Manzoni, scrisse un’opera rivoluzionaria, chiamata: “Dei delitti e delle pene”, il cui concetto cardine era:

“Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev’essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a’ delitti, dettata dalle leggi”.

Introdurre nel dibattito delle tutele per il condannato, o prigioniero, in quanto essere umano titolare di diritti, nonché la concezione secondo cui la Legge e non l’imposizione e l’autocrazia del sovrano sia la vera guida, rappresentò un atto di coraggio da parte dell’autore.

Illuminismo in Campania e Nel Mezzogiorno

Insieme alla Lombardia di Maria Teresa e Giuseppe II d’Asburgo e la Toscana degli Asburgo-Lorena, il Regno di Napoli, guidato da Carlo di Borbone, rappresentò una enorme fucina culturale. Antonio Genovesi, Giambattista Vico, Gaetano Filangieri e Mario Pagano, rappresentano solo alcune voci di tale movimento.

Nel Regno il “Secolo dei Lumi” vive una stagione prospera e in maniera particolare la mentalità collettiva si allontana dalle tradizioni feudali o curiali, tanto che l’esperimento di una società “più moderna” diventa esempio per Nazioni estere e visitatori.

Alcuni, sintetici, esempi ci vengono forniti da Genovesi e Vico:

Antonio Genovesi, studioso e intellettuale campano

Antonio Genovesi, l’illuminista della felicità reciproca

Uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo in Campania è, senza dubbio, Antonio Genovesi, nato a Castiglione dei Genovesi (Salerno) e morto a Napoli, è riuscito, attraverso il suo pensiero e le sue opere, a contribuire alla creazione di una sintesi tra il sentire comune e i principi religiosi della fede cristiana.

La società civile, infatti, nel XVIII secolo, era caratterizzata da aspre critiche nei confronti della Controriforma e da un progressivo allontanamento dalla Chiesa, soprattutto riguardo il potere temporale che essa esercitava. “Libera Chiesa in libero Stato“, era la concezione portata avanti.

Influenzato dalla corrente illuministica inglese, specialmente da Adam Smith, Genovesi si concentrò sullo studio dell’Economia, al quale venne affidata anche una cattedra.

L’autore infatti riteneva che attraverso lo strumento economico le Nazioni avrebbero potuto raggiungere lo status di “potenza“.

Giambattista Vico è uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo nel Sud Italia

Giambattista Vico, il filosofo del divenire

Nato da un’umile famiglia a San Biagio dei Librai, Vico si impose negli anni come un punto fermo dell’Illuminismo in Campania.

Essendosi formato con gli scritti di Sant’Agostino, di Tacito, Platone e della Scolastica (per citarne alcuni), si pone in contrasto con le tesi di Cartesio e tradurrà il suo pensiero attraverso le sue opere, tra cui, la più nota è certamente la “Scienza nuova”.

La coscienza e la conoscenza, ovvero la concezione secondo la quale si è consci di ciò che si fa solo se si è capaci di riprodurlo. Ne deriva che all’infuori di Dio, nessun uomo può avere entrambe le caratteristiche.

La Storia poi è vista dall’illuminista come un concatenamento di eventi già predisposti, non casualmente, ed è compito del filosofo comprendere il fine ultimo degli eventi che si susseguono. L’autore aggiunge anche una visione ciclica, definita da età così suddivise: “Età degli Dei”, “Età degli Eroi” ed “Età degli Uomini“.

Il ritorno del potere e la fine dell’Illuminismo in Campania

Il movimento illuminista del Regno di Napoli, che aveva puntato a scardinare concezioni e pregiudizi di un mondo antico, e nei confronti del quale la società non si sentiva rappresentata, ebbe un epilogo non particolarmente felice.

Con il ritorno al potere dei Borbone, nel 1799, gli intellettuali che aderirono alla Repubblica Napoletana come Cirillo, Pagano e Ciaia, vennero giustiziati.

Tuttavia il sentimento comune, animato da ideali nuovi, continuava ad animarsi.

Fonti:

 Franco Venturi, Napoli capitale nel pensiero dei riformatori illuministi, in Storia di Napoli, Napoli

Giuseppe Maffei, Storia della Letteratura Italiana, vol. III, Livorno, Mazzajoli

Giovanni Tarello, Storia della cultura giuridica e moderna, Bologna, il Mulino, 1976

 Guido Santato, Letteratura italiana e cultura europea tra Illuminismo e Romanticismo

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