Filosofo, medico, scienziato di prim’ordine. Ma soprattutto l’uomo che scrisse il primo trattato di botanica sul cacao, ananas, pomodori e sulle piante americane, diffondendone le conoscenze in Europa.
Di Nardo Antonio Recchi probabilmente non abbiamo sentito mai parlare, eppure si tratta della persona che ha diffuso in Europa le scoperte di Francisco Hernandez, il conquistador spagnolo che per primo portò in Europa i prodotti che ancora oggi sono sulle nostre tavole.
Tutto cominciò, però, a Salerno nel 1540. O meglio: nella cittadina di Montecorvino, che oggi non gli ha nemmeno dedicato una strada.
Il medico personale di Filippo II
Il giovanissimo Leonardo è l’ennesimo figlio della tradizione antichissima della Scuola Medica Salernitana.
In realtà fino a 40 anni condusse un’esistenza felice nella sua Salerno: era stimatissimo e considerato fra i migliori scienziati del Regno di Napoli: laureato in lingue classiche, filosofia e medicina, politico esperto e intelligentissimo nel muoversi fra i complicatissimi intrighi della nobiltà e della Chiesa.
Alla fine arrivò la chiamata da Madrid: il Re in persona, Filippo II d’Asburgo, lo nominò “medico de la Casa Real“. Nardo Antonio Recchi aveva 40 anni e la sua carriera aveva raggiunto il successo.
Lo scienziato salernitano avrebbe dovuto gestire i giardini reali, studiandone le piante per valutare anche i loro usi officinali. Il suo lavoro piacque molto ai colleghi spagnoli e alla Corte. Tant’è vero che gli fu affidato un incarico gigantesco: riordinare il materiale portato da Francisco Hernandez di Toledo appena tre anni prima dal Messico.
Lo spagnolo ebbe infatti un “piccolo” inconveniente che gli bloccò qualsiasi attività in patria: fu bollato come “pessimo cristiano” a causa delle sue simpatie per i popoli centroamericani, che addirittura considerava al pari degli altri esseri umani. Questa cosa gli costò il posto e il lavoro fu affidato al salernitano Nardo Antonio Recchi, che in quel momento era in grande considerazione presso il Re.
Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus
Nardo Antonio Recchi, insomma, si trovò a riordinare e un enorme lavoro. Il suo predecessore, Hernandez, aveva lasciato infatti in eredità un manoscritto mai pubblicato di ben 15 volumi. E molte piante nuovissime e inimmaginabili, come il pomodoro, l’ananas, l’avocado o il peperoncino messicano erano intriganti per gli scienziati dell’epoca tanto quanto la scoperta dello Spazio per il XX secolo.
Recchi spiegò non solo i valori nutrizionali dei prodotti provenienti dalla Nuova Spagna, l’attuale Messico, ma anche le abitudini di consumo delle popolazioni locali.
Polemiche e contropolemiche
L’opera, che fu divisa in quattro volumi, cominciava con una prefazione di fuoco: Recchi attaccò tutti quelli che consideravano inutili i suoi sforzi. Molti infatti ritenevano insensata l’operazione degli scienziati, peraltro costosissima, perché i prodotti provenienti dalle Americhe erano considerati “stravaganti” e nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbero diventati parte della dieta quotidiana del mondo intero.
Se il pomodoro già aveva raggiunto un piccolo pubblico, altri frutti erano considerati assolutamente immangiabili, come l’ananas o il cacao. Oltretutto venivano coltivati in territori assolutamente inospitali e inadatti alle loro colture. Merito di Nardo Antonio Recchi fu anche l’intuizione di spostare le coltivazioni in luoghi più ospitali e fertili. Il primo beneficiario fu il pomodoro, che da frutto striminzito, acido e giallino coltivato in Francia, una volta giunto nel Sud Italia diventò il re della dieta mediterranea.
L’opera fu completata nel 1583, ma arrivò un coro di polemiche nate dallo stesso Hernandez che, nonostante fosse caduto in disgrazia, scrisse una lettera in cui affermò che Recchi era “un incompetente” e che aveva distrutto scientifico un lavoro durato 40 anni. La comunità scientifica si divise e cominciò un’enorme polemica fra favorevoli, contrari e invidiosi che non desideravano la presenza di uno straniero fra le firme del primo trattato scientifico sui prodotti americani.
Il ritorno nel Regno di Napoli
Alla fine Recchi, che di politica era abbastanza esperto, capì che tirava una brutta aria ed era meglio tornarsene a casa.
E lo fece con tutte le glorie del caso: nel 1583, concluso il suo lavoro, chiese al Re di essere rimandato a casa per motivi di salute. Fu accontentato, diventando così protomedico del Regno di Napoli, pari ad un ministro della sanità moderno.
Firmò anche un contratto con la Corona di Spagna: non avrebbe mai dovuto divulgare i contenuti del suo lavoro prima della pubblicazione dell’opera che, in realtà, fu rimandata continuamente.
Il problema è che l’intera classe intellettuale del Regno di Napoli moriva dalla curiosità di conoscere le incredibili cose scoperte nel Nuovo Mondo. E lo scienziato salernitano era estremamente deliziato dalle attenzioni ricevute.
Attorno a Nardo Antonio Recchi si radunarono, divorati dall’interesse scientifico, uomini straordinari come Gian Battista della Porta, Ulisse Aldrovandi e Ferrante Imperato. Tutti pendevano dalle labbra e dalle incisioni del salernitano.
Lui era diviso: se avesse divulgato i contenuti del suo manoscritto, la Corona probabilmente si sarebbe vendicata togliendogli gli incarichi o, peggio, con la morte. Se non avesse parlato, d’altro canto, si sarebbe inimicato gli scienziati napoletani e avrebbe perso il suo momento di gloria in patria.
Allora trovò una soluzione intermedia: cominciò a spifferare mezze verità e diverse bugie, convinto che presto avrebbe potuto vantarsi per il suo libro.
Un libro mai pubblicato
In realtà la pubblicazione del libro di studi sulle piante americane non arrivò, molto probabilmente perché a Madrid qualcuno aveva boicottato il suo lavoro. E Nardo Antonio Recchi morì a Napoli nel 1594, senza la gloria che tanto cercava. Sorte simile subì Francisco Hernandez, che fu anche condannato da una terribile sfortuna: i suoi studi originali sono andati persi nel 1671, durante l’incendio dell’Escoriàl.
Il manoscritto originale di Recchi, invece, finì fra le mani del nipote, Marcantonio Petillo, che dedicò allo zio addirittura un’opera teatrale. La pubblicazione arrivò però molto tempo dopo: era il 1651 e Federico Angelo Cesi, lo scienziato romano fondatore dell’Accademia dei Lincei, curò personalmente la pubblicazione del manoscritto del salernitano, scritto quasi un secolo prima. Furono aggiunte anche le illustrazioni e i disegni tecnici e, dopo quel momento, il testo finì fra le mani di tutti gli studiosi europei.
Il valore storico dell’opera di Leonardo Recchi è inestimabile, per quanto non sia una sua ricerca originale: grazie a lui e agli incisori che contribuirono alla realizzazione del libro, infatti, abbiamo il primo trattato scientifico sulla botanica dei prodotti americani. E non solo: grazie al lavoro di Francisco Hernandez, ordinato da Recchi, abbiamo anche salvato numerosissime conoscenze sulle tradizioni dei nativi americani legate ai prodotti della terra. Un esempio? Le proprietà afrodisiache dell’Avocado.
Presto, in tutta Europa, si sarebbero diffusi i frutti di queste importazioni del nuovo mondo. Ed oggi, in tante ricette tradizionali, trionfano patate, cioccolato e pomodori.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
RECCHI, Nardo Antonio in “Dizionario Biografico” (treccani.it)
Un medico salernitano ed il “Tesoro Messicano” – HistoriaRegni
De materia medica Novae Hispaniae Philippi Secundi Hispaniarum ac Indiarum regis invictissimi iussu – Biodiversity Heritage Library (biodiversitylibrary.org)
Recchi, Nardo Antonio (-1595) on JSTOR
Francisco Hernández – I NOMI DELLE PIANTE
Atlantic Materia Medica (brown.edu)
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