Intelligente, ricchissimo, carismatico, amante della cultura. Ferrante Sanseverino fu uno degli uomini più potenti dell’intero Regno di Napoli durante il XVI secolo.

La sua famiglia gestiva 300 feudi, 40 contee, 9 marchesati, 12 ducati e 10 principati, praticamente pari a un regno. Fu l’uomo che fece costruire l’attuale Chiesa del Gesù Nuovo e fu anche l’ultimo principe di Salerno. E non solo: fu tra i protagonisti della leggendaria battaglia di Tunisi. Poi riuscì a bloccare l’Inquisizione a Napoli. Ed addirittura per un intrigo politico si ritrovò contro l’imperatore Carlo V in persona.

Don Ferrante era amato dal popolo come un vero e proprio re, anche se non ebbe mai la corona sulla testa. E la sua fine fu tanto tragica e rovinosa quanto fu bella e appassionante la sua vita.

Ferrante Sanseverino
Ferrante Sanseverino nel momento di massimo splendore

L’eroe della battaglia di Tunisi

La storia di Ferrante Sanseverino, discendente di una delle più illustri e ricche famiglie nobiliari di Napoli, comincia con la spada.
Nacque infatti nel 1508, durante gli ultimi spasmi degli Aragona di Napoli. Era irrequieto, brillante, sveglio, abile in qualsiasi cosa provasse a fare. Sposò una donna che diventerà famosa per essere tanto intelligente e affascinante quanto lui, Isabella Villamarina, quando aveva solo 8 anni. L’unione si dimostrerà molto fortunata e i due, stando a quanto ci raccontano le cronache, si amarono per davvero.

Inizialmente si distinse in guerra: accompagnò infatti l’imperatore Carlo V nelle invasioni della Francia, ma è nella battaglia che portò alla conquista di Tunisi nel 1535 che si distinse per un valore tale da ricevere i complimenti e l’ammirazione dello stesso imperatore.

Battaglia di Tunisi
La battaglia di Tunisi

Feste e sfarzo nella chiesa del Gesù Nuovo

Sì, precisamente la chiesa del Gesù Nuovo. In origine non era un edificio di culto, ma “il palazzo più bello di Napoli”.
Fu costruito proprio su ordine di Ferrante Sanseverino in persona perché, verso gli inizi del ‘500, i nobili napoletani cominciarono una vera e propria corsa alla casa più bella, per dimostrare il proprio potere. E la famiglia Sanseverino non poteva tirarsi indietro.

Da questa attività edilizia sfrenata nacquero i famosi vicarielli di Spaccanapoli. Ma anche alcuni palazzi straordinari, come quello dei Carafa di Maddaloni; Marigliano e tantissimi altri.

Si racconta che la passione di Ferrante fosse il teatro, ma anche il canto. E lui stesso, durante le giornate passate con la nobiltà locale, si dilettasse spesso a intonare canzoni.
Don Ferrante era amatissimo dal popolo, anche perché le porte del suo palazzo erano sempre aperte: dove oggi c’è l’altare della Chiesa del Gesù, infatti, c’era un tempo un cortile nel quale si davano spettacoli gratuiti e aperti al pubblico. I popolo napoletano accorreva in massa per poterli osservare, con grande ammirazione verso il principe che, alla fine degli eventi, donava cibo e denaro ai più poveri.

Si racconta che, quando passava per le strade di Napoli, anche i cittadini più umili uscivano dalle proprie case per applaudire e ringraziare Ferrante Sanseverino. Era praticamente amato come un re in tempi in cui i re a Napoli non c’erano più.

Chiesa del Gesù Nuovo
L’interno della chiesa del Gesù Nuovo. Un tempo era casa dei Sanseverino

L’ultimo principe di Salerno

Sappiamo che Ferrante Sanseverino, quando non era impegnato fra intrighi politici, battaglie e feste sfarzose, amava dimorare a Salerno, che considerava di fatto la sua casa: non a caso fu l’ultima persona a vantare il titolo ereditario di “Principe di Salerno“. Questo titolo nobiliare fu riesumato solamente in epoca borbonica.

Per intendere bene il potere di quest’uomo, ci basterà pensare che all’interno del Castello di Arechi ospitò addirittura Carlo V d’Asburgo nel 1535, l’uomo più potente del pianeta.

Durante il periodo dei Sanseverino, Salerno si trasformò in una città vivacissima sia nella cultura che nell’economia. Giunsero infatti in riva al golfo numerosissimi artisti da ogni parte d’Europa, tutti ospiti della famiglia dei principi. Pensiamo ad esempio a Bernardo Tasso, il padre del più famoso Torquato, che visse a Salerno per molti anni proprio ospite dei Sanseverino. La città, nei trent’anni di dominio dei Sanseverino, diventò un’oasi felice e fu molto più simile alla corte rinascimentale di un ricco comune toscano che ad una provincia del Regno.

Con enormi investimenti portò di nuovo la Scuola Medica Salernitana ai vertici europei. E non è un caso se, negli anni a venire, troveremo nelle cronache moltissimi scienziati salernitani in giro per l’Europa. Pensiamo ad esempio a Nardo Antonio Recchi.

Salerno Ferrante Sanseverino
La Salerno di Ferrante Sanseverino

L’uomo che fermò l’inquisizione

Ma Ferrante non fu solo un uomo attivissimo in politica e nella cultura. Si avvicinò a Juan de Valdès, eretico e predicatore, che nel ‘500 si rifugiò a Napoli raccogliendo molti fedeli. Questa cosa fece scoppiare una grossa polemica soprattutto a Salerno, dove i valdesiani diventarono numerosissimi.

I rapporti fra la nobiltà napoletana e il potere del viceré Don Pedro di Toledo erano ormai ai minimi termini.
A Napoli si scontravano infatti due epoche opposte: gli antichi nobili feudatari, quelle famiglie diventate potentissime grazie agli Angioini e che decisero il bello e il cattivo tempo anche compromettendo le vite dei re di Napoli, e il nuovo potere imperiale, assolutista e accentratore, che rappresentava il viceré.

L’idea fu l’introduzione del tribunale dell’inquisizione spagnola a Napoli nel 1547: Pedro di Toledo sperava, con questo strumento, di poter controllare la nobiltà ribelle. E invece scoppiò una rivolta collettiva: proprio Ferrante Sanseverino, amatissimo dal popolo, assieme a Placido Di Sangro sollevò i napoletani in rivolta, portando tutti i baroni delle province contro il potere del Viceré.

La situazione fece preoccupare addirittura Carlo V, che fu costretto a convocare i capi della rivolta per trattare con loro: l’Inquisizione fu revocata.
E Ferrante girò trionfante per tre giorni interi fra le strade di Napoli e Salerno gettando oro ai cittadini e lanciando urla di vittoria, fra gli applausi del popolo.

Il viceré non ne poteva più.

Pedro di Toledo, il viceré di Napoli

La rovina di Ferrante Sanseverino

Quanto più è grande il potere, tanto più è disastrosa la rovina.

Pedro di Toledo non faceva sconti a nessuno, a maggior ragione in un periodo delicatissimo della Storia del Regno di Napoli, in cui bisognava far accettare – con le buone o con le cattive- il nuovo potere. Per sconfiggere un uomo tanto potente e tanto amato dal popolo, però, bisognava aspettare il momento giusto. Altrimenti sarebbe scoppiata una rivolta.

Ferrante Sanseverino fu segnalato dal viceré come elemento pericolosissimo, richiedendo l’intervento diretto dell’imperatore Carlo V che, dall’alto dei suoi domini infiniti da gestire e con l’America tutta da scoprire, era molto seccato dalle vicende napoletane.
Diede al viceré carta bianca.
E fu così che il tribunale religioso lanciò un’accusa di eresia e sodomia, ma Sanseverino ne uscì pulito. Poi, nel 1551, Don Ferrante subì un attentato notturno dal quale uscì solo leggermente ferito.
Il principe capì che l’aria era davvero pesante e decise di fuggire a Venezia.

Don Pedro aveva appena trovato l’occasione giusta per incastrarlo.

imperatore Carlo V
L’Imperatore Carlo V d’Asburgo. L’uomo più potente del mondo allora conosciuto, i suoi domini non avevano limiti

La fuga a Venezia fu la scusa perfetta per convincere Carlo V: il Viceré disse che Ferrante Sanseverino era fuggito a Venezia per cospirare contro la corona, addirittura forse voleva diventare re di Napoli.
L’imperatore, preoccupato da una simile comunicazione, convocò immediatamente il napoletano a Madrid. Ferrante non si presentò e non rispose, nel timore che fosse una trappola.
Era davvero finita.

Il Consiglio Collaterale decretò la condanna a morte per infedeltà alla corona.

Fu così che lo stesso uomo che aveva donato immensi poteri e ricchezze a Don Ferrante, diventò improvvisamente il peggior nemico: tutti i feudi dei Sanseverino furono confiscati, Ferrante fu costretto a fuggire in Francia e passò per davvero gli ultimi anni della sua vita a complottare contro la Spagna, nella speranza di poter tornare a Napoli.

Bernardo Tasso Ferrante Sanseverino
Bernardo Tasso, padre di Torquato. Fu uno degli amici più stretti di Ferrante Sanseverino

La fine di un disperato

Fra i suoi tentativi estremi, andò addirittura anche a Costantinopoli e quasi riuscì a convincere i turchi, gli stessi che Carlo V aveva sconfitto assieme a lui, ad invadere Napoli e trasformare il Sud Italia in una colonia ottomana con lui a capo. Il piano era goloso, ma avrebbe scatenato una guerra intercontinentale senza precedenti. La proposta fu declinata e Ferrante fu allontanato dai domini turchi.

Tutto inutile. L’uomo che da giovane fu un eroe di guerra, principe sfarzoso e potentissimo, si trovò a sessant’anni troppo vecchio per vendersi come mercenario, senza più un soldo in tasca e senza nemmeno un tetto sulla testa. Perse anche la moglie fedelissima: dopo la cacciata dal regno, Isabella fu rinchiusa ad Avellino e morì nel 1555.
Ferrante Sanseverino chiuse per l’ultima volta gli occhi nel 1568, a Orange, “senza nemmeno un soldo per farsi scavare una fossa“.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Carucci, D. Ferrante Sanseverino Principe di Salerno, Salerno, 1899
Raffaele Colapietra, I sanseverino di Salerno, mito e realtà del barone ribelle, Pietro Laveglia Editore, Salerno, 1985
Giovanni Antonio Summonte, Historia della Città e del Regno di Napoli, Antonio Bulifon, Napoli, 1671
La battaglia perduta del principe di Salerno – la Repubblica.it
Famiglia Sanseverino (nobili-napoletani.it)
Ferrante Sanseverino e la cultura a corte | il Quotidiano di Salerno
La corte rinascimentale dei Sanseverino principi di Salerno – Maria Antonietta Del Grosso (damatoeditore.it)

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