Il mare, Agropoli ed un triste amore, questi sono gli elementi della storia di Ermengarda, la Regina Verde protagonista di una delle leggende che ancora oggi risuonano in Campania, specialmente nella provincia di Salerno.
L’arrivo dei Saraceni ad Agropoli
Intorno l’anno 882, il dominio bizantino nel meridione mostrava i primi segnali di debolezza, come ad esempio l’occupazione saracena della città di Agropoli.
Qui gli invasori costruirono una nuova fortificazione cittadina, denominata ribàt, si insediarono ed imposero le proprie leggi.
Una volta presa la città, il capo dei Mori si autoproclamò re e, ponendo sulla testa di sua figlia la corona, fece di Ermengarda una regina.
Ermengarda, la “Regina Verde”
Schiva, timida, melanconica e ritenuta “senza gioia”, così vengono descritti l’animo e la personalità della giovane principessa.
Riguardo il suo aspetto, esso ebbe dei particolari risvolti non appena la donna scese dalla nave, precisamente nel momento in cui il velo che copriva il suo volto cadde in acqua, rivelandone la sua bellezza.
Dei grandi occhi, un colorito pallido ed una pelle lucida che, riflettendo al sole, le donavano un’aura di color smeraldo, da qui il soprannome a lei attribuito: “la Regina Verde“.
Bella, giovane e dalla posizione privilegiata, la giovane ricevette numerose proposte di matrimonio da parte di ricchi signori e nobili, locali e non, i quali venivano puntualmente rifiutati, causando sofferenza nel cuore di Emengarda.
Si racconta inoltre che la giovane, data l’impossibilità di ogni uomo e pretendente di farla innamorare, si lasciasse andare in lunghi pianti.
Il triste amore
Desolata e triste, Ermengarda quasi casualmente, durante una passeggiata sulla spiaggia di Trentova, incontrò un giovane uomo, dalle umili origini, un pescatore.
Guardandolo la bella giovane avvertì qualcosa di inspiegabile muoversi dentro di lei ma, rispettando i rigidi parametri sociali del tempo, decise di non rivolgergli la parola, guardandolo però intensamente, e venendo contraccambiata dall’uomo in questa intesa.
Quella stessa notte la principessa, dopo essere tornata al castello nel quale dimorava, si promise di non cercare più il pescatore, dal momento che nessuno che non fosse nobile avrebbe potuto richiedere la sua mano, tuttavia ormai in cuor suo sentiva di essersi invaghita.
Il giorno dopo, tornando sul luogo del loro primo incontro, la giovane prese coraggio ed iniziò a parlare con il ragazzo e dalle loro conversazioni iniziò a germogliare il seme del sentimento.
La sua aria malinconica venne spazzata via, era allegra e felice passando del tempo e pensando all’amato, persino il suo colorito pallido era cambiato, arrossendo in presenza dell’uomo.
Gli incontri tra i due divennero frequenti, ogni notte gli amanti passavano del tempo insieme suggellando il loro amore e parallelamente la vita della principessa si riempiva di gioia.
La “regina verde”, come veniva chiamata a causa della carnagione, diventava pian piano più rosea, riscaldata dal sentimento profondo.
Una notte però la principessa accese il fuoco, mentre attendeva il pescatore nel luogo del loro appuntamento, il quale non si presentò, deludendo e facendo soffrire la giovane donna, che nelle notti seguenti continuò ad aspettare il suo amato.
Successivamente apprese la straziante notizia: il pescatore, a causa di una tempesta in mare, era morto inghiottito dalle onde e non sarebbe mai più tornato nel luogo del loro amore.
Inconsolabile e disperata, Ermengarda decise di porre fine alla sua vita con un gesto estremo, si lanciò da una rupe e finì in mare, suicidandosi.
Fu il Dio del Mare che, sentendo le urla di dolore e guardando le copiose lacrime della giovane decise di salvarla trasformandola in una ninfa, affinché non morisse.
Ancora oggi, stando alla leggenda, in una grotta subacquea del mare di Agropoli, tutte le notti si sentono i richiami di Ermengarda, la regina verde, che richiama il suo amato pescatore.
Fonti:
La Greca, Fernando., Fra Paestum, Velia e Palinuro : ricerche di storia antica, Licosia edizioni
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