La storia che ci racconta Capo Miseno, promontorio che veglia sul lungomare di Bacoli, è un miscuglio omogeneo di leggende e realtà.
La “montagna” di Miseno è alta solo 164 metri, ma nonostante ciò risulta ben visibile nella sua maestosità da tutte le posizioni del Golfo di Pozzuoli, fin anche dalla Punta di Sorrento. La sua posizione è infatti il suo punto di forza, tanto da erigere un faro sull’estremità sud come riferimento per i naviganti.
Capo Miseno, un promontorio latino
Capo Miseno non è un promontorio qualunque: ciò che noi possiamo ammirare è solo una piccola porzione di un ben più vasto cono vulcanico che risale a decine di migliaia di anni fa; la sua origine è deducibile osservando la montagna dal mare, dove si scorge una piccola parte della caldera che compone una sorta di anfiteatro naturale. Ciò che rimane risulta il marchio di fabbrica della costa bacolese, con la tipica forma trapezoidale che ha assunto nel tempo.
Storicamente il luogo era sfruttato dalle flotte romane come testa di ponte per giungere verso i mari occidentali: non dimentichiamo che proprio qui c’era la Classis Misenensis, la più grande flotta dell’Impero Romano ed anche della Roma repubblicana.
Troviamo inoltre numerose costruzioni, come ville e cisterne risalenti all’epoca romana. Alla base della montagna sono inoltre presenti il Sacello degli Augustali e la Grotta della Dragonara.
Bussiamo alla porta di Virgilio
Oggi Capo Miseno è particolarmente conosciuta per la prossimità con le spiagge di Bacoli e Miliscola, meta estiva di gran parte della popolazione napoletana e non solo; tuttavia la fama di Miseno va ricercata in tempi lontani millenni da noi, ossia quando Virgilio cominciò a scrivere l’Eneide.
Dal Libro VI veniamo a conoscenza di Miseno, trombettiere di Enea, la cui bravura fu oggetto di forte invidia da parte del Dio Tritone. Lo stesso Tritone, che non poteva tollerare che un umano potesse essere così bravo da surclassarlo, sfidò Miseno e vedendosi sopraffatto dal suo talento lo fece sprofondare nel mare uccidendolo. Il corpo venne poi ritrovato dai suoi compagni, che decisero di seppellirlo in cima al promontorio, che da quel momento prese il nome del trombettiere.
Questi i versi che ne raccontano la storia:
…allor che giunti
nel secco lito in su l’arena steso
vider Miseno indegnamente estinto;
Miseno il figlio d’Eolo, ch’araldo
era supremo e col suo fiato solo
possente a suscitar Marte e Bellona…
…seguí l’arme d’Enea: ché non fu punto
inferiore a lui. Stava sul mare
sonando il folle con Tritone a gara,
quando da lui, ch’astio sentinne e sdegno
(se creder dêssi), insidïosamente
tratto giú da lo scoglio ov’era assiso,
fu ne l’onde sommerso. Al corpo intorno
convocati già tutti, amaro pianto
ed alte strida insieme ne gittaro;
e piú de gli altri Enea (Virgilio, Eneide VI)
-Guido Daniele Villani
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