Si dice che il modo migliore di nascondere una cosa sia quello di metterla palesemente in mostra. Ed allora quale soluzione è più furba del rendere la magia un gioco popolare, un grimorio nero liberamente accessibile da ogni mano?
Le carte napoletane: un viatico per il sovrannaturale
Ogni partita con le carte napoletane è infatti un incontro con il sovrannaturale, una scientifica alchimia che unisce numeri, simboli e forze occulte; un gioco di anime condotto da ignari stregoni che maneggiano allegramente simboli millenari dell’antico oriente.
Cosa rappresentino le carte è un mistero: giunte a Napoli grazie agli spagnoli, furono rubate agli arabi. Le carte turche erano a loro volta un concentrato di conoscenze occulte ereditate da antichi culti bizantini misti a rituali magici indiani e cinesi, arrivati in medio oriente grazie ai numerosi scambi commerciali dei popoli islamici.
I giochi di carte furono un successo: mentre i nobili alchimisti e gli indagatori dell’occulto si radunavano nell’Ospedale degli Incurabili alla ricerca della vita eterna, il il popolo trovò la sua strada nel paranormale diventando il custode delle antiche tradizioni della cartomanzia.
Creare un mazzo di carte, infatti, era un procedimento affrontabile solo da una manodopera specializzata: ogni produttore aveva i suoi disegni e le persone ammesse alla produzione di carte erano selezionate con un rigidissimo procedimento di apprendistato che anche agli occhi del popolo più ignorante era sacro.
Come un popolo di anonimi Michelangelo estinto senza gli onori della Storia, i creatori delle carte napoletane furono, per quasi un millennio, i custodi e continuatori nei secoli di antichissime formule magiche, fino ai tempi della produzione industriale.
Fu proprio per merito di questa misteriosa casta di artisti che le carte napoletane, nella loro storia, non cambiarono mai forma: Denari, Coppe, Bastoni e Spade non potevano variare in alcun modo la propria natura, altrimenti il mazzo di carte sarebbe stato maledetto ed avrebbe evocato energie maligne durante il gioco. Uno dei pochi uomini noncuranti di questa maledizione fu proprio il re Vittorio Emanuele II che, sfruttando l’amore del popolo verso i giochi di carte napoletane, per fini di propaganda impose la stampa della sua immagine al posto del Re di Spade e quella di Garibaldi al posto del 9 di bastoni.
Il cartomante
Mentre i miserabili giocavano d’azzardo e si gettavano in risse e scommesse nelle osterie di Toledo e del Lavinaio, nei sentieri senza luna che caratterizzavano i fondaci dell’antico Porto, una antichissima setta condivideva il segreto delle carte napoletane, il loro ruolo magico, divinatorio, pagano nel senso più profondo: il cartomante era una vera e propria professione a Napoli, considerata fra le più nobili, temute e rispettate, nonostante i maggiori esponenti fossero nella vita quotidiana poco più che pezzenti.
Il cartomante era l’unica persona capace di decifrare le incomprensibili catene di figure create dalle carte: era il padrone delle anime degli uomini che, con pochi spiccioli fra le mani, si recavano nei tuguri degli stregoni per chiedere la soluzione dei propri affanni, come se fosse possibile sbirciare, per almeno un istante, nelle pagine non ancora lette del mondo che verrà.
Come i sacerdoti delle antiche civiltà sacrificavano bestie sugli altari per interloquire col divino, i cartomanti napoletani avevano infatti affinato un metodo scientifico ed elaborato per scrutare nel futuro, percepire i poteri degli antichi dei in un rito che univa indistintamente le vite umane, il presente, il passato ed il futuro.
Tutto attraverso lo strumento più insospettabile del mondo: le 40 carte napoletane.
Ed ancora oggi quest’ancestrale confraternita vive ancora in personaggi insospettabili: nella vecchietta stanca che vive nel basso di Vico Limoncello; nel signore scontroso dell’Olivella; nell’anziana che ogni giorno parla delle bombe a Piazza Mercato che la terrorizzavano da bambina.
Anche per entrare a farvi parte c’è bisogno di un lunghissimo e complicato rituale di approvazione: un’anziana cartomante di Forcella, infatti, si lasciò sfuggire solo una frase: “le carte non parlano a chi non le ama“, quasi come se ci fosse una affinità elettiva fra lo strumento, lo stregone e gli equilibri con l’Occulto.
E così, di quel poco che sfugge dalle serrate porte dei cartomanti napoletani, si scopre che il seme dei Denari, rotondo e luminoso, non è altro che una antichissima raffigurazione del Dio Sole, l’antico Elios che provenne proprio dal culto elioteista dell’antico Oriente, diretto figlio dei culti Egizi di Ra: la ricchezza.
Significati dei semi delle carte napoletane
La spada è l’antico Ares, il dio della guerra ed indica la capacità decisionale e la carriera: il potere.
Le coppe rappresentano il seno della donna e, di converso, la sfera sentimentale, anche se in Spagna molti credono che la coppa derivi dai culti di Bacco e dai piaceri del vino: i vizi.
Il bastone, invece, ha una storia particolare: la mazza, infatti è diretta figlia dell’antichissimo culto di Priapo ed indicava proprio la lunghezza e la potenza del fallo maschile, nel più antico e primordiale dei confronti fra gli uomini. Così, come per i romani era di buon auspicio regalarsi statue di falli giganti, il tatuaggio dell’asso di mazze diventò un vero e proprio privilegio per tutti i capi della malavita, in una tradizione cominciata 200 anni fa ed ancora oggi presente fra i malavitosi: il vigore.
Anche il tre di bastoni è particolarissimo: a differenza di tutte le altre carte, infatti, compare il volto di un mostro che ride, il Gatto Mammone, uno dei personaggi dell’orrore più misteriosi della cultura horror popolare, al Nord è conosciuto come Uomo Nero.
Il perché ci sia questo volto, fra le tante teorie che circolano, è forse legato alla Guardia Cittadina, i camorristi che Liborio Romano ingaggiò dopo l’arrivo di Garibaldi per tenere tranquillo il popolo napoletano: giravano infatti in gruppi di tre ed avevano bastoni ed una coccarda rossa sulle giacche, con grandi baffi ed il sorriso beffardo dell’ex criminale chiamato a tutelare gli interessi del Regno d’Italia. Ne abbiamo parlato in questa storia su Nicola Jossa.
C’è poi una ipotesi che fa risalire ai semi delle carte l’intera cosmogonia: Denaro, Spada, Bastone e Coppa infatti non sono altro che rispettivamente gli elementi della Terra, Aria, Fuoco ed Acqua che, mescolandosi, danno origine all’intero universo.
-Federico Quagliuolo
Curiosità:
La prima “legge” nel mondo delle carte napoletane fu scritta da un altro personaggio misterioso, tale Chitarrella, di cui si sa poco e niente: si sa solo che scrisse nel 1750 il “De regulis scoponis” ed ancora oggi le regole della Scopa sono le stesse che dettò tre secoli fa l’Omero delle carte.
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