“Scarta frùscio e piglia primera”, uno di quei classici modi di dire napoletani che possono essere definiti intergenerazionali. Tutti lo abbiamo usato almeno una volta nella vita…e nelle situazioni peggiori anche almeno una volta al giorno!
La nostra mente ha fatto così suo questo detto che, probabilmente, non si chiede neanche più quale sia il suo significato reale. Quanti di noi, infatti, possono dire di conoscere l’origine di questa espressione?
L’esclamazione napoletana, dobbiamo dire, è letteralmente intraducibile, ma tutti noi la intendiamo come una sorta di “credere di evitare un danno ma incappare in uno peggiore”.
La frase utilizza, in realtà, dei termini tecnici, che facevano riferimento ad un gioco d’azzardo di carte, probabilmente tipico delle taverne del Seicento- Settecento.
Perché facciamo riferimento proprio alle taverne? Il gioco di carte in questione (la passatella) aveva come scopo principale quello di disporre della “passata”, che in questo caso era costituita da una bottiglia di vino pagata da tutti i partecipanti.
Il gioco del frùscio
Occorre, arrivati a questo punto, capire un po’ meglio il meccanismo del gioco: i personaggi principali delle tavolate della passatella erano due, il padrone ed il “sotto”, cioè il secondo classificato che fungeva da stratega del vincitore. Il padrone, ovviamente, in veste di vincitore, poteva decidere di offrire da bere a tutti, ma nel far ciò doveva stare molto attento a non inimicarsi nessuno. Poteva, infatti, capitare di essere costretti ad offrire da bere anche ai propri nemici di gioco nel caso in cui questi fossero amici del “sotto”, tutto ciò per evitare un’eventuale vendetta del proprio stratega. Lo scopo finale del gioco era quello di far bere tutti, tranne un solo partecipante, che sarebbe poi divenuto lo zimbello del gruppo.
Ma ancora non siamo riusciti a capire quale sia il vero significato del nostro antico detto. Ebbene, per capirlo dobbiamo fare riferimento al punteggio delle carte.
Il punteggio più alto del gioco era costituito proprio dal Primiera, cioè quattro carte di semi diversi, seguiva la 55, ovvero il sette, il sei e l’asso dello stesso seme, e infine il Fruscio, 4 carte dello stesse seme. Le regole del gioco, ovviamente, variavano da taverna a taverna e perché no, da gruppo in gruppo di giocatori. Orientativamente, però, possiamo dire che, nel caso in cui un punto non era di nostro gradimento, si aveva la possibilità di effettuare uno scarto e sperare in un punteggio migliore per il passaggio successivo. In soldoni il Frùscio vale 70 punti mentre la primiera 84.
Durante le mani di gioco, infatti, poteva capitare non solo di scartare un punteggio alto come quello del Fruscio, ma anche di non riuscire a beccare una Primiera e perdere: per questo motivo, in realtà, sarebbe più corretto dire “scarta frùscio e (nun) piglie prmmera.
Da qui deriva l’accezione moderna del nostro proverbio: qualunque cosa accada, purtroppo le cose non cambieranno, anzi potrebbero anche peggiorare.
-Cristina Bianco
Il detto è anche diffuso in altre province campane, come ad esempio Avellino.
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