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I cimiteri sono da sempre luoghi che incutono in qualche modo timore, un senso di inquietudine. Forse, però, non conoscete la storia del Cimitero di Santa Maria del Popolo, cimitero per poveri, sul quale aleggia un’aria cupa di tristezza.

Mano a mano che la medicina prendeva sempre più piede, uno dei problemi principali che si iniziò a porre era: dove riporre i cadaveri dei morti? In passato, spesso, questi venivano gettati senza alcuna cura ed attenzione un po’ dove capitava: strade comuni, terreni agricoli, acque della città. Ci si rese però conto che questi cadaveri non facevano nient’altro che portare malattie e non miglioravano affatto la vita di quelle che andavano strutturandosi come città sempre più moderne. Fu così che si decise di costruire i cimiteri al di fuori delle mura cittadine, di modo da limitare al massimo il possibile contagio.

Ed una città come Napoli, nel quale il culto dei morti è fra i più antichi, si creò quello che era addirittura un cimitero per i più poveri.

Se ne occupò Ferdinando IV di Borbone nel 1762, l’opera fu commissionata all’architetto Fuga, il quale costruì, sulla strada di Poggioreale, il cimitero di Santa Maria del Popolo,meglio conosciuto dal popolo napoletano come il cimitero delle 366 fosse.

Perchè questo nome così particolare? L’anno 1762 era un anno bisestile e da lì era stato tratto il nome delle 366 fosse..ma, come si suol dire, questo era un nome parlante! In quel cimitero, costruito prettamente per i meno abbienti, i corpi non erano trattati con molta cura: tutti i morti di un determinato giorno dell’anno venivano riposti insieme nella stessa fossa, e così per 366 giorni.

Gettati lì senza la minima attenzione, come fossero dei sacchi inutili, gli uni sugli altri, senza pietà. Solamente nel 1875 la situazione cambiò (per modo di dire..!): una baronessa inglese, infatti, inorridita da questo barbaro sistema, donò un ritrovato della tecnica al cimitero. Da quel momento in poi, infatti, il cimitero fu dotato di un macchinario dotato di un braccio tale da sollevare il corpo del defunto per poi calarlo con più delicatezza nella fossa comune.

Il cimitero continuò ad essere attivo fino al 1890, più di settecentomila corpi furono qui accolti, corpi senza nome, uomini e donne amati in vita, ma non degnamente pianti dopo la morte.

-Cristina Bianco

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