Esiste un luogo in Via Foria, che, come un’oasi nel deserto, rinfranca il visitatore e lo estranea da tutto il resto.
Sopraelevato di qualche metro dalla quota stradale, il Real Orto Botanico consente di abbandonare alle spalle il caos che ci circonda ogni giorno per ritrovarci nel XIX secolo. Un’enorme distesa di verde che tra laghetti e piante esotiche ci fa rivivere una e cento foreste in un momento.
Una nascita francese
Il Real Orto Botanico fu fondato nel 1807 da Giuseppe Bonaparte, da un’idea di Ferdinando IV di Borbone nata nel 1799. Nel corso dell’800 si succedettero numerosi direttori che con impegno e dedizione portarono l’Orto a diventare uno dei poli più famosi di Europa: possiamo fare i nomi di Michele Tenore, Domenico Cirillo e Vincenzo Petagna.
Anche re Francesco I di Borbone fu un assiduo frequentatore dell’Orto Botanico, essendo un grande appassionato di Botanica.
L’idea non era quella di creare semplicemente un “giardino” o un orto per i soli addetti ai lavori. La volontà che portò avanti questo progetto fu quella di realizzare un luogo in cui tutti potessero imparare a riconoscere le piante velenose, oppure a capire cosa accade nel mezzo della distesa sabbiosa, scoprendo se i cactus facevano davvero così male come si raccontava, dove le piante officinali ritrovavano il loro valore perduto.
Un’evoluzione continua nell’Orto Botanico di Napoli
E così, nel 1933, sotto la guida di Biagio Longo, si istituì la “Stazione Sperimentale per le piante officinali”, che rese l’Orto Botanico il fiore all’occhiello di Napoli, proprio in occasione del 1940 quando si tenne la riunione straordinaria della Società Botanica Italiana in occasione dell’inaugurazione della Mostra d’Oltremare.
In quegli anni la società scientifica riconosceva in questo luogo un importante polo di studi, ma purtroppo nel 1947, così come Biagio Longo in passato stilò relazioni per decantarne le lodi, dovette pubblicare una relazione sulle tragiche condizioni in cui versava la struttura al seguito della Grande Guerra. Negli anni della guerra infatti l’Orto fu smembrato e asfaltato, diventando base per gli alleati. I campi verdi e fiorenti furono rasi al suolo per ospitare piante di prima necessità. Questa fu la situazione che ereditò Giuseppe Catalano e che con enormi sforzi tentò di risollevare.
Nel 1945 il Real Orto Botanico di Napoli fu addirittura usato come campo di calcio per il Napoli!
Nel 1963, Aldo Merola assunse la direzione dell’Orto, e con enormi sforzi lo riportò agli antichi albori: restaurò le serre e le fornì di impianti adeguati, lavorò sul sistema di irrigazione e istituì la figura del “giardiniere degli Orti Botanici” creando un ruolo di lavoratore specializzato.
Durante il terremoto dell’80 neanche l’Orto fu risparmiato, e il direttore Paolo De Luca si rimboccò le maniche per riparare i danni del sisma e per portare a termine ciò che Merola aveva iniziato.
Il Real Orto Botanico di Napoli oggi
Oggi l’Orto consta in circa 12 ettari e ospita circa 9000 specie, per un totale di 25000 esemplari. La ricchezza della sua popolazione è stata suddivisa in criteri: è possibile osservare piante di ogni tipo, partendo da quelle più vicine a noi, fino ad arrivare a quelle del deserto più caldo.
All’interno ci sono numerose serre che consentono di ricreare climi tropicali, con piante che non ci saremmo mai aspettati di incontrare. Inoltre svariati ettari sono dedicati agli agrumeti, piante che negli anni sono state abbandonate, ma che oggi crescono rigogliose offrendo arance e limoni dalle più svariate forme. Inoltre accanto al castello, dove oggi sorge un piccolo ma interessante museo, crescono rose di ogni tipo e colore.
Sono stati inoltre individuati percorsi per i non vedenti dove è possibile scorgere piante che stimolano il tatto e l’olfatto, e percorsi dedicati alle piante velenose e alle piante medicinali. Infine molto particolare è l’area dedicata alle piante citate nella Bibbia.
Insomma, il Real Orto Botanico ne ha per tutti gusti, dalle piante carnivore agli ulivi della Bibbia, un’oasi di pace nel cuore del caos che ci trasporta in numerose foreste o deserti non appena superiamo il cancello d’ingresso.
-Roberta Montesano
Foto di Mariagiovanna Guillaro
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