Alle spalle di Piazza del Plebiscito c’è una via dedicata a Cesario Console, un condottiero straordinario che la storia di Napoli ha dimenticato. Alcuni addirittura la chiamano volgarmente “Cesare Console”, per riferirsi ingenuamente e impropriamente a Giulio Cesare.
Cesario, in realtà, fu uno degli uomini più famosi del Sud Italia durante l’Alto Medioevo. Scacciò i Saraceni dall’Italia in una battaglia epica nel Mar Mediterraneo, la più grande di sempre fra cristiani e musulmani prima della storica battaglia di Lepanto del 1571.
Duchi, guerre e condottieri
Napoli era governata dal Duca Sergio I, padre di Cesario e uomo geniale, che fu capace di inserire la piccola Napoli al centro dello scacchiere politico del Sud Italia, mantenendo l’indipendenza anche se la città era un piccolo staterello di fede bizantina schiacciato fra i giganteschi domini longobardi di Benevento, il Principato di Salerno e la neonata Repubblica d’Amalfi. Era appena cominciato il IX secolo e la Campania era una polveriera di principati e signorotti in guerra fra loro. In questo caos sguazzavano le bande di mercenari arabi.
Napoli e i musulmani: nemici-amici
Il rapporto fra Napoli e il mondo musulmano fu sempre molto ambiguo: i “sarracini” frequentavano abitualmente le coste italiane, a volte per saccheggiare le città di mare, altre volte pacificamente. Partivano dalla Libia e dalla Sicilia, che erano i loro avamposti.
Gli storici raccontano che proprio in questi anni nacque una piccola comunità araba dalle parti dell’attuale Piazza Mercato, che all’epoca era uno spiazzo di terra brulla al di fuori delle mura di Napoli. I mercanti, che provenivano dal vicino oriente, avevano creato un vero e proprio con i napoletani spezie rare, tessuti pregiati e altri oggetti provenienti da terre lontane.
Non tutti i saraceni erano però amichevoli. Anzi, approfittando della confusione politica del Sud Italia, cominciarono a coltivare un sogno: conquistare e saccheggiare Roma, l’antica capitale del mondo intero che, dopo il crollo dell’Impero, era passata sotto le mani dei Papi.
L’ammiraglio Cesario si distinse proprio in occasione dell’assedio di Roma dell’846, quando riuscì a scacciare gli arabi nei pressi della foce del Fiume Tevere, ricacciandoli a Gaeta e strappando un accordo con il loro comandante.
Papa Leone IV rimase profondamente ammirato dall’abilità dell’ammiraglio napoletano, capace di e lo volle convocare a Roma per parlargli di persona. Presto gli arabi si sarebbero ripresentati con una flotta con “moltissime navi”, come recitano i cronisti dell’epoca, e non sarebbe bastata la sola abilità dei navigatori napoletani.
Lega Campana
Cesario “il Valoroso”, come fu soprannominato, non si perse d’animo. Assieme al padre Sergio e al fratello, il futuro duca Gregorio III, riuscì a convincere incredibilmente anche i re di Salerno e di Benevento, nemici storici di Napoli, per realizzare un’alleanza mai vista: la Lega Campana, con a capo lo stesso Cesario.
Napoli, da piccola città bizantina schiacciata dalle potenze barbare, si ritrovò improvvisamente a capo della più potente armata d’Italia.
La battaglia di Ostia fu un momento epocale. Il Papa chiese a Cesario di poter andare sul campo di battaglia assieme a lui, per benedire le navi e assistere alla sconfitta dei musulmani. Era nata la cosiddetta “Lega Campana”. Ne abbiamo parlato più a lungo in questo articolo.
Cesario rimase stabilmente al comando della flotta napoletana per trent’anni, coprendosi di onori e glorie in tutta la Campania. Si ricorda ad esempio un suo intervento a Capua, quando fu chiamato da Ademario, principe di Salerno, per guidare assieme al fratello Gregorio le truppe alleate longobarde contro gli arabi.
Fu un servitore fedele dello Stato napoletano anche durante l’amministrazione del fratello Gregorio III e del vescovo Atanasio I. Poi, con l’arrivo del nipote Sergio II, cominciarono i guai.
Cuore ingrato
Tanti condottieri fecero una fine ingloriosa. Potremmo pensare a Garibaldi che, esattamente 1000 anni dopo l’impresa della Lega Campana, si autoesiliò sull’Isola di Caprera.
Il buon Cesario, dal canto suo, probabilmente avrebbe preferito morire in guerra da eroe piuttosto che finire i suoi giorni in carcere, torturato e abbandonato come il peggiore dei criminali.
Fu infatti autore del crimine più odiato da tutti i dittatori: mettere il naso nella politica. Osò contrastare l’operato del nuovo duca di Napoli, suo nipote Sergio II. E non aveva nemmeno tutti i torti.
Sergio II strinse infatti una incredibile alleanza con gli arabi, che appena trent’anni prima erano stati cacciati dalla Lega. Napoli era diventata, davanti agli occhi di Cesario il Valoroso, l’avamposto degli infidi Saraceni, che si stabilirono in città.
L’intenzione del giovane duca era quella di contrastare lo strapotere di Benevento e Salerno cercando l’appoggio dei Musulmani, ma l’alleanza si rivelò un disastro. Gli arabi tradirono i patti e cominciarono di nuovo le scorribande sulle coste della Campania. Allo stesso tempo, Napoli riuscì a inimicarsi definitivamente tutti i vicini di casa. Fortuna che Papa Leone IV era già morto da tempo e non visse questo colpo di scena!
Dimenticato da Napoli, amato da Roma
Era l’anno 870 e fu condotto in catene l’anziano Cesario davanti al nipote, che lo fece chiudere nelle segrete del palazzo ducale, senza acqua, luce e cibo. Per intenderci, il palazzo si trovava sulla sommità del Colle Monterone, esattamente dove oggi sorge il complesso di San Marcellino.
Il condottiero morì di stenti e fu gettato in una fossa comune. Napoli dimenticò nei secoli successivi le gesta del suo eroe medievale, anche perché la città fu poi troppo indaffarata fra Svevi, Angioini e Spagnoli. Roma, invece, non dimenticò l’antico condottiero napoletano. Anzi, papa Leone X commissionò nel 1571 un dipinto a Raffaello, per ricordare la cacciata storica dei musulmani durante la Battaglia di Ostia.
“Stranamente”, Leone IV è raffigurato con lo stesso volto di Leone X e nel quadro sono presenti anche i cardinali Bibbiena e Giulio de’ Medici, in un mix storico molto insolito.
Cesario Console a Napoli tornò solo nel XIX secolo, 1000 anni dopo le sue imprese, quando la commissione di toponomastica gli regalò una bellissima strada alla destra del Palazzo Reale. Poi Mussolini, aumentando la confusione con i nomi dell’Impero Romano, nel 1933 donò personalmente a Napoli una statua di Ottaviano Augusto che fu piazzata sul belvedere alla fine della strada. Un altro colpo alla debole memoria del condottiero napoletano.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Napoli Ducale, Mario Forgione, Newton Compton, 1995
http://www.treccani.it/enciclopedia/cesario_(Dizionario-Biografico)
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