Al posto di un rudere antico costruiremo il rione della Bellezza: il Castel dell’Ovo è da abbattere“.

Follia? Scherzo? Chi è quel pazzo che ha detto quest’eresia?
Pare si tratti di una esclamazione del sindaco Paolo Emilio Imbriani, divenuto famoso per aver cambiato il nome di Via Toledo in Via Roma nel 1871.
Altri, invece, la attribuiscono (probabilmente con maggiore attendibilità storica) al sindaco Nicola Amore, quando annunciò i progetti del Risanamento, durante la cerimonia in pompa magna di inaugurazione dei lavori di Risanamento di Napoli.

Radere al suolo il Castel dell’Ovo

Il progetto era ambiziosissimo e rientrava nell’enorme piano di ricostruzione del Rione Santa Lucia: fu redatto e portato avanti dall’Associazione Scienziati, Letterati ed Artisti Napoletani e consegnato al Comune di Napoli in occasione dei numerosissimi bandi pubblici aperti dopo il 1885.
Fortunatamente, poi, a causa dei tempi e dei costi faraonici da sostenere per la demolizione di una fortezza così grande, I promotori dell’iniziativa si resero presto conto dell’impraticabilità della soluzione: i soldi andavano destinati prima alla costruzione del Lungomare di Napoli e per il futuro Corso Re d’Italia, il Rettifilo.
Il problema fu soprattutto legato ai fondi: i 100 milioni di lire versati dallo Stato al Comune di Napoli per svolgere i lavori di Risanamento non bastarono a coprire nemmeno le spese minime per le espropriazioni. D’altro canto, nessun privato avrebbe mai immaginato di svolgere un lavoro colossale di abbattimento di un castello per costruire su di un lotto minuscolo, quando c’erano Vomero e Chiaia da poter edificare liberamente e a basso costo.

La sensibilità pubblica sul finire dell’800 era ovviamente diversa rispetto a quella moderna e non era blasfemia immaginare la demolizione di monumenti passati in nome del progresso. Accadde con l’intero quartiere medievale di Napoli del Pendino e del Porto, di cui sono stati salvati pochi monumenti.

Castel dell'Ovo inglesi
Il Castel dell’Ovo durante la Guerra

Progetto rinviato

La demolizione di Castel dell’Ovo fu quindi rimandata ad una data imprecisata, chiusa in un cassetto degli archivi comunali fra i mille progetti inattuati (come ad esempio quello di una parallela di Via Toledo che avrebbe dovuto sventrare i Quartieri Spagnoli oppure quello della prima metropolitana d’Italia, che fu addirittura inaugurata a Piazza del Plebiscito in pompa magna con il Re e poi abbandonata barbaramente.
Il castello fu quindi lasciato in stato di totale abbandono fino al 1975, quando furono realizzati i lavori di restauro che hanno restituito il monumento ai cittadini.

Il Castel dell'Ovo stava per essere abbattuto nel 1885
Il Castel dell’Ovo visto da Anton Sminck Van Pitloo, Galleria Nazionale di Roma

Le mani sul Castel dell’Ovo

Fu immaginata la demolizione del castello anche negli anni ’50, durante la ricostruzione. Il sindaco di Napoli era Achille Lauro e, fra i vari progetti proposti al Comune di Napoli, ci fu anche quello di trasformare la zona dell’isoletta di Megaride in un grosso albergo. In quel caso l’idea non ebbe mai una concreta realizzazione: il castello, che di guerre ne aveva viste tante, era uscito abbastanza indenne dai bombardamenti americani e non poteva di certo essere abbattuto senza suscitare clamore, come invece avvenne con la Chiesa dei Fiorentini a Via Ferdinando del Carretto, che invece fu sostituita da un prolungamento di un palazzo privato.

L’idea rimase un pourparler fra due famosi imprenditori edili, fuori dai tavoli “ufficiali” del Comune.
Anche i più spietati palazzinari avranno avuto un cuore?
Nel dubbio, l’uovo di Virgilio ringrazia.

-Federico Quagliuolo

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