Zandraglia” è un termine che a Napoli è spesso legato ad aneddoti volgari oppure alle frattaglie, che è un cibo poverissimo di strada. A Boscoreale accade l’esatto opposto: il giorno delle zandraglie è una gran festa estiva che si celebra il secondo venerdì di luglio in onore di Santa Maria Salomé.

Il dolce di Boscoreale non ha una storia nobile: nasce infatti come alimento poverissimo e solo nell’ultimo secolo si è trasformato in un’occasione di festa. Per giunta passando da cibo salato a dolce.

Una brutta zandraglia

In napoletano il termine “zandraglia” o “zendraglie” è figlio del francese “les entrailles”, che significa “interiora, cosa orribile“. Ne abbiamo parlato in questo articolo. In effetti, in tutte le sue apparizioni storiche questo termine è associato a cibi di scarto, vestiti cenciosi oppure oggetti di poco valore. Senza dimenticare l’uso dispregiativo che si fa di questo termine quando si associa a una donna volgare e chiassosa (e prima ancora ci si riferiva alle donne che dovevano sgombrare i cadaveri dopo le esecuzioni a Piazza Mercato)

Nel vesuviano, invece, si diffuse questo termine per indicare gli scarti della lavorazione del grano, lo stesso che rese famosissimi i pastifici di Torre Annunziata e Gragnano.

Ricetta zandraglia boscoreale
La ricetta della zandraglia di Boscoreale realizzata dall’eccezionale lavoro di ProLoco Boscoreale La Ginestra

La Zandraglia e Santa Maria Salomé: una storia fra angioini e Maramaldo

Il culto di Santa Maria Salomé fu introdotto dalle parti di Boscoreale in età angioina e molto probabilmente il dolce è dello stesso periodo.

I sovrani guidati da Carlo d’Angiò, quando conquistarono il Sud Italia, trasformarono una piccola chiesetta nel bosco sorta intorno al XI secolo in un monastero di benedettini dedicato a Maria Salomé. Abbiamo altre notizie di questa chiesa durante gli anni di Ferrante d’Aragona: l’intera zona era infatti feudo di Fabrizio Maramaldo, uno dei più famosi capitani di ventura di tutti i tempi, che vendette il suo feudo includendo la chiesa.

Del dolce, in realtà, non compaiono notizie nelle cronache storiche, ma il nome di origine francese ci suggerisce che sia nato proprio durante l’occupazione angioina. Si riferisce probabilmente all’accezione napoletana di “vestiti laceri”, in quanto le strisce irregolari del dolce dovrebbero ricordare un vestito strappato oppure, come nel caso delle “zendraglie” napoletane, dovrebbero ricordare quelle interiora che si mangiavano per strada con il limone.

Sappiamo inoltre che, fino al XIX secolo, la zandraglia non era un dolce, ma un piatto salato fatto di farina, acqua e strutto fritti e conditi con il poco che poteva donare la terra. A partire dalla fine del ‘700, erano arricchite con il sugo di pomodoro.

Per conoscere la variante dolce, che oggi è condita con miele e confettini, dobbiamo aspettare tempi molto più recenti: esteticamente sono molto simile alle chiacchiere, con l’aggiunta del miele: l’impasto si realizza con farina, uova e acqua. Si tagliano delle strisce irregolari che vengono fritte, bagnate nel miele e decorate con confettini. Oppure altri, in modo meno ortodosso e sicuramente non rispettoso della ricetta originale, ci aggiungono nutella e zucchero a velo.

Ancora oggi si offrono questi dolci alla statua di Santa Maria Salomé nel giorno della sua festa, legando tradizione e presente in una storia eterna.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Comune di Boscoreale
Regione Campania
Domenico Manzon, La Campania: dove andare, cosa comprare, dove mangiare, Gallina Editore, Napoli
Cristina Ermenegildo, Pro Loco Boscoreale La Ginestra

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