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Ci furono tempi in cui fu fatta la Corrida a Napoli. Anche se è difficile da immaginare con gli occhi moderni la presenza di tori furiosi in arene cittadine, facciamo uno sforzo di fantasia: questa cosa accadde in numerosissime occasioni durante il Viceregno e probabilmente fino al 1861: le arene furono l’attuale Piazza Plebiscito, il Largo di Castello, l‘attuale Piazza Municipio, e la piazza di San Giovanni a Carbonara. Dopo l’arrivo di Carlo di Borbone, fu individuata una arena dalle parti di Ercolano.

Pensiamo ad esempio al 3 gennaio del 1536, quando l’imperatore Carlo V, in visita a Napoli, fu accolto dal fedelissimo Don Pedro di Toledo e portato nello slargo davanti alla chiesa di San Giovanni a Carbonara, che all’epoca era ancora in terra battuta. Qui c’era un palco addobbato con ogni sorta di decorazione celebrativa in cui tutta la nobiltà cittadina accompagnava l’imperatore che “si muoveva in modo soave“. Il gioco della tauromachia per i napoletani era strano ed esotico nonostante sia un rituale ancestrale praticato in città ai tempi dei Greci.

Fu uno spettacolo praticato anche sotto i Borbone, fino all’Unità d’Italia.

Corrida a Napoli Plaza Mayor Spagna
La corrida a Plaza Mayor, c’è un dipinto che illustra questa scena anche a Castel Nuovo a Napoli

Alle origini della corrida a Napoli

Il primo documento ufficiale che parla della corrida a Napoli risale al 1533, non a caso ai tempi del Viceregno. Don Pedro di Toledo, lo stesso che organizzò la sontuosa tauromachia per l’imperatore tre anni dopo, era infatti un grande appassionato di “gioco de’ tori” e provò più volte a introdurlo nella cultura napoletana, dove “si faceva all’usanza di Spagna“, come racconta Gregorio Rosso nel suo libro “Historia delle cose di Napoli sotto l’impero di Carlo V“. I tentativi di Don Pedro, inizialmente visti con la naturale diffidenza verso un gioco esotico, nel tempo presero piede anche a Napoli, spinti dai viceré spagnoli che si susseguirono, ma abbiamo notizia anche di una Plaza de toros inaugurata da Ferdinando II.

Come abbiamo visto, non c’è una grossa letteratura sulla corrida a Napoli. Quasi tutti gli autori si limitano ad accennarle, spesso senza nemmeno indugiare particolarmente in dettagli. Il che è strano, se pensiamo che ad una di queste corride partecipò Carlo V, che era l’uomo più potente del pianeta al suo tempo.

Solo Attilio Antonelli ci dice un dato interessantissimo: nel XVII secolo, spiega, che per la festa di San Giacomo (il patrono di Spagna), si celebrava ogni anno una corrida al Largo di Castello e proprio nel Castel Nuovo c’è un dipinto che raffigura la corrida a Plaza Mayor a Madrid.

Corrida a Napoli matador
Un matador, che riconosciamo per il drappo rosso

La corrida di Largo di Palazzo: quando la piazza fu invasa dai tori

La corrida a Napoli è raccontata in una cronaca piuttosto dettagliata: fu celebrata nel 1680 dinanzi al Palazzo Reale, in presenza del viceré Pedro Antonio de Aragón, divenuto famoso per aver fatto costruire la Caserma di Pizzofalcone, intitolata a Nino Bixio dopo l’Unità.

Racconta Domenico Confuorto nel suo “Giornale di Napoli dal 1629 al 1699” che “accorse infinita gente a vedere la caccia de’ tori“. L’intera area dell’attuale Piazza Plebiscito fu recintata e furono rilasciati 10 tori furiosi: dentro le gabbie erano stati punzecchiati con delle lance e dagli spalti, che erano stati realizzati sui terrazzini del Palazzo Reale e sugli edifici tutt’attorno, gli spettatori divertiti cominciarono a lanciare oggetti e cibo addosso ai tori, per farli infuriare ancora di più.

Nel frattempo al centro del Largo di Palazzo c’erano due toreros, ovviamente di origine spagnola: Emmanuel Domine e don Gaspar Viatelli, quest’ultimo era il matador, ovvero il torero armato di spada. I due, che giocavano a provocare i tori, eccitavano il pubblico con la loro danza e con uno spettacolo cruento che faceva svenire le dame sugli spalti ed eccitava gli uomini, che prendevano sorbetti, canditi e altri dolci che venivano forniti dalla servitù e li gettavano addosso ai protagonisti della battaglia. Poi furono rilasciati nell’arena anche 10 mastini napoletani, che cominciarono ad aggredire tori e combattenti, in uno spargimento di sangue collettivo.

La battaglia infuriò fra sangue, applausi degli spettatori e dame svenute. Le cronache dell’epoca non ci dissero chi vinse, ma il popolo di ogni ceto sociale fu estremamente divertito.

Il Largo di Palazzo non era nuovo a spettacoli cruenti. Il gioco della Cuccagna era un’altra festa del massacro a spese del popolo, giusto per fare un esempio.
Quel che è certo è che oggi, camminando sulle pietre mute della piazza che fino a poco tempo fa era un parcheggio, potremmo vedere attorno a noi scene di miracoli, saccheggi, conquiste e addirittura tauromachie. Tutto nel segno del sangue.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Gio. Antonio Summonte, Dell’Historia della Città e Regno di Napoli, Antonio Bulifon, Napoli, 1675
Domenico Scafoglio, Il Carnevale Napoletano, Newton Compton, Napoli, 1997
Gregorio Rosso, Historia delle cose di Napoli sotto l’impero di Carlo V, Gravier, Napoli, 1770
Domenico Confuorto (a cura di Nicola Nicolini), Giornale di Napoli dal 1629 al 1699, Società di Storia Patria, Napoli, 1930
Historia Regni

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