Gino Doria è stato probabilmente uno degli uomini del passato che tutti i napoletani dovrebbero ringraziare. Fu infatti l’autore di pubblicazioni storiche dal valore incalcolabile, che hanno ricostruito e salvato la Storia di tutte le strade della città. La sua missione era una: la divulgazione della storia cittadina. E si divertiva tantissimo nel farlo.
Aveva un carattere eclettico e solitario; abitudinario, cinico e preciso, da molti considerato bizzarro, ma godeva di troppa stima per poter ricevere un qualsiasi commento negativo. Era sempre cordiale e amichevole con chi lo interpellava, ma odiava avere a che fare con la gente: era convinto che il mondo borghese e accademico fosse un’immensa perdita di tempo, fra discorsi di circostanza, amicizie finte e visite di cortesia. Tutto ciò che si doveva sapere sul mondo era già contenuto sui libri o era facilmente ricercabile in prima persona. Al bando il resto.
Il suo libro più famoso, “Le strade di Napoli”, ancora oggi ci aiuta a ricostruire la storia dei nomi di tutte le strade della città. Ma anche testi straordinari come “Storia di una Capitale” o i tanti approfondimenti sulle vicende della Costiera Sorrentina sono delle raccolte ancora oggi semplici da leggere e affidabili come lo sono poche fonti storiche.
Conosciamolo meglio.
Un giovane prodigio
In quel lontano 1888, quando nacque il piccolo Biagio in una famglia di avvocati che possedeva una villa al Vomero, si potevano già cogliere i segnali che lasciavano presagire un piccolo genio che avrebbe reso orgogliosa la madre e la città di Napoli. E proprio con la madre, che era originaria di Massa Lubrense, ebbe un rapporto molto stretto, tant’è vero che per tutta la vita dedicò i suoi studi anche alla Costiera Sorrentina.
Già da piccolo era infatti curioso e affascinato da ogni aspetto conoscibile del mondo. Viveva nella casa in cui da ragazzo aveva abitato un certo Benedetto Croce e siamo sicuri che questa coincidenza era scritta nel destino (da adulto Doria diventò amico strettissimo di Croce). Eppure, quando Napoli era in pieno Risanamento e il giovane Biagio aveva poco più che 10 anni, si aggirava a Piazza del Gesù alla curiosa ricerca di libri e animali imbalsamati venduti in una bottega che oggi è diventata un ristorantino.
Poi da ragazzo cominciò ad apprezzare i libri di filosofia e di Storia nella biblioteca del padre. Presto non gli bastarono più: quando esaurì le letture di famiglia, bussò alle porte della Società Napoletana di Storia Patria e fu nella biblioteca Lucchesi Palli che conobbe Salvatore Di Giacomo, con cui diventò amico. I progetti del padre di “sistemare” il figlio e farlo diventare un avvocato affermato andarono presto a farsi friggere quando, inebriato dal fermento culturale della Napoli dei primi del ‘900, il giovane Gino disse di voler fare il giornalista. Ma la città, allora come oggi, non forniva alcuna occupazione remunerativa nell’ambito giornalistico. Corsi e ricorsi storici.
Per emergere, allora, decise di lanciarsi in un’avventura che durò 10 anni: a 23 anni decise di partire in Sud America, per vivere il giornalismo di cronaca sul campo: all’epoca il Brasile e l’Argentina erano ancora mete di enormi flussi migratori di italiani. Anche lì, guardacaso, si interessò di storia locale e scrisse ben due libri.
La storiografia e la ricerca: un divertimento riscoperto
Avremmo perso così uno dei più straordinari servitori della Storia di Napoli, se non si fosse messo di nuovo in mezzo il destino. Tornò in Italia nel 1918, quando la Grande Guerra era ormai sul finire, perché arrivò una disperata convocazione al fronte degli italiani all’estero, che fortunatamente non vedrà mai. Fu così che cominciò a lavorare nel Giorno di Matilde Serao, almeno finché non giunse Mussolini al potere. Con il fascismo Gino Doria non ebbe infatti un buon rapporto: non volle tesserarsi al PNF presto perse il lavoro a causa di un articolo ironico che mandò in bestia il Duce. Non fu però mai punito o esiliato perché già all’epoca, sulla soglia dei 45 anni, era uno studioso molto stimato in tutta la Campania ed era “protetto” da Benedetto Croce, che diventò il più stretto amico.
“gli uomini calvi sono stati sempre fatali all’ umanità”
Gino Doria su Mussolini
Paradossalmente l’espulsione dall’ordine dei Giornalisti del 1927 gli chiarì le idee e comprese che tutti i suoi sforzi andavano concentrati sul mestiere dello scrittore e storiografo: in un isolamento forzato, disgustato dalla prepotenza del potere, si gettò a capofitto nello studio e nella scrittura storica, cosa che il regime paradossalmente apprezzò molto perché la sua opera valorizzava la storia e la cultura dei luoghi, cosa che stava molto a cuore alla propaganda fascista, sempre alla ricerca di nuove ragioni per affermare la superiorità della “razza italica“.
Gino Doria, un divulgatore cinico e dalla grande modestia
Durante il periodo che Doria si convinse del fatto che “al successo giunge solo chi non ha merito. E chi ha merito ed ha successo è solo perché ha un carattere troppo forte“. Allo stesso modo, diventò cinico e severo nei confronti della borghesia alla quale apparteneva, considerando ottusi e stupidi i costumi delle persone: si allontanò da tutto ciò che non riteneva utile o piacevole e questo tratto lo troviamo anche nella sua scrittura, che è secca, semplice e densa di contenuti. Anche la scelta dei suoi libri in biblioteca seguiva questo criterio: collezionava solo volumi utili alle sue ricerche e di valore.
Non era però un uomo arrogante, tutt’altro. Quasi mai l’autore di un manoscritto storico scriverebbe “non so rispondere“ in una propria ricerca. Gino Doria, invece, ha scritto numerosissime dimostrazioni di grande umiltà, spiegando di non essere riuscito a trovare informazioni sufficienti per giustificare l’esistenza di questo o quel toponimo. Fu anche uno sperimentatore: oltre ai libri di storia, scrisse anche due saggi e un romanzo di fantasia che lo vede protagonista assieme a un suo amico.
Considerava le persone “pigre” davanti all’arte e alla Storia: quando una cosa non la capiscono, la rifiutano o preferiscono rimanere nel dubbio. Ed è per questa ragione che esistono gli storici divulgatori.
Poi arrivò ad odiare anche quelli: negli ultimi anni della sua vita diceva che quasi tutti gli storici e narratori napoletani moderni vivono di cliché che ripetono bovinamente senza curarsi di riflettere su ciò che scrivono, non rispettando così l’anima e la storia di Napoli.
Chissà se, dall’oltretomba, il buon Gino Doria può navigare su Internet: speriamo di no.
Molti si propongono piccoli problemi ma poi, valutando il tempo e la fatica della ricerca, arretrano prudentemente nella loro benefica pigrizia intellettuale.
Ora, poiché non faccio il filantropo di professione, non è per amore del prossimo che mi sono indotto a scrivere questo libro. (…) Mi aveva divertito l’idea di scriverlo, il libro. In secondo tempo immensamente divertito a condurre le ricerche necessarie; e ancor più grande divertimento nel redigere le mille e trecento voci che lo compongono. Se vogliamo trovare un po’ di nobiltà nelle mie intenzioni, aggiungo che c’è un motivo di carità patria (…) mi faceva dispetto, mi sentivo umiliato come Napoletano e bibliofilo che tutte le grandi città italiane avessero il loro stradario storico e soltanto Napoli, che è fra le grandissime, no.
Introduzione al libro “Le strade di Napoli” di Gino Doria
Il direttore del Museo di San Martino, lo scrittore del suo futuro
Finita la guerra, Gino Doria decise di riprendere il giornalismo, ma l’esperienza durò molto poco: fu nominato direttore del Museo di San Martino e si ritirò definitivamente sul suo Vomero, che nel frattempo stava venendo stravolto dai palazzi della speculazione edilizia. Nella sua casa di via Annella di Massimo 151 visse fino agli ultimi anni, poi si trasferì a Via Timavo. (Notiamo una curiosità: Via Gino Doria fu intitolata allo storico dopo la morte nel 1975, ricordando la villa di famiglia dove visse che si trovava proprio lì)
Gino Doria, da amante della scrittura storica, fu capace di scrivere anche il suo stesso futuro: la sua biografia è stata ricostruita grazie a documenti ordinati e chiusi in una cartella dal buon Gino, poi lasciati all’interno della collezione di libri che donò alla Biblioteca Nazionale, con l’augurio di farne buon uso per le future generazioni.
Iil suo corpo fu sepolto nel cimitero di Massa Lubrense, per ricongiungersi con quella Costiera che sentiva nel sangue tanto quanto la sua napoletanità.
Purtroppo la collezione Doria è stata rovinata da diversi furti.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
“Tutta Napoli”, Deperro Editore, Napoli, 1959
Gianni Infusino, le nuove strade di Napoli,
Ugo Piscopo, Doria Biagio, Dizionario Biografico degli Italiani
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