Le scritte sui muri di Pompei sono uno spaccato di vite che sembrano più attuali che mai. Eppure il muro è quell’ostacolo che separa, allontana, divide, che mette barriere non solo fisiche ma anche umane, che intima il non comunicare. Ma un tempo, questo era un valido tramite per esprimere le proprie passioni, sentimenti, opinioni politiche e insulti, un mezzo che ci riporta nella quotidianità di un luogo rimasto immortale.

Ed è ciò che accade a Pompei, nonostante la sua storia sia stata spenta una notte del 79 d.C. dalle ceneri del Vesuvio, le iscrizioni e i graffiti sui suoi muri ci fanno ancora immergere nella vitalità che la contraddistingueva, ci regalano spesso la sensazione di sentir riecheggiare la voce e i pensieri personali e intimi di un popolo, quello romano, che non si discostano in fin dei conti dai nostri.

L’ antica città conserva scritte più svariate: si possono trovare veri e propri manifesti e slogan elettorali, profezie, annunci di spettacoli, di vendite o affitti, liste della spesa o semplici promemoria, insegne di alberghi ed osterie, sfoghi personali, maldicenze e insulti su persone odiate, frasi di amicizia, scontri, considerazioni sul tempo che passa, messaggi di burla, ma soprattutto poetici messaggi d’amore, ricambiati e non.

Iscrizioni erotiche e poetiche amorose

E’ largamente riconosciuto che Pompei fosse una città piuttosto libertina, con la presenza di famose dame e numerosi bordelli, d’altra parte i suoi abitanti erano abbastanza ricchi da potersi permettere sfarzi e non farsi mancare i piaceri di Venere. I muri, quindi, sono stati spesso testimoni dei momenti più piccanti della vita dei pompeiani, vere e proprie “bacheche” dove raccontare le propria avventura amorosa, esprimere insoddisfazione o affetto, rivolgere insulti e fare insinuazioni maliziose con un destinatario ben preciso.

L’amore celebrato sui muri di Pompei è trasversale, non ha confini, abbraccia sia l’eterosessualità che l’omosessualità, concetto quest’ultimo diverso da come è contemplato oggi con il suo carico di pregiudizio, ma riconoscendo i comportamenti sessuali solo in base ai ruoli, attivo o passivo.

Si possono leggere spot promozionali di prostitute e feedback lasciati dai clienti del bordello: ad esempio presso il vicolo degli scheletri ritroviamo “Libanis felat A II”, evidenziando specialità, prezzo e soprattutto di chi si doveva chiedere.

Ancora: “Schiava si offre per due monete. E’ di gusti raffinati”.

Altre scritte sono meno esplicite, ma altrettanto inequivocabili, come la dichiarazione “Qui risiede la felicità”, che potrebbe sembrare assolutamente innocente se non fosse per il fatto che sia stata apposta accanto al disegnino di un fallo!

Sebbene la maggior parte delle iscrizioni con dichiarazioni d’amore siano state scritte da uomini, come un tale che affermava “Se qualcuno non ha visto la Venere di Apelle guardi la mia ragazza. Risplende come lei” non mancano scritte di mano femminileOh, se potessi tenerti stretto con le braccia al collo, e baciare le tue tenere labbra! Va’ ora, ragazza, affida ai venti le tue gioie. Credimi, la natura degli uomini è leggera. Spesso io perduta nel mezzo della notte vegliavo, meditando con me stessa questa cosa.”

Così invece esprime il suo amore l’ignota coraggiosa signora pompeiana, scrivendo addirittura il nome della persona amata “O carrettiere, se tu sentissi il fuoco dell’amore, ti affretteresti di più per vedere Venere. Amo un giovane, Venusto, ti prego, sprona il mulo, corriamo. Hai bevuto: andiamo, prendi le redini e scuoti, portami a Pompei, dove è il mio dolce amore”. CIL IV, 5092

Ancora:

“Se conosci la forza dell’amore, se sai di essere una creatura umana, abbi pietà di me, perdonami e fammi venire da te.” CIL IV, 4971

“Viva chi ama, muoia chi non è capace d’amare e muoia due volte chiunque vieti l’amore”. CIL IV, 4091

“Rimproverare chi ama è come legare l’aria e impedire di scorrere sempre alle acque di sorgente”. CIL IV, 1649

Iscrizioni e manifesti elettorali

Questa tipologia di iscrizioni a Pompei si trova un po’ ovunque: il nome del candidato era scritto con lettere più grandi rispetto al resto del manifesto ed era seguito da una serie di sigle. In genere erano i rispettivi sostenitori a scrivere gli slogan.

“Vi prego di eleggere Elvio Sabino come edile, degno dello stato, una persona per bene”.

Anche le considerazioni ironiche non cambiano: uno scriptor, rispettivamente presso la Basilica, il Teatro Grande e l’Anfitetatro di Pompei, lascia la sua amara considerazione “Mi meraviglio, o muro, che tu non sia crollato sotto il peso di tante sciocchezze”.

Su un reperto conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli si può tutt’oggi leggere “Votalo, perché durante il suo precedente mandato non è morto nemmeno un asino”.

Scritte sui muri di Pompei di altro genere

Non mancano graffiti e scritte inerenti al tempo, lamentele per gente disonesta e cacatores (persone che defecavano nei vicoli della città, alcuni di questi anche sulle le statue degli dei e dei magistrati, sulle tombe dei defunti o addirittura nei recinti sacri dei templi, incuranti dell’ira degli dei), gli sfaccendati, pubblicità, il ruolo dell’amicizia, parodie e scioglilingua, e altre di vario genere, come ad esempio:

“Nulla può durare per sempre: dopo aver ben brillato, il sole torna nell’Oceano, decresce la luna che poco fa era piena, la violenza dei venti spesso si muta in brezza leggere”. CIL IV, 9123

“Magari tali inganni ti si ritorcessero contro, oste! Tu vendi acqua, ma bevi vino puro”. CIL IV, 3948

“Cacator, attento a te che cachi, o se tu osi ignorare tale avviso ti possa ricadere l’ira di Giove”. CIL IV, 7716

“Questo luogo non è per gli sfaccendati. Vattene, perdigiorno!” CIL IV, 4813

“Qui noi siamo stati due amici senza fine; se [chiedi] i nomi, [erano Caio e Aulo]”. CIL IV, 8162

“Quando il prosciutto è stato messo insieme (dagli avanzi), se lo servi a un invitato egli non gusta il prosciutto, lecca la pentola o il tegame”. CIL IV, 1896

“I lavandai, la civetta io canto, non le armi e l’eroe”. CIL IV, 9131

“Cose barbare balbettavano sotto barbe barbare”. CIL IV, 4235

“Gli amanti, come api, trascorrono una vita dolce come il miele. Lo vorrei anch’io!” CIL IV, 8408

Molte di quelle iscrizioni le ritroviamo nel nostro lessico e perché no, continuiamo a riprodurle anche sui nostri muri, a testimonianza proprio della loro contaminazione nella nostra cultura. Il muro era considerato il social network di quel tempo, un blog, uno “spazio sociale” dove condividere, inviare e indirizzare pensieri più disparati, spesso anche arricchiti con risposte e commenti.

La vita di una città perduta la ritroviamo lì, in quelle innumerevoli scritte sui muri di Pompei.

-Anna Barone

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