A Napoli, fino agli anni ’50 del XX secolo, era ancora possibile incontrare una delle figure popolari più chiassose della tradizione. Il pazzariello era infatti un signore con una divisa gallonata e un cappello da ammiraglio settecentesco, una sciarpa o una cravatta dai colori sgargianti, un bastone con il pomo d’ottone. Solitamente era circondato da un enorme gruppo di scugnizzi che lo prendevano in giro, gli tiravano i vestiti e gli facevano dispetti.
Attorno a lui, di solito, c’era una banda popolare con grancassa, trombette e altri strumenti musicali assortiti che facevano più rumore che altro. “Accurrite, accurrite! Bevite, bevite!“, e poi si dava il via a uno spettacolo in cui il pazzariello versava vino o regalava cibo agli astanti.
Ecco l’antesignano dei moderni spot pubblicitari. Il suo ruolo infatti era proprio quello di annunciare l’apertura di qualche negozio nuovo.
Per i fan di Totò, sicuramente sarà venuta in mente la scena del film “L’Oro di Napoli”, di Vittorio De Sica.
Scopriamo il pazzariello
La figura del pazzariello napoletano è una di quelle tipiche del folklore cittadino che hanno dovuto cedere il passo alla modernità solo negli anni ’60, con la globalizzazione dei costumi del mondo occidentale che, in tanti modi, hanno reso antiche e ridicole le loro figure. Oggi invece probabilmente farebbero impazzire i turisti, che a Napoli cercano spesso questi personaggi fuori dalle righe. Eppure, pensandoci su, è forse un bene non aver fatto finire tutte le figure popolari della nostra Storia in quel frullatore di stereotipi che è il turismo di massa.
Quel che è certo è che il pazzariello era a tutti gli effetti un professionista del mondo dello spettacolo, ma il loro teatro era la città: fissavano un prezzo giornaliero per far casino con la propria banda davanti al negozio, attirando l’attenzione dei passanti.
I più famosi erano i pazzarielli del Pendino. Uno di questi lo ricorda con grande affetto Renato Benedetto, un giornalista nato nel 1902 dalle parti di Piazza Borsa, che viene descritto in un articolo del 1975: era un uomo molto invidiato dai suoi vicini perché lavorava tutti i giorni. Viveva in un fondaco del Porto, in quelle zone di Napoli non toccate dal Risanamento, e la sua vita era condotta in una miseria meno tragica di quella degli altri, che spesso tiravano a campare le giornate alla meglio. Ogni mattina, alla buon’ora, indossava la sua divisa pomposa e colorata da finto ufficiale e si incamminava per il suo quartiere stridendo con l’atmosfera di grigia povertà del resto del quartiere.
I suoi figli, nel mito del padre, di giorno creavano cappelli di carta e, coprendosi di stracci dai colori accesi, giravano per le strade del quartiere imitandolo. La banda, anziché usare strumenti musicali, faceva un fracasso colossale con pentole, mestoli e tubi di ferro. Ma tanto bastava per renderli felici.
Non sottovalutiamo la difficoltà!
In realtà il mestiere del pazzariello era molto difficile: oltre ad un’allegria contagiosa che, con i modi di fare chiassosi, doveva coinvolgere il popolo, doveva anche essere continuamente creativo nell’improvvisare spettacoli sempre nuovi. Non era infatti un personaggio caratterizzato dalla volgarità, come molti del carnevale napoletano ad esempio, ma era apprezzato per la sua fantasia: doveva comporre filastrocche, ritornelli, battute e scherzi diversi ogni giorno, perché spesso il suo pubblico era sempre quello del quartiere e, chiaramente, si annoiava nel vedere lo stesso spettacolo.
Contestualmente, nel chiasso caotico della banda, annunciava l’apertura di questa o quella bottega o di una nuova osteria che, per attirare i nuovi clienti, offriva da bere e da mangiare gratuitamente. Altre volte i migliori pazzarielli napoletani erano ingaggiati addirittura per le feste di paese, dato che molti avevano un pubblico talmente affezionato che li seguiva anche nelle prestazioni fuori Napoli, come veri e propri vip in tournée.
I tempi però passano in fretta e, vista con gli occhi di oggi, questa forma di pubblicità del passato ci può apparire ormai ingenua e fuori dal mondo moderno, che vede nei banner pubblicitari e nelle promozioni su Instagram il futuro. Il covid ha poi stroncato la vita dell’ultimo pazzariello napoletano ancora in vita, il signor Pasquale Terracciano.
Eppure, in quel Vico Pazzariello che si trova alle spalle di Largo Banchi Nuovi, sopravvive il nome di un antico mestiere del popolo che ancora oggi sa strapparci un sorriso.
-Chiara Sarracino
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