Palazzo Zevallos, nel cuore di via Toledo, è noto come la casa dell’arte italiana ed europea, le sue sale accolgono circa 120 opere d’arte, provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Varcato l’altissimo portone d’ingresso diventano protagonisti i suggestivi giochi di luce creati dal vetro policromo che costituisce buona parte del soffitto. Eppure al momento della costruzione dell’edificio le grandi vetrate non erano presenti, ma l’attuale atrio era in origine il cortile degli antichi proprietari. Il palazzo era molto diverso da come si presenta oggi, il suo aspetto attuale è lo specchio della sua storia.
La storia di Palazzo Zevallos
Palazzo Zevallos era originariamente una sfarzosa dimora nobiliare, arricchitasi nel tempo con opere d’arte di ogni epoca. Ogni sala racconta la storia di un artista, di una scuola, di uno stile. Costruito tra il 1637 e 1639 per opera di Cosimo Fanzago, fu di proprietà della ricca famiglia spagnola degli Zevallos, la prima ad abitare l’edificio e a dargli il nome. Durante i tumulti popolari capeggiati da Masaniello, nel 1647 l’edificio fu preso d’assalto e dato alle fiamme subendo considerevoli danni. In seguito, dopo la morte del primo proprietario, Giovanni Zevallos, i suoi eredi dilapidarono il patrimonio e furono costretti a vendere l’edificio alla famiglia Vandeneynden, ricchi mercanti originari di Anversa. La nuova famiglia proprietaria aveva stretti rapporti con molti poeti fiamminghi le cui opere vennero portate a palazzo. Inizia così la storia della preziosa collezione conservata nell’attuale museo: con il susseguirsi di dinastie e di matrimoni combinati tra nobili di famiglie differenti il palazzo si arricchì di pitture e sculture provenienti dall’Italia e dall’Europa. Dopo l’Ottocento il Palazzo venne messo in vendita dalla principessa di Stigliano, Donna Cecilia Ruffo, a causa di un mancato pagamento dotale. La donna tenne per sé solo il secondo piano nobile, gli altri due vennero occupati da inquilini di classi sociali differenti. L’edificio venne ristrutturato e modernizzato, ma il vero e proprio cambiamento ci fu a partire dal 1898 quando la Banca Commerciale Italiana acquistò il primo piano dal banchiere Forquet. Negli anni ’20 del Novecento vennero così costruite le vetrate che costituiscono parte del soffitto, lo scalone d’onore in marmo e le balconate in stile Liberty.
Palazzo Zevallos diventa un museo
Dal 2000 il palazzo Zevallos è diventato un museo, con stanze destinate a singoli stili e artisti, tra cui i protagonisti dell’impressionismo napoletano e Vincenzo Gemito. Tra queste sale spicca quella in cui sono conservate le opere della scuola caravaggesca. Qui si può ammirare anche un dipinto di Artemisia Gentileschi che visse a tra il 1500 e il 1600, epoca in cui le donne erano bandite dagli atelier. Artemisia si affermò nella schiera dei pittori italiani diventando una delle prime pittrici della storia. Tra i suoi primati c’è anche quello di essere stata la prima donna a dipingere in una chiesa, il duomo di Rione Terra di Pozzuoli.
Altra sala di rilievo è quella delle vedute, dove si trova una collezione costituita da quadri che ritraggono alcune vedute su Napoli, quasi come se fossero delle fotografie. Al centro della sala si trova “Veduta di Napoli con largo di palazzo”, un’opera di Gaspar Van Wittel, il padre del progettista della la Reggia di Caserta: Luigi Vanvitelli. In quest’opera Van Wittel aveva il compito di rappresentare la realtà di Napoli nel Settecento, così raffigura “Largo di Palazzo”, che oggi è divenuta uno dei simboli di Napoli: piazza Plebiscito.
La Sala degli Stucchi e l’ultima opera di Caravaggio
La Sala degli Stucchi prende il nome dagli stucchi che ricoprono il soffitto parte delle pareti. Originariamente costituiva la stanza dal letto del signor Carlo Crichhé. Tutti gli stucchi presenti intorno alle pareti rappresentano temi mitologici sull’amore: la storia di Amore Psiche, Marte e Venere, l’Eda e il cigno e le tre grazie spesso rappresentate come simbolo di buon auspicio. Al soffitto gli stucchi evidenziano una figura femminile alata che rappresenta la notte e il sonno, mentre i bambini che la accompagnano e la civetta sono i simbolo di fertilità. Proprio a Palazzo Zevallos, nella Sala degli Stucchi, è conservato probabilmente l’ultimo quadro dipinto da Caravaggio: il Martirio di Sant’Orsola. Si tratta di un’opera del 1610 che ritrae la martire cristiana Sant’Orsola, secondo la leggenda uccisa dal tiranno alla porta di Colonia per aver rifiutato di unirsi a lui in matrimonio. Alle spalle della santa c’è un volto che osserva la scena quasi in punta di piedi: si tratta dell’ultimo autoritratto di Caravaggio.
Da ricca dimora nobiliare palazzo Zevallos è diventato così un forziere di opere d’arte, con stanze che accolgono opere che raccontano la storia dell’arte dal Cinquecento e all’Ottocento.
Laura d’Avossa
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