Fu ricordato come “uno dei più funesti spettacoli che la Terra abbia mai esposto al cielo“. Il Sacco di Capua del 24 luglio 1501 fu uno degli eventi più tragici e drammatici della Storia d’Italia e ancora oggi, a distanza di 5 secoli, ogni anno si celebrano ancora messe in memoria di tutti i cittadini innocenti che furono sterminati dalla violenza di Cesare Borgia e dei suoi soldati.
La rabbia sale ancora di più se pensiamo che dietro quest’evento così orribile c’erano le solite ragioni che muovono il mondo: i soldi, l’ambizione e un matrimonio politico andato male.
Un regno al collasso
Il Regno degli Aragona, dopo la morte di Ferrante, cadde nel caos: la Francia, infatti, non vedeva l’ora di riconquistare Napoli. Servì una vita intera al figlio di Alfonso per riuscire a mettere a posto tutti i complotti che la Chiesa e i nobili napoletani tendevano ai catalani, ma non bastò per rendere tranquillo il regno.
La corona traballava sempre più e, dall’Europa, Ferdinando il Cattolico e Luigi XII apparecchiavano la tavola per invadere il Sud Italia.
L’odio di Cesare Borgia
Il centro del caos era Cesare Borgia, soprannominato “Duca Valentino”. Figlio illegittimo di Papa Alessandro VI e consigliere strettissimo del Pontefice, fu il protagonista di tutte le vicende del primo ‘500 italiano. Nonostante una carriera religiosa, come il Cardinale Ruffo era un generale formidabile e un guerriero feroce e micidiale come pochi. Era amante delle belle donne e delle belle arti, la sua cultura era pressoché sconfinata e si dice che avesse il coraggio di un leone.
A completare la sua personalità, nella vita privata era cinico, dissoluto, crudele, corrotto e ambizioso: non aveva alcun interesse nello stare simpatico a qualcuno, anzi, era anche divertito dalle storie atroci che circolavano sul suo conto.
L’unica cosa che gli interessava era il potere. E qualsiasi mezzo era valido per raggiungere l’obiettivo era lecito.
Con il Regno di Sicilia aveva più di un conto in sospeso: dopo aver infatti trattato con il re Federico d’Aragona un matrimonio per stringere ancora di più i legami fra Napoli e Roma, si recò personalmente nel Duomo di Capua per assistere all’incoronazione dell’ultimo re catalano, convinto di poter mettere le mani sul più potente regno d’Italia.
D’altro canto, il progetto di Cesare Borgia era proprio quello di riprendere da dove aveva fallito proprio un re napoletano: il suo motto, “aut caesar aut nihil“, o Cesare o niente, l’aveva infatti rubato a re Ladislao di Napoli, vissuto circa cent’anni prima.
E qui, la sorpresa. Federico d’Aragona negò la mano della figlia. Borgia aspettò il momento giusto per vendicarsi, che arrivò presto: Francia e Spagna stavano infatti organizzando l’invasione del Regno di Napoli. Per un politico raffinatissimo e acuto come lui, fu facile far appoggiare dal padre questo progetto: Federico d’Aragona fu quindi scomunicato dal Papa e cominciò l’invasione.
Il Sacco di Capua e una vendetta personale
Ed eccoci a Capua, in quel tragico luglio del 1501. Il re Luigi XII si era già autonominato “Re delle Due Sicilie” e, assieme al re di Spagna, si era già spartito tutto il regno di Sicilia. L’unica cosa rimasta da fare era cacciare via gli aragonesi da Napoli e la resa dei conti si fece a Capua, che era la seconda città più ricca della Campania dopo Napoli.
A capo dell’esercito francese c’era Cesare Borgia. Si racconta che 36.000 uomini armati fino ai denti assediarono Capua per quattro giorni, tagliando le derrate alimentari e qualsiasi comunicazione con l’esterno.
I capuani, preoccupati per la ferocia del Duca Valentino, mandarono un rappresentante per stringere un accordo: se le truppe fossero entrate in città senza violenza, allora Capua si sarebbe consegnata pacificamente. Borgia acconsentì e si decise che il giorno dopo sarebbe entrato, assieme ai suoi soldati, in città.
Il tradimento di Borgia: orrore, morti e devastazioni
Era il 24 luglio 1501 quando Capua aprì le sue porte. Entrò Cesare Borgia seguito da uno stuolo infinito di cavalieri. Poi entrarono fanti e lancieri. Poi altri ancora. La parata militare, con uomini armati di tutto punto era tutt’altro che amichevole.
Giunsero tutti fino al centro della città, nell’attuale Piazza dei Giudici, e il comandante, davanti ai cittadini terrorizzati, lanciò un urlo di battaglia: i soldati si sparpagliarono fra le strade e cominciarono a saccheggiare case, chiese e botteghe, venendo meno alla parola data il giorno prima.
Uccidevano qualsiasi essere umano gli capitasse a tiro e ci sono centinaia di storie drammatiche che ancora oggi si tramandano, come quella che vede sette bambini nascosti sotto un carretto, presi, torturati e sgozzati uno ad uno da un soldato francese: solo uno si salvò perché portava il nome di Cristo.
La mossa di Borgia era tutt’altro che irrazionale: durante la sua visita a Capua ai tempi dell’incoronazione di Federico d’Aragona, appena 4 anni prima, aveva notato in prima persona le ricchezze della città. Il vescovo della città era infatti Giovanni Borgia, suo parente, che probabilmente gli aveva anche mostrato il tesoro del Duomo, paragonabile in termini di ricchezza solo a quello di un re. Almeno questo ci raccontano le cronache dell’epoca.
Feroce, inutile e sanguinario, però, fu lo sterminio dei capuani: alcuni ci dicono che morirono circa 2000 persone, altri invece ne stimarono più di 6000. Se pensiamo che Capua all’epoca contava circa diecimila abitanti, è facile immaginare la portata del dramma.
Il pianto della Madonna
Si dice che i soldati di Borgia fossero così violenti, crudeli e senza alcuna morale che cercavano qualsiasi persona più debole per riuscire a seviziarla in modi atroci: alcuni bambini e donne furono incendiati vivi, altri invece mutilati e lasciati moribondi per le strade senza braccia o gambe, prima di morire dissanguati. Le cronache, principalmente quella di Agostino Pasquale, abbondano di racconti degni delle peggiori fantasie criminali: figli legati e immobilizzati costretti a vedere i genitori smembrati vivi, donne violentate e torturate davanti ai mariti, poi costrette ad assistere anche alla morte dell’uomo amato. Si potrebbe continuare a lungo: l’autore paragona il Sacco di Capua alla distruzione di Cartagine o all’Assedio di Napoli.
Ci racconta monsignor Francesco Granata che lo scempio fu tale da far scandalizzare addirittura la Madonna in persona. Un dipinto che si trovava dalle parti del Fiume Volturno, infatti, prese vita e si mise le mani sul volto per tutto l’orrore. Questa scena fu tanto sorprendente da far pentire gli stessi soldati che, in lacrime, decisero di abbandonare la città.
Insomma, non esistevano ancora le Nazioni Unite, ma questo episodio oggi sarebbe stato facilmente classificato come crimine contro l’Umanità.
Una sconfitta per tutti
Alla fine in questa storia persero tutti. Capua, a distanza di 520 anni, piange ancora i suoi morti e soffre per aver perso quella posizione di dominio che un tempo aveva sulla Terra di Lavoro.
Il dominio francese durò appena 3 anni: Napoli fu infatti riconquistata da Ferdinando III di Spagna, ma rimase indipendente solo per 13 anni.
Il Regno alla fine sarà ereditato da Carlo V d’Asburgo, che all’epoca del Sacco di Capua aveva appena un anno. Era il 1516 e, per due secoli, tutto il Sud Italia rimarrà solo una ricca provincia di un Impero che dominò il mondo intero.
Cesare Borgia, invece, non vedrà mai il trono. E morirà con gli onori dati solo ai migliori condottieri e politici della Storia.
-Federico Quagliuolo
Riferimenti:
Giancarlo Bova, Il Sacco di Capua: 24 luglio 1501, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2009
Monsignor Francesco Granata, Storia sacra della chiesa metropolitana di Capua, Napoli, 1766
Agostino Pasquale, Racconto del Sacco di Capua, Antonio Bulifon editore, Napoli, 1682
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